Hellas, frammenti della fatale Verona: una strage, una bomba e uno scudetto (scalzo)

Ultima Voce

Di Maurizio Martucci


Frammenti sui nuovi Lanzichenecchi, dal paradiso Bagnoli (non l’Ilva di Napoli ma l’Osvaldo d’era 1985) all’infernale Marcianise (intesa come Real nel casertano), discesa negli inferi di Lega Pro, solcato il podio d’Olimpo per eccellenza, Deo gratias tricolore, intuito d’un professore liceale innamorato d’Ellade e guizzi d’Oltre Manica. “Quel calcio non era fatto di eroi preconfezionati. Non c’era spazio per il salotto. Era fatto di uomini e giocatori, di sudore e sentimenti. Era il calcio dell’anima, l’essenza intima del gioco”. Nel libro ‘Hellas Verona Story’ (Edizioni della Sera) l’eclettico Diego Alverà riesuma l’arguto Gianni Brera: scrivere di calcio si può solo per i soli suoi amanti, “per gli altri non so, ma io non sto affatto scrivendo per loro”, osava il lumbard. Dal 1903, fotogrammi dal Marcantonio Bentegodi. Spruzzi, flash.

Verona beat, col tormentone dei Gatti di Vicoli Miracoli basettoni (e pelliccia) di Zigo-Gol e quel fatale 1973. Diavolo stregato: come il proverbiale mantra ItaliaGermaniaQuattroaTre c’è pure VeronaMilanCinqueaTre, Cadè e Zigoni infransero gloria e stella rossonera (“per non fare torto a nessuno”), scudetto di latta cucito nella sbornia di Sommacampagna (steso a Salonicco il Leeds in Coppa Coppe), quando Rivera e (un contrariato) Rocco non s’aspettavano (evidentemente) Piazzaballa esultante dal vivo, dismesso l’album delle figurine.

L’altoparlante gracchia chiamando le prenotazioni per il vagone ristorante, giusto in fondo al convoglio”. Karma, fortuna o destino, Verona bum finisce invece alla periferia bolognese, Murazze di Vado 1978, il disastro della Freccia della Laguna: 48 morti e 76 feriti. Rinviato l’Olimpico romanista, umanamente il leale Arcadio Spinozzi (‘a nome di tutti’) depositò lacrime e un mazzo di fiori sul luogo della strage. Come il Grande Torino di Mazzola e il Manchester United di Busby Babes, non tutti sanno che pure l’Hellas di Valcareggi rischiò l’estinzione tra lamiere e fato.

Stagione di grazia ’84-’85, Verona bum-bum, trionfo col botto per i ‘soli contro tutti’: “La sua storia, quella stupefacente teoria di risultati è un infinito intreccio di traiettorie umane che hanno respirato quelle emozioni nella consapevolezza che non si sarebbero mai più ripetute”. Smarcati Maradona e Platini, il Re di Danimarca sotto l’Arena si chiamava Minuto Ottantuno, Preben Elkjaer l’imponderabile sconfisse 2 a 0 evoluzionismo darwiniano e lumi razionali: rivedetevi il film, oggi murales nell’antistadio degli irripetibili giganti. Un tackle di Favero gli sfilò lo scarpino, con slalom alla Tomba corse come un indigeno, insaccando Tacconi: puro istinto selvatico, orgasmo geniale e pazzoide.

Echeggiante smielata retorica, peccato però che libro di Alverà (poteva fare meglio e di più!) glissi clamorosamente sul tifo gialloblù: almeno un Verona-Juve ’77 andava riesumato. Caspita che boato: poi fatta brillare dall’artificiere in servizio Tafano, ai bordi del campo due raccattapalle sfiorarono una bomba a mano senza sicura (!) di tipo S.R.C.M., ordigno bellico trafugato da naja Esercito per infiammare la guerra sugli spalti. Un sedicenne confessò: voleva tirarla “contro i pullman di tifosi bianconeri”. Epilogo: ‘Noi odiamo tutti’, ‘Giulietta è una zoccola’, pure Mandorlini (e i ‘musi volanti’ del Chievo) avrebbero saputo su che lega s’amalgamarono le (trapassate) Brigate. Hellas Army, rules ok: onore all’arsenale carneo sfoggiato dall’ultras nudista nel settore ospiti di Salerno. Tutto il resto è noia (ma il Califfo era dell’Inter …)

Exit mobile version