Guerra in Ucraina: tra performance ed illusioni

Fallimenti militari e strategie scadenti: la guerra in Ucraina tra performance ed illusioni.

Fallimenti militari

Diversi analisti internazionali, che passano spesso nelle interessanti pagine di Limes e non solo, concordano su due punti: da un lato, che la Russia ha fallito la “guerra lampo” che aveva idealizzato e progettato nei primi giorni di guerra, grazie alla quale sperava di conquistare la capitale Ucraina in pochi giorni e di trovare la strada spianata dai cittadini, stanchi del “regime” di Kiev. Dall’altro, invece, che, avendo preso coscienza del fallimento militare, ora attenda che l’avversario esaurisca tutte le forze e i mezzi a sua disposizione. 

La “guerra lampo” è fallita per diversi motivi, come ci spiega ad esempio Anatoij Prokhanov sul primo numero di Limes del 2023, ma uno dei principali, senza contare la solidità che l’esercito ucraino ha dimostrato, riguarda senz’altro l’utilizzo da parte di Kiev dei droni Bayraktar Tb2 turchi che hanno sfaldato quello che sembrava l’impenetrabile fiume di carri armati russi che avanzavano verso la capitale ucraina. Senza dubbio, quindi, la Russia ha sottovalutato la capacità difensiva ucraina cadendo nella sua stessa propaganda.

La guerra in Ucraina si è trasformata in una guerra d’attrito dove non conta tanto la qualità dei mezzi a disposizione ma la quantità di tali mezzi, per almeno due ragioni: una delle problematiche principali della difesa ucraina è stata, ed è tutt’ora, un’assenza di stock di armi e mezzi disponibili immediatamente, in grado di essere posizionati in quantità consistenti su più fronti (pensiamo ai carri armati) e di essere rimpiazzati in caso di malfunzionamento e distruzione nemica. Questo la Russia lo sa bene e infatti ha accelerato la produzione dei T-90m, attualmente i carri armati russi maggiormente presenti nel territorio ucraino, invece di accelerare i test per i più sofisticati T-14 Armata.

Strategie scadenti

Non bisogna cadere nel tranello che molte nazioni architettano per salvarsi spesso la faccia: non sono una manciata di carri armati sofisticati a fare la differenza in una guerra di logoramento, soprattutto se impiegano mesi ad arrivare dove servono e se poi devono essere smistati sui fronti coinvolti nell’invasione (ovvero quasi i due terzi del territorio ucraino). 

Per una questione di quantità, quindi, ma anche per una questione strategica: anche se non impiegati direttamente nel conflitto, i russi sanno bene che tutte le informazioni sulle armi, sui mezzi e sulle strategie militari arrivano direttamente alla Casa Bianca per via dell’Intelligence ucraina: far cadere in mano nemiche i mezzi da guerra più sofisticati, nonché le nuove tecnologie, non è una scelta strategica, soprattutto se non impiegati direttamente contro il nemico Numero Uno.

Per lo stesso principio, a discapito dell’Ucraina, gli Stati Uniti stanno producendo ex novo gli Abrams, come spiega sempre su Limes Mirko Musetti. Gli Abrams sono dei carri armati molto sofisticati in dotazione all’esercito americano, promessi da Biden a Zelens’kyj. La scelta di produrre ex novo gli Abrams, e quindi di non prelevare mezzi dalle proprie riserve militari, vede in radice almeno due ragioni: da una parte, gli Stati Uniti non vogliono indirizzare troppi mezzi delle proprie riserve per la guerra in ucraina perché la loro concentrazione militare è prettamente focalizzata su Taiwan, soprattutto in vista delle bizzarre manovre cinesi sullo stretto dell’isola; dall’altro, in linea con il discorso precedente:

 “la produzione dei 31 Abrams destinati al teatro bellico ucraino terrà conto di apposite modifiche e limitazioni, sia per agevolare-accelerare l’addestramento dei carristi ucraini sia per impedire un involontario trasferimento di tecnologia americana alla Russia in caso di cattura dei mezzi”.

Una posizione cauta che tuttavia non condividono diversi partner europei.

L’uranio impoverito del Regno Unito

A fine marzo, infatti, Londra ha dichiarato che donerà all’Ucraina 14 Challenger 2, dei carri armati molto sofisticati accompagnati con delle munizioni all’uranio impoverito (DU). Le munizioni al DU sono attualmente tra le migliori in commercio in quanto penetrano molto più efficientemente di altre munizioni anticarro, specialmente quelle che normalmente possiede un esercito; tuttavia il loro invio ha riacceso il dibattito sui (presunti) danni alla salute che queste munizioni hanno procurato in altri scenari di guerra, specialmente in Kosovo ed Iraq. Nonostante tutti gli studi ufficiali concordano sul fatto che il DU non possa essere correlato a malattie medio-gravi e ad effetti collaterali, sia per i civili che per i militari, diversi studi indipendenti dimostrano il contrario: non solo questa correlazione sarebbe possibile, anche se ancora non completamente dimostrabile, ma anche il territorio rischierebbe gravi danni, soprattutto per quanto riguarda l’inquinamento delle acque. 

Non solo una questione etico-ambientale dovrebbe spingere il Regno Unito a riconsiderare le sue donazioni future all’Ucraina, ma anche una questione puramente strategica: se gli Stati Uniti, che sono la prima potenza militare al mondo, nutrono il sano dubbio sull’invio di materiale bellico sensibile\sofisticato, anche il Regno Unito dovrebbe valutare un approccio più pratico e meno performativo in materia, in vista, soprattutto, delle reazioni di Mosca che già aveva dichiarato violente ritorsioni in caso di invio di armamenti DU.

Una guerra di minacce

Diciamolo senza troppi giri di parole: l’invio delle munizioni al DU non è altro che un modo per dire al nemico che si è pronti ad inviare qualsiasi tipologia di armi, anche quelle al limite delle legalità, dimostrando pieno appoggio al partner militare, sapendo che queste munizioni non faranno la differenza sul campo, e allo stesso momento dimostrano scarsa cura verso i militari e i civili ucraini.

Dall’altro canto, questo non farà altro che aumentare la violenza di Mosca, che ha risposto a queste dichiarazioni con dei massicci bombardamenti a Zaporizija, e la brutalità delle armi da quest’ultima utilizzate sul campo. 

Una guerra, dunque, fatta di performance e minacce, senza un’azione concreta che possa portare ad una pace, dove si sta costruendo un’Ucraina sempre più dipendente dagli aiuti occidentali ed un’Europa sempre più dipendente dagli Stati Uniti. La guerra in ucraina ha smosso gli equilibri geopolitici e gli equilibri interni di molti paesi, ma è il momento di domandarci cosa siamo disposti a fare per ideologia, cosa per la pace e cosa, probabilmente, per giustizia e moralità.

Diego De Nardo

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