Il termine ebraico “Hasbara” letteralmente “spiegazione” è stato adottato dal governo israeliano per definire un insieme di strategie diplomatiche e di pubbliche relazioni rivolte verso l’opinione pubblica internazionale.
Nell’epoca digitale la comunicazione è un elemento essenziale non solo per individui, media ed aziende ma anche per gli stessi stati che hanno la possibilità di costruire e comunicare la propria immagine. Questo processo prende il nome di Nation Branding e identifica un insieme di azioni e strategie messe in atto da un governo o da enti nazionali per promuovere e plasmare l’immagine pubblica del proprio paese.
Per Israele, la costruzione di una immagine accettabile dalle opinioni pubbliche straniere risulta essere un elemento fondamentale quanto complicato. Sia per le complesse relazioni geopolitiche con i vicini stati arabi sia per violenze perpetuate contro la popolazione palestinese negli ultimi anni che hanno spesso causato forte sdegno a livello internazionale.
I rapporti tra Israele e Palestina
Nell’estate del 2014 Israele ha lanciato un attacco militare contro la Striscia di Gaza durato sette settimane: l’operazione “Piombo Fuso”. Oltre 2.000 palestinesi furono uccisi, oltre 10.000 feriti e circa 500.000 furono sfollati. Similmente a quanto avviene oggi, grazie alle riprese fatte degli stessi cittadini di Gaza o degli operatori delle associazioni umanitarie attraverso gli smartphone, le immagini del devastante attacco rimbalzarono sui social network, generando una forte ondata di sdegno in tutto il mondo.
È ormai da più di un decennio che Internet continua a giocare un ruolo cruciale nella sconfitta di Israele nella “guerra dei media”; i palestinesi sono stati infatti uno dei primi popoli arabi a sfruttare internet per fare attivismo, in concomitanza con la Seconda Intifada nel 2000.
L’esigenza per Israele di costruire un’immagine accettabile agli occhi delle opinioni pubbliche era emersa proprio in seguito alle proteste palestinesi dei primi anni 2000 e la guerra con il Libano del 2006. Nel 2013 il governo di Benjamin Netanyahu ha finanziato la formazione del Ministero dell’Hasbara, come sottosezione del ministero degli Esteri degli Affari Esteri, con l’obiettivo di superare la Palestina anche nell’unico campo in cui i due stati possono fronteggiarsi ad armi pari: quello dell’opinione pubblica.
Come agisce l’Hasbara
Una delle principali strategie messe in atto della propaganda sionista consiste nel reclutare all’interno delle scuole israeliane, mediante specifici programmi didattici (come il programma Hasbara Fellowship), dei giovani con forti capacità comunicative e soprattutto bilingui. A questi ragazzi e ragazze viene affidato il compito di creare contenuti per tutti i principali social network con l’obiettivo di promuovere Israele in maniera positiva e allo stesso tempo di contrastare attivamente le critiche rivolte verso lo stato.
I racconti dei giovani sono incentrati in prevalenza sulle bellezze del paese, sui grandi progressi in ambito tecnologico e sulle opportunità offerte ai giovani ebrei di tutto il mondo (attraverso i benefici derivati dalla “legge del ritorno” che garantisce la cittadinanza israeliana ad ogni persona con discendenza ebraica del mondo).
Queste operazioni propagandistiche vengono coordinate dal Ministero attraverso l’attivazione di una complessa rete di pagine social, singole personalità e media attivi in molti paesi del mondo. I volontari del programma ricevono una precisa formazione sulla retorica, in particolare sull’utilizzo di specifiche parole, finalizzata alla costruzione di una narrazione vittimistica che allo stesso tempo dipinge Israele come un baluardo per la democrazia e la libertà in Medioriente.
“Spiegare” l’ingiustificabile
In periodi di crisi la narrazione portata avanti dall’Hasbara delinea Israele come vittima innocente del terrorismo palestinese; ogni risposta militare viene così giustificata dal diritto inviolabile di Israele all’autodifesa, ignorando totalmente il plateale squilibrio delle forze in campo e le numerose violenze perpetuate contro la popolazione civile inerme. In caso di necessità gli “agenti” dell’Hasbara non si fanno scrupoli a ricorre a tattiche più subdole.
Una delle principali consiste nel costringere l’opinione pubblica a fare una scelta tra Israele e Hamas, bollando ogni critica al governo israeliano come una tacita forma di sostegno alla formazione terroristica palestinese ed indentificando così l’intera popolazione di Gaza e della Cisgiordania come sostenitori di Hamas. Molto simile è la strategia che vede una cesura tra i concetti di “antisemitismo” e “antisionismo”, una narrazione che ignora la profonda differenza tra le due nozioni e che tenta di identificare ogni critica allo stato israeliano come una forma di odio verso la più ampia comunità ebraica. Negli ultimi mesi la propaganda sionista non si è fatta scrupoli nel fare ricorso alle fake news per giustificare le violenze nella Striscia di Gaza.
Emblematico è stato il caso del ritrovamento dell’elenco dei presunti turni di guardia dei terroristi all’interno dell’ospedale Al-Rantisi nel novembre 2023, notizia diffusa dal profilo ufficiale X dell’esercito israeliano (IDF), poi rivelatosi essere un semplice calendario con i giorni della settimana. Lo stesso mese divenne virale un video che ritraeva una infermiera dell’ospedale di Al-Shifa che affermava di non poter curare i pazienti dell’ospedale in quanto farmaci e carburante per i macchinari erano stati sequestrati dai miliziani di Hamas. Nessuno dei medici o degli infermieri affermò di riconoscere la donna che si rivelò essere l’influencer israeliana Hannah Abutbul.
Nonostante numerosi sforzi propagandistici, l’immagine di Israele continua ad essere compromessa per gran parte delle opinioni pubbliche mondiali. La forza delle atroci immagini provenienti da Gaza, testimonianza inequivocabile delle violenze messe in atto dall’IDF, continueranno ad avere un impatto sui pubblici maggiore di qualsiasi strategia retorica e comunicativa di “contro-informazione”. Le numerose piazze di tutto il mondo affollante di manifestanti che esprimono solidarietà e vicinanza al popolo palestinese sono una chiara prova del fallimento della strategia propagandistica sionista.
Alessio Ricciuto