Haiku: quando la poesia sboccia sui rami di ciliegio

haiku

Cos’è un Haiku, se non un tassello fondamentale nella storia della poesia?

La poesia, indubbiamente, è custode di un segreto, di una magia pronta ad essere svelata dalla sensibilità del lettore. E l’Haiku è senza dubbio una delle sue forme più sintetiche ed efficaci. Molto spesso si tende a dilungarsi per cercare di restituire un concetto, una sensazione, un’emozione, rischiando così di perderne la freschezza, l’immediatezza.

L’Haiku, al contrario, si sviluppa per sottrazione, nella ricerca della sintesi e dell’essenziale,

riuscendo in poche parole a “liberare” un’impressione fluttuante, sospesa: un attimo fotografato nella sua fugacità, un’immagine rubata al tempo, una patina su di una superficie vitrea. Nel “non detto” e nella sintesi, vengono liberate suggestioni che uniscono il tempo della vita al tempo della natura, quasi nel ricordo di uno stato originario di purezza.

Ed è proprio la natura il perno attorno al quale volge l’attenzione del poeta.

Una delle regole fondamentali per comporre Haiku, infatti, è che questi devono contenere necessariamente un riferimento stagionale, che può essere diretto o suggerito dal clima, dagli animali, dalle piante, persino da pietanze legate a uno specifico periodo dell’anno.

D’altronde, questa scelta tematica non ci stupisce poi troppo se pensiamo al rapporto privilegiato dei giapponesi con la natura, protagonista di componimenti scritti ma anche delle arti visive.

Se pensiamo, per esempio, alle opere di Hokusai e alla pittura Ukiyo-e, l’essere umano si trova quasi sempre in un contesto legato alla natura, e a volte è messa in risalto proprio la forza schiacciante degli elementi, che vanno a prevalere e ad imporsi, a riempire lo spazio del foglio così come lo spazio interiore dell’osservatore.

Le regole per comporre Haiku, però, non hanno a che vedere solo con il contenuto,

ma anche con la struttura e le sue origini, nel Giappone del XVI secolo: in principio c’erano gli Haikai, poemi composti di 36, 50 o 100 versi. Un gruppo di poeti si riuniva nelle stanze del maestro, che proponeva una strofa iniziale, l’Hokku; questa strofa – di 3 versi, il primo dei quali composto da 5 sillabe, il secondo da 7 e l’ultimo da 5 – è l’antenato primo dell’Haiku. Una via di mezzo tra una poesia e un aforisma, intinto di una delicatezza e di una malinconia squisitamente orientali.

Uno dei più grandi maestri è stato Yosa Buson,

ma ci sono molti autori che hanno scritto componimenti di grande valore, certamente da scoprire. Buson riesce a farci chiudere gli occhi e mostrarci la bellezza che doveva essere il Giappone dei suoi tempi nelle varie stagioni – esteriori ed esistenziali – come in questa sua poesia:

Cadono i fiori di ciliegio

sugli specchi d’acqua della risaia:

stelle,

al chiarore di una notte senza luna




Anche negli anni ’80 l’azienda propose nuovi modelli, cercando di rinnovare costantemente la propria proposta commerciale.

Gli Haiku sono rimasti a lungo sconosciuti in occidente, ma sono molti gli autori che poi ne hanno tratto ispirazione; basti pensare ai poeti ermetici italiani, in prima linea Andrea Zanzotto, ma anche Giuseppe Ungaretti e Gabriele D’Annunzio. Se questi grandi nomi non hanno saputo resistere al fascino di una forma di poesia tanto bella e delicata, chi siamo noi per farlo?

Sofia Dora Chilleri

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