Honduras. Si trova a Roatán, isola a largo dell’Honduras, uno dei più tragici epiloghi del nostro tempo. Tra acque cristalline e spiagge rosate, un cimitero di plastica e rifiuti affiora impietoso e beffardo, sotto un cielo turchese che stride ferocemente.
Bottiglie, forchette, piatti, scarti di ogni genere e specie sguazzano silenziosamente tra le acque di questo paradiso terrestre mentre ammutolisce la vista e china si abbandona all’imbarazzo.
La denuncia di una fotografa
A farne denuncia, Caroline Power, fotografa specializzata in scatti sottomarini che durante uno dei suoi viaggi ha visto dispiegarsi davanti a se un’imbarazzante macchia di lerciume, quasi a formare tanti isolotti in mezzo al mare.
“Fermiamo l’inquinamento. Pensiamo a dove finisce la plastica che usiamo ogni giorno” Caroline Power
Il capezzale della decenza, che si presume provenga dal fiume Montagua, in Guatemala è frutto della stagione delle piogge. Con le abbondanti precipitazioni infatti, i rifiuti scivolano lungo le valli in un fitto magma per poi condensarsi formando enormi isole alla deriva.
Un paradiso violato
Roatán, maggiore delle Islas de la Bahía, ospita tra le altre cose la seconda barriera corallina per importanza dopo quella australiana. Un patrimonio sottomarino di inestimabile valore, che accoglie e protegge moltissime specie di fauna ittica. Ma anche una realtà minata dall’operato dell’uomo. Nonostante possa sembrare un’eresia, il mar dei Caraibi è difatto uno dei più inquinati del mondo. L’estrazione del petrolio nel vicino Golfo del Messico, la pesca eccessiva e il cambiamento climatico, oltre che ovviamente lo smaltimento scorretto dei rifiuti da parte dell’uomo, stanno distruggendo in modo irreversibile un ecosistema unico e particolarmente delicato.
La globalità del problema
Quello dell’isola caraibica non è purtroppo un caso isolato. Secondo un rapporto dell’Ocean Conservancy (Organizzazione no profit per la tutela dell’ambiente marino) sono infatti circa 690 le specie a rischio in tutto il pianeta tra pesci, piante e uccelli, a causa di un ambiente marino che si è fatto via via sempre più inospitale.
Si stima addirittura che tra soli otto anni nelle acque del mondo si avrà una tonnellata di plastica per ogni tre di pesce. Una scossa che rischia di mettere a repentaglio sopratutto la nostra salute, tanto è vero che, sempre secondo l’OC, ammontano a nove milioni l’anno le morti causate dagli agenti inquinanti. Di queste circa 6,5 milioni sono dovute all’inquinamento atmosferico, 1,8 a quello idrico e 0,8 dall’ambiente di lavoro.
Quello di Caroline Power è uno schiaffo, una visione allarmante che si spera crei consapevolezza sulla precarietà del luogo in cui viviamo e che siamo capaci di ferire ogni giorno attraverso normalissimi gesti quotidiani. Automatismi rapidi e avidi quanto bere un bicchiere d’acqua in un arido pomeriggio d’estate.
Monica Bertoldo