Razzismo e omofobia, seppur purtroppo ancora attuali, erano temi che, nell’America del secondo dopoguerra, influenzavano anche l’industria cinematografica. Hollywood e la storia americana si intrecciano, così, nella nuova serie lanciata da Netflix.
“Sono proibite le relazioni tra persone di razze diverse.” Questa era una delle restrizioni del codice Hays, guida morale da rispettare nella produzione di film negli Stati Uniti. Un codice non creato o imposto da autorità federali ma adottato dagli studi di Hollywood come autoregolamentazione e secondo un “buon senso” condiviso.
La nuova serie, diretta da Ryan Murphy, come già il film di Tarantino del 2019, è una storia romanzata che, però, mostra la faccia sporca della Hollywood degli anni d’oro.
Razzismo
La serie Hollywood ci mostra le vicende nel pieno vigore della segregazione e del terrore del Ku Klux Klan. Di Stato in Stato le leggi Jim Crow regolavano e mantenevano la separazione tra i bianchi e le altre etnie. Questo sistema legalizzava, in particolare, una visione dell’afroamericano come cittadino di seconda classe. Qui, Hollywood e la storia americana si intrecciano: i protagonisti e registi dei film, dovevano essere necessariamente bianchi. I neri ricoprivano, invece, solo parti marginali di schiavi e domestiche. E fu proprio per il ruolo da cameriera in Via col Vento che Hattie McDaniel (interpretata nella serie da Queen Latifah) vinse l’Oscar come miglior attrice non protagonista, nel 1940. Se non fosse, però, che alla cerimonia trovò il tavolino riservato per lei e il suo agente lontano da tutti. Un eccezione, in realtà, perché, di norma, non era ammessa ad entrare nella struttura che ospitava la premiazione.
C’era, però, anche chi lottava per i diritti degli afroamericani. Nella serie, infatti, è inserita un’importante comparsa del personaggio di Eleanor Roosevelt, prima first lady attivista.
Stereotipi e modelli culturali
Anna May Wong è un personaggio realmente esistito e inserito nella serie. Nata a Los Angeles, non si sentiva accettata da Hollywood, che per i ruoli importanti di donne asiatiche preferiva truccare pesantemente attrici bianche. Si trovò, quindi, a combattere con i medesimi stereotipi creati che facevano delle afroamericane “perfette” domestiche. Nel suo caso, poteva interpretare solo piccole parti dove le orientali incarnavano la bellezza tentatrice e pericolosa. Non ebbe successo nemmeno in Cina. Troppo americana in Asia e troppo asiatica in America, solo in Europa riuscì ad ottenere ruoli gratificanti. La delusione più grande fu l’episodio citato nella serie Hollywood, quando fu rifiutata per il ruolo di una donna cinese in La buona terra. La Metro-Goldwyn-Mayer preferì Luisa Rainer, tedesca, che vinse l’Oscar proprio per questo film.
Omofobia
Ogni religione dice “Ama il prossimo tuo come te stesso’, ma ad Hollywood dicono anche “Non farti beccare”
Anita Ekberg
Essere gay negli anni ’40 in America, non poteva essere espresso liberamente. Così, anche e soprattutto per i personaggi famosi, fare coming out era impossibile e ritenuto uno scandalo. Un’altra pagina di Hollywood e la storia americana è la figura di Rock Hudson, resa fedelmente dalla serie, per il solo ma fondamentale particolare che non poté mai dichiararsi. Era diventato, anzi, l’incarnazione del macho americano per la prestanza fisica e i dubbi sulla sua sessualità rischiavano di distruggere la sua carriera. Per questo, fu indotto dal suo agente a sposare la sua segretaria, Phyllis Gates, per mettere a tacere le voci sul suo conto. Rock Hudson fu il primo personaggio famoso a perdere la vita per l’Aids.
Anche in questo caso vigevano le regole del Codice Hays. Nella serie, viene citato per evitare la distribuzione di un film che avrebbe avuto “troppe allusioni omosessuali”.
Arrivismo e ossessione per il successo
Hollywood è sempre stata la terra dei sogni, quel posto dove si poteva diventare qualcuno pur partendo da zero. Erano tanti i giovani che tentavano la fortuna e partivano alla volta di Los Angeles. La miniserie di sette episodi si apre proprio con una schiera di ragazzi e ragazze ammassati fuori dagli Studios, mentre aspettano di essere scelti almeno per un ruolo da comparsa, a dieci dollari al giorno. C’era chi approfittava di questa voglia di sfondare, come Henry Willson, nella serie interpretato da Jim Parsons, meglio noto per il suo Sheldon in The Big Bang Theory. L’agente procurava ruoli ai suoi attori in cambio di favori sessuali e, quando la sua omosessualità fu ormai nota, molti clienti lo abbandonarono.
Il personaggio di Ernie West, invece, che procura uomini affascinanti per donne ricche e uomini gay costretti a nascondersi, sembra essere ispirato alla vera storia di Scotty Bowers e il suo libro Full Service: My Adventures in Hollywood and the Secret Sex Lives of the Stars.
Viene, inoltre, fatto riferimento alla storia di Peg Entwistle, giovane attrice che si tolse la vita gettandosi dall’enorme scritta che sormonta Hollywood per aver perso il lavoro. Dopo di lei, una scia di suicidi nello stesso emblematico modo.
Martina Bonanni