Coniato per la prima volta da John Stuart Mill, il termine “homo oeconomicus” indica l’individuo il cui agire è mosso esclusivamente dalla motivazione economica e dalla massimizzazione della ricchezza. Seppur è impossibile adeguare l’archetipo alla complessità della natura umana, nel contesto di un sistema sociale basato sull’accumulo della ricchezza individuali invece che sul bene comune, le qualità caratteriali dell’homo oeconomicus assumono importanza, poiché si presuppone che chi riesce a conquistare il potere in questa società le possegga. Sotto questo profilo, è interessante notare le similitudini tra il carattere dell’homo oeconomicus nella sua accezione più pura a quella di una personalità psicopatica.
Chi è l’homo oeconomicus? Gli studi sul modello caratteriale
Strettamente correlato alla nascita del capitalismo, l’archetipo dell’homo oeconomicus indica l’individuo che cerca di ottenere il massimo vantaggio per sé stesso e che cerca di realizzare più obiettivi possibili al minore costo. Nell’economia moderna, da Adam Smith a Thomas Hobbes e John Stuart Mill, l’homo oeconomicus rappresenta il risultato della struttura economica e sociale corrente. Per il filosofo Giacomo Marramao, la razionalità propria dell’homo oeconomicus, intesa come scelta calcolata funzionale all’obiettivo finale, è incompatibile con il perseguimento di obiettivi incentrati sul bene comune e quindi all’estensione del benessere su tutta la collettività.
Una ricerca condotta in Giappone nel 2015 constata che circa il 7% della popolazione può essere considerata homo oeconomicus. Per identificare tali individui, i ricercatori hanno chiesto alle persone di partecipare a una serie di giochi psicologici, come il “dilemma del prigioniero” e i risultati hanno mostrato un’immagine molto chiara dell’homo oeconomicus:
Vediamo una persona intelligente, portata a eccellere e a dominare gli altri, capace di controllare gli impulsi e di lavorare per obiettivi a lungo termine. In altre parole, l’homo economicus è il prototipo del membro dell’élite sociale ed economica.
Una piccola (e influente) parte della popolazione
Nel complesso, il ritratto proposto dalla ricerca giapponese è agghiacciante. Fortunatamente, almeno nel campione studiato a Tokyo, sembra che l’homo oeconomicus costituisca solo una piccola parte della popolazione. Inoltre, il resto della gente non risulta essere così insensibilmente egoista e non resta indifferente di fronte all’egoismo intrinseco in queste personalità. Queste persone egoiste, manipolatrici e intelligenti vengono evitate dalle persone intelligenti, ma non manipolatrici.
In quest’ottica, la visione economica neoclassica della natura umana è una caricatura. In positivo, tale archetipo non caratterizza la maggior parte degli esseri umani e le persone che agiscono in questo modo si comportano male secondo gli altri individui. Quindi, sorge spontanea la riflessione sull’etica che muove le persone più ricche del mondo: se l’homo oeconomicus è uno psicopatico, è possibile che chi possiede la maggior parte della ricchezza mondiale possegga anche dei tratti psicopatici?
In effetti, la mancanza di empatia, l’utilizzo della manipolazione e una personalità narcisistica sono caratteristiche riscontrate sia nei manuali diagnostici che nell’homo oeconomicus. Anche nei summit dei potenti si riscontrano queste caratteristiche anti-cooperative, nel momento in cui si decidono le sorti del cambiamento climatico o si attuano politiche che contribuiscono ad esaurire le risorse naturali, oppure quando si sceglie di finanziare la guerra invece della sanità o dell’istruzione.
Gli interessi personali e il benessere collettivo
Anche l’aziendalizzazione dei settori dedicati al welfare, riconducibile al sistema sociale capitalistico, è controproducente per la cooperazione: seguendo le logiche del mercato e impostando la dirigenza di settori come quello della sanità sul profitto, si finisce solo per arrecare danno al benessere collettivo.
Inoltre, nell’archetipo dell’homo oeconomicus l’egoismo è spropositato e riscontrabile in alcune scelte della politica internazionale, come quella di non interrompere i rapporti economici e finanziare volontariamente dei criminali di guerra esclusivamente per profitto, non curanti degli effetti devastanti di una politica guerrafondaia su ambiente e popoli. Nonostante la consapevolezza che l’archetipo di homo oeconomicus sia caratterizzato da tratti psicopatici, è innegabile che le scelte di questi individui influenzano attivamente e costantemente la vita della restante collettività. Se così non fosse, non ci sarebbe così tanta disuguaglianza nel mondo.
Aurora Colantonio