Haiti assediata dalle gang: la capitale Port-au-Prince è suddivisa in zone rosse, gialle e verdi per delimitare le aree vietate, le intermedie e quelle dove le bande non dovrebbero essere presenti.
Haiti assediata dalle gang: secondo le Nazioni Unite soltanto nella capitale opererebbero circa 200 bande. Il 60% di Port-au-Prince è sotto il controllo delle gang e l’intera nazione è quotidianamente teatro di massacri, stupri e rapimenti. Questa cruenta anarchia, sebbene sia la principale, non è l’unica crisi che negli ultimi anni sta corrodendo Haiti, ad essa si aggiungono altre piaghe: il colera, il collasso delle strutture sanitarie, la fame, l’aumento dei prezzi dei beni alimentari, la carenza di carburante e una situazione complessiva di instabilità economica e sociale, dovuta anche alla totale assenza dello stato, in seguito all’assassinio nel luglio del 2021 del presidente Jovenel Moïse.
G9 and family e G-Pèp: le principali alleanze tra gang che assediano Haiti
G9 and family è una federazione criminale formata dall’alleanza tra le nove bande più sanguinose della capitale. Si è costituita nel 2020 per opera dell’attuale capo Jimmy Chèrizier, ex-agente di polizia, soprannominato “Barbecue“. Sia la coalizione G9 and family che la rivale G-Pèp godrebbero del sostegno dei partiti politici, i quali avrebbero concesso finanziamenti e protetto le bande, in cambio di una guerriglia armata contro l’opposizione. Infatti, la G9 avrebbe supportato Moïse e il suo partito, reprimendo le proteste mosse nei suoi confronti, mentre G-Pèp sarebbe il braccio armato dell’opposizione. I loro efferati crimini restano sempre impuniti, molti giudici infatti o sono pagati dalle gang, o comunque non trattano i casi che le coinvolgono. La polizia invece si trova in minoranza e molti dei suoi agenti fanno parte delle bande, oppure sono costretti all’impotenza in quanto vivono nei quartieri assediati dalle stesse.
Haiti assediata dalle gang: un’ecatombe quotidiana
Secondo le Nazioni Unite le gang hanno ucciso circa mille persone tra gennaio e giugno 2022, soprattutto bambini e uomini. Il destino di questi ultimi potrebbe essere diverso nelle poche volte in cui vengono soltanto picchiati e torturati con della plastica fusa, oppure rapiti e rilasciati dopo il pagamento del riscatto. Il business dei rapimenti è infatti la principale industria delle bande.
Le donne, invece, una volta rapite, sono sottoposte a stupri di gruppo che, alle volte, sono fatti ascoltare telefonicamente ai parenti in modo che paghino più in fretta. Tra gennaio e ottobre 2022, i rapimenti hanno coinvolto più di 1100 persone.
Inoltre, circa il 70% del fabbisogno alimentare di Haiti è importato. Quando arrivano le derrate, quasi sempre sono intercettate dalle bande, in modo che la popolazione resti ostaggio anche della fame. Per aggirare questo problema, l’agenzia WFB delle Nazioni Unite ha utilizzato rotte marittime, per permettere agli aiuti alimentari di arrivare a destinazione evitando l’impiego di camion, in quanto facili bersagli. Attualmente circa 4,4 milioni di haitiani ha bisogno di assistenza alimentare, quasi metà della popolazione.
Per comprendere il clima di terrore in cui gli haitiani vivono è utile riportare le parole di un giovane che abita nella zona di Citè Soleil, uno dei quartieri più vessati dalle guerriglie e dall’azione delle bande:
“Vado a letto e mi sveglio al suono degli spari, il che è molto stressante. Ma anche se gli spari mi terrorizzano, cerco di usare il suono ritmico dei proiettili che vengono sparati per addormentarmi; questo è l’unico modo in cui posso sopravvivere. A volte puoi usare la musica per sfuggire al costante rumore degli spari, ma non quando i colpi vengono sparati così vicino a casa tua; in quel caso è troppo rumoroso”
Chi può fugge, chi non ne ha la possibilità si arma o si chiude in casa per non essere rapito, mentre Haiti, assediata dalle gang, muore lentamente assieme al suo popolo.
Ariel Henry chiede un intervento internazionale
Nell’ottobre del 2022, il primo ministro ad interim Ariel Henry ha chiesto un intervento internazionale mediante l’invio di forze speciali, nella ormai totale incapacità di gestire una nazione ad un passo dalla catastrofe.
In una situazione simile, sebbene la maggior parte della popolazione non veda di buon occhio un intervento straniero, questa pare essere l’unica alternativa rimasta ad un popolo disossato dagli squilibri interni. Lo scorso 8 dicembre, Ulrika Richardson, coordinatrice umanitaria ad Haiti per le Nazioni Unite, durante un incontro con i giornalisti, ha denunciato la situazione di crisi estrema che sta affliggendo il popolo haitiano, sottolineando come a livello globale ci sia una totale indifferenza nei confronti dell’emergenza.
L’unica azione “concreta” del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, fino ad ora, è stata approvare delle sanzioni economiche nei confronti dei capi delle gang che assediano Haiti. L’intervento dei caschi blu, invece, è ancora in fase di discussione. Intervento che se dovesse essere messo in atto, sicuramente sarà poco gradito e susciterà molte tensioni dopo lo scandalo degli abusi sessuali sui minori che ha coinvolto soldati delle Nazioni Unite provenienti dallo Sri Lanka, nel periodo compreso tra il 2004 e il 2007 in cui si trovavano sul suolo Haitiano per una missione di “peacekeeping”.
Un paese martoriato, dalla natura e dagli uomini
Gli haitiani sono un popolo fiero, capace di lottare strenuamente per la propria libertà, sin da quando Haiti era una delle più ricche colonie. Infatti, nel 1804 ottenne l’indipendenza, diventando la prima nazione composta da ex-schiavi neri. Quest’ultima circostanza, però, è probabilmente un prezzo che pagano tutt’oggi. Infatti, l’esistenza di uno Stato formato da ex-schiavi, a quei tempi e forse ancora oggi, faceva storcere il naso ad alcuni. Tra questi la Francia che nel 1825 chiese un indennizzo di 150 milioni di franchi (circa 21 miliardi di dollari odierni) ad Haiti perché l’indipendenza fosse riconosciuta ufficialmente. Un debito che costò molto caro alla popolazione e la cui estinzione risale soltanto al 1947.
Inoltre, all’inizio del XX secolo è stata la volta degli americani, la cui occupazione si è protratta fino al 1934, proseguendo poi indirettamente tramite Capi di stato (come Papa doc e il figlio) che rispondevano agli States, preoccupati delle possibili influenze rosse della vicina Cuba sugli haitiani. Questo basterebbe a comprendere le innumerevoli difficoltà che Haiti ha avuto per imporsi come Stato indipendente a tutti gli effetti.
Come se non bastassero l’ingerenza straniera e la corruzione, anche la natura ha deciso di aggiungersi. Negli ultimi venti anni due uragani e due devastanti terremoti si sono abbattuti sull’isola, frenando ogni speranza di una ripresa economica.
Allo stato attuale non c’è un padrone da scacciare, nè un nemico ben identificato da rovesciare, ma soltanto gli effetti devastanti di un isolamento che ha contribuito a lasciare il Paese nelle mani di un sanguinoso caos. Nonostante tutto però come ricordato dalla militante haitiana Madame Boukman:
“Gli stivali stranieri non sono mai stati in grado di stroncare la resistenza del popolo haitiano, la resistenza è permanente, incorporata nel nostro dna, ereditata dai nostri antenati africani che rovesciarono la potente istituzione della schiavitù”
Davanti a un nemico irrobustito dalla sua indefinitezza, dalla fame e dal terrore, il popolo haitiano potrà scovare le armi adatte a fronteggiarlo e a mantenere intatta la propria indipendenza, soltanto nelle radici della sua storia.