Di Clara Campi
Chicago, 1893, l’anno della Columbian World’s Fair, esposizione universale per celebrare i 400 anni della scoperta dell’America.
La città viene invasa da turisti, ma alcune centinaia di loro non torneranno più a casa, incontrando invece la morte nel loro hotel, in seguito chiamato dai giornali “Murder Castle”, di proprietà di H.H. Holmes, noto come il primo serial killer americano.
L’edificio a tre piani aveva dei negozi al piano terra, delle residenze private al primo piano e un hotel al secondo. Un hotel con fattezze da labirinto: corridoi che non sbucano da nessuna parte, porte finte, stanze piene di trappole mortali e persino uno scivolo interno, largo abbastanza per essere usato per gettare cadaveri – o persone ancora vive – dal secondo piano alla cantina, attrezzata per ulteriori torture.
O, almeno, questo è ciò che dice la leggenda.
Differenziarla dalla realtà è piuttosto difficile, ma abbiamo alcune certezze: cominciamo dall’inizio.
Herman Webster Mudgett nasce nel New Hampshire nel 1861, da una famiglia benestante seppur con un padre alcolista ed abusivo – anche se, nel 1861, picchiare i figli era probabilmente indice di buona genitorialità.
Crescendo, si appassiona all’anatomia ed inizia gli studi per diventare medico.
Si sposa a 17 anni con Clara Lovering e ha con lei un figlio, Robert, ma li lascia per continuare gli studi di anatomia all’università del Vermont.
Ai tempi, gli studenti e i tirocinanti di medicina avevano necessità di esercitarsi sui cadaveri e spesso si trovavano a dover profanare le tombe per procurarseli, cosa che non disturba affatto Herman, anzi: la compravendita di scheletri e cadaveri resterà sempre una delle sue grandi passioni, oltre all’omicidio e alle frodi assicurative.
Nel suo periodo universitario, Herman si rivela un latin lover in piena regola, è impossibile tenere il conto delle donne che seduce, tenendo nascosto a tutti di essere sposato.
In seguito si trasferisce a Chicago e, per scappare ai vari creditori, cambia il nome in H.H. Holmes, ufficialmente Henry Howard Holmes anche se, al bisogno, le H diventano magicamente Harry o Harold.
Pur senza aver mai divorziato da Clara, sposa Myrta Belknap e, anni dopo, Georgiana Yoke. Nessuna delle sue mogli era a conoscenza delle altre.
Ma arriviamo al “Murder Castle”: Holmes aveva effettivamente deciso di dedicare un piano dell’edificio ad hotel per ospitare i turisti dell’imminente esposizione universale, ma l’albergo non fu mai completato e non risulta che abbia mai ricevuto ospiti (anche se, va detto, l’edificio verrà in seguito incendiato, sempre per una delle frodi assicurative di Holmes, e quindi i registri potrebbero semplicemente essere bruciati tra le fiamme).
Questo non significa che nessuno abbia mai trovato la morte tra quelle pareti, anzi: abbiamo cinque vittime accertate.
La prima è Julia Connor, che, con il marito Ned e la figlia Pearl, affittava uno degli appartamenti del primo piano.
Sedotta da Holmes, viene per questo lasciata dal marito, che se ne va, e poi sparisce misteriosamente.
In seguito alla sua cattura, Holmes confesserà di averla uccisa “accidentalmente” mentre stava tentando su di lei un aborto chirurgico. Sembra che il suo scheletro sia stato poi venduto ad un’università.
Non si sa che fine abbia fatto la piccola Pearl, ma il successivo ritrovamento nel sotterraneo dell’edificio di ossa di bambina sembra essere una prova schiacciante.
Ebbe una simile sorte anche l’amante successiva di Holmes, Emeline, anche se alcune fonti sostengono che lui l’abbia murata viva in una delle sue stanze.
In seguito, Holmes inizia una relazione con Minnie Williams, che si trasferisce a Chicago con la sorella Annie.
Secondo la confessione di H.H. Holmes, Minnie uccide la sorella in un impeto di rabbia e lui l’aiuta a scappare in Europa, ma pare che invece le due sorelle siano state entrambe sue vittime.
A questo punto, Holmes arruola il suo amico e compagno di truffe Benjamin Pitezel per farsi intestare un’assicurazione sulla sua vita: il piano è di recuperare un cadavere della stessa altezza di Pitezel, sfigurarlo, incassare il premio assicurativo e dividerlo al 50%.
Tutto va come previsto, eccetto per un piccolo dettaglio: il cadavere che viene usato è… Quello di Benjamin.
A questo punto, Holmes racconta alla vedova di Pitezel, Carrie, che era al corrente del piano, che il marito è nascosto in un’altra città e che non può tornare finché l’assicurazione non avrà chiuso le perizie e si offre – inspiegabilmente – di accompagnarla da lui.
Tuttavia, non sarebbe saggio portarsi dietro i tre figli, e suggerisce di lasciarli ad una baby sitter: Minnie Williams. Sì, quella Minnie Williams. Che era già morta.
Inizia quindi un assurdo viaggio con tappe a Philadelphia, Cincinnati, Indianapolis, Detroit e persino Toronto, portandosi appresso la moglie Georgiana, Carrie e i suoi tre figli, ma riuscendo incredibilmente a tenere questi tre gruppi separati e all’oscuro della presenza degli altri, finché non decide di sbarazzarsi dei tre bambini nel modo a lui più consono.
Seguito dalla Pinkerton Agency, Holmes viene finalmente arrestato nel 1894 e condannato a morte per i nove omicidi accertati di cui abbiamo parlato. Ne confesserà però 27, mentre i giornali dell’epoca, sempre a caccia di scoop e dando poca importanza alla veridicità degli stessi, parleranno di un numero di vittime compreso tra i 200 e i 300, disquisendo estensivamente ma molto fantasiosamente sull’hotel degli orrori.
Jeff Mudgett, bis-bisnopote del “Dr. Death”, sostiene che il suo avo sia anche Jack lo squartatore, dicendo di avere le prove che Holmes avesse fatto un viaggio a Londra nel 1888, ma la scarsità di queste “prove” (che consistono principalmente dei diari del bis-bisnonno) fa ritenere questa associazione poco credibile. Ma chissà…