La Guerra del Golfo segnava la storia del nuovo mondo mediatico. L’intera popolazione terrestre dotata di TV via cavo poteva seguire in diretta gli scontri in Medio Oriente.
Dopo una snervante successione di rivendicazioni e ammonimenti, la prima Guerra del Golfo ebbe inizio nel gennaio del 1991. L’Iraq di Saddam Hussein dovette affrontare una coalizione armata costituita da ben 34 nazioni. Il conflitto ebbe breve durata. Nel giro di circa un mese le forze irachene vennero completamente sconfitte e le ostilità cessarono il 24 febbraio 1991. L’Iraq ereditò un pesante fardello di sanzioni che impedirono a Saddam Hussein di costituire nuovamente un esercito. L’intero Medio Oriente ,tutt’altro che stabilizzato, attendeva futuri scontri.
Lo ricordava anche Enzo Biagi nel suo “Io c’ero”, alla soglia della prima Guerra del Golfo gli italiani si svegliarono in preda al panico e decisero di fare incetta di beni di prima necessità e di carburante. Gli scaffali dei supermarket vennero rapidamente svuotati e lunghe estenuanti file di automobili si formarono nei pressi dei distributori. Anche noi partimmo per dare il nostro contributo al conflitto nel piccolo emirato del Kuwait. Una forza navale italiana fu stanziata nel golfo Persico sin dalle prime avvisaglie di guerra.
I cacciabombardieri italiani Tornado IDS parteciparono ai bombardamenti insieme alle forze armate della coalizione capitanata dagli USA. L’Iraq sotto il comando di Saddam Hussein aveva attraversato il confine del Kuwait vantando pretese di dominio sull’emirato ricco di petrolio. La situazione già tesa nel Medio Oriente precipitò in brevissimo con il preannunciato intervento statunitense. Alle 02:38 del mattino (ora di Baghdad) del 17 gennaio 1991 l’operazione Desert Shield si trasforma nella ben più nota Desert Storm. Hanno inizio i bombardamenti più intensi da parte degli alleati dal 1945 in poi.
La Guerra del Golfo è stato il primo conflitto trasmesso in mondovisione. Sarà definita come la prima guerra del villaggio globale. Dopo mezzo secolo passato all’ombra del muro di Berlino e della cortina di ferro il mondo si ritrovava unito. Tutti eravamo, per la prima volta, davvero connessi. Le prime immagini a raggiungere le televisioni di tutto il pianeta riguardavano le masse di profughi kuwaitiani che varcavano il confine con l’Arabia Saudita per fuggire alle forze armate irachene. Quelle riguardanti gli attacchi aerei del 17 gennaio 1991, i video ancora oggi sul web, segneranno la storia dei media.
Quanto ha avuto a che fare tutto ciò con la corsa ai supermercati degli italiani? Probabilmente le luci fluorescenti degli attacchi aerei sulle nostre TV sono state il motivo alla base della frenesia. I più sofisticati pensarono ad accaparrarsi il carburante, visto il possibile rialzo dei prezzi della borsa in relazione al conflitto. Ma la tendenza più istintuale e immediata era legata ai bisogni primari, il cibo. All’ombra di un muro per 50 anni e sotto il costante pericolo di un’ecatombe nucleare, ma a scatenare la psicosi bastarono i bombardamenti di una notte in un emirato che, per citare ancora una volta Biagi, “in pochi avrebbero saputo indicare sull’atlante“. Le immagini sono la chiave, furono con tutta probabilità il fattore scatenante.
La Guerra del Golfo fu anche la prima occasione in cui gli italiani poterono osservare in diretta un connazionale imprigionato durante un conflitto. L’intervista a Maurizio Cocciolone, il capitano dell’aeronautica italiana catturato dalle forze irachene insieme al maggiore Gianmarco Bellini, avrebbe contribuito a creare intorno al militare una popolarità inedita e, per alcuni versi, assimilabile a quella di una star televisiva se si pensa alla vicenda riguardante la vendita delle foto del suo matrimonio a un giornale di gossip.
Non siamo nuovi noi italiani alla resa mediatica del disastro, né all’immancabile diatriba intorno alla moviola tipica della domenica pomeriggio. Dagli anni ’60 ormai cresciamo attorno a un televisore che spesso è diventato il nostro principale interlocutore. Sono i social ad aver rivoluzionato il paradigma comunicativo instaurando il meccanismo della partecipazione attiva. Certe volte si può distintamente percepire l’anomalia della velocità che il processo comunicativo ha assunto, ad esempio nell’intemperante rapidità con cui ad una notizia seguono le reazioni.
Almeno dalla prima Guerra del Golfo in poi, non possiamo dirci nuovi alla spettacolarizzazione del dramma. Del resto anche il primo virus realmente social, non costituisce di certo la prima epidemia di cui sentiamo parlare. Forse siamo noi ad essere sempre uguali, in fila davanti a un supermercato, qualunque cosa accada.
Paolo Onnis