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Guerra alle migrazioni a tutti i costi

di Ultima Voce
03 Dic 2022
in Categorie, Attualità, Diritti Umani
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Fonte immagine: Il Giornale

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Si è svolto nella giornata di ieri un convegno organizzato dalla CIAC Onlus per discutere su come alcune politiche siano armi utilizzate per fare una guerra alle migrazioni. Eppure spesso ottengono un effetto opposto.

Il convegno

La CIAC Onlus, che si occupa di progetti sperimentali per l’accoglienza di migranti, ha organizzato nella giornata del 2 dicembre un convegno presso l’Università di Parma sul tema dell’attuale Guerra alle Migrazioni che si rivolge alle diverse rotte migratorie.

Durante la conferenza con numerosi interventi di ricercatori ed esperti nell’ambito delle migrazioni, si è parlato di come nel mondo il numero di migranti forzati  sia in costante aumento, come anche quello di coloro che perdono la vita durante le tratte migratorie. Si è cercato di capire quali siano le motivazioni che obblighino coloro che scappano da guerre, fame, disuguaglianze e persecuzioni a intraprendere canali irregolari e non sicuri per arrivare alle porte dell’Europa. E anche quali altre vie potrebbero essere percorribili per disincentivare il mercato nero delle migrazioni , magari con la creazione di canali sicuri di arrivo.

I vari interventi hanno trattato le conseguenze e i paradossi delle politiche  sull’immigrazione dell’Unione Europea, permettendo così di ricalibrare le nostre percezioni sul fenomeno migratorio, che risultano spesso errate e influenzate dalle narrazioni costruite intorno al tema. Infatti, i racconti e i linguaggi utilizzati per parlare dell’immigrazione non sono altro che una delle tante armi utilizzate nella guerra alle migrazioni. Questa risulta essere differente dalle altre guerre, in quanto

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“utilizza una violenza strutturale e simbolica che agisce sotto traccia, risultando quasi invisibile. Ma non per questo è meno devastante”

come sottolineato da Marco Deriu. Una violenza sì diversa, ma che produce ugualmente morti.

Guerra alle migrazioni, ma con quali armi?

Alla base della guerra alle migrazioni c’è una violenza Istituzionale che si avvale dell’uso di armi subdole quali regolamenti,  linguaggi e costruzioni di cornici che demonizzano chi aiuta queste persone . Come affermato da Luca Cabarri per quanto ad oggi

“Il movimento è la moneta dei nostri tempi”

dove tutto gira intorno al movimento di merci, capitali e persone, bisogna comunque differenziare i movimenti desiderati da quelli indesiderati. Tra i movimenti indesiderati rientrano lo spostamento  di individui che arrivano dal sud del mondo oppure dai cosiddetti paesi in via di sviluppo. Ovvero quelle persone maggiormente svantaggiate che anche in mancanza di mezzi partono nella speranza di trovare una vita migliore.

Ma come bloccare questi movimenti indesiderati? Con la creazione di politiche di chiusura dei confini, attraverso sofisticati controlli di frontiere con visti, scanner e droni  si attuano dei meccanismi di filtraggio che non permettono alle persone indesiderate il passaggio dei confini.

Una coincidenza che la maggior parte di coloro che richiedono asilo in Europa sia proveniente da questi paesi? Assolutamente no, le politiche di chiusura e controllo più stringenti hanno spesso un effetto opposto rispetto al fine che  si preponevano di raggiungere. Come sottolineato nuovamente da Luca Cabarri , queste politiche producono un cosiddetto collo di bottiglia: i controlli si fanno più stringenti e questo crea un allungamento dei tempi, seppur sono relativamente poche le persone che riescono ad entrare. Nel frattempo si forma una lunga coda di persone che aspettano e restano fuori. In un effetto a catena questo porta i migranti a dirigersi verso altri luoghi, di tale richiesta sì approfittano trafficanti che creano un mercato nero dell’immigrazione.

Dunque se non esistono vie sicure e regolari per entrare in un paese quali altre vie rimangono? Solo quelle insicure e illegali , è quindi così che viene a crearsi un ondata di persone che cercano con tutti i mezzi di arrivare nei paesi desiderati, anche a costo di rischiare la propria vita.

E’ ovvio che alla base di tali politiche esiste un razzismo istituzionale, infatti, per quanto l’articolo 13 della Dichiarazione dei Diritti Umani  sancisca il diritto alla libertà di movimento, questo si scontra  con i limiti che i singoli stati impongono alle immigrazioni. Infatti, un altro elemento da sottolineare è l’esistenza  di una disuguaglianza  alla libertà di movimento a seconda del proprio passaporto di cittadinanza, un cittadino siriano senza un visto ha la possibilità di entrare  in solamente 8 paesi del mondo e un afgano in 5. Mentre, chi possiede un passaporto italiano può entrare in ben 126 paesi sprovvisto di un visto.

Per coloro che invece riescono ad entrare nel nostro territorio la vita non diventa automaticamente più semplice, i loro titoli di studio e qualifiche non sono riconosciuti  e si trovano sovente in condizioni di disoccupazione o precarietà lavorativa. Questa condizione di scontra con la Legge Bossi-Fini del 2002 che vincola il permesso di soggiorno a un contratto di lavoro, rendendo difficile o quasi impossibile il rilascio o il rinnovo del permesso per queste persone.

l paradosso dell’Unione Europea

Se nei discorsi dell’Unione Europea l’immigrazione va combattuta e dobbiamo difenderci dagli invasori, pochi sanno dell’esistenza di un curioso paradosso: alcuni  Stati membri dell’EU  vendono la propria cittadinanza o il permesso di soggiorno. E’ il caso di Malta, che vende la propria cittadinanza alla modica cifra di 690 000 euro. Ma non è la sola, ci sono altri 10  paesi membri che attuano tale pratica, come Grecia, Belgio, Spagna, Portogallo, Irlanda, Austria, Ungheria, Bulgaria, Lettonia e Cipro.

E’ ovvio che i discorsi ricamati attorno alle migrazioni hanno spesso una facciata sottesa, facciamo una guerra alle persone povere che stanno rischiando la vita e  li definiamo invasori, ma al col tempo, apriamo i confini e vendiamo i nostri passaporti a coloro che provengono dalle nazioni del mondo più ricche come cinesi, arabi e russi.  Un paradosso ancora più grande se si pensa che molti paesi non concedono la cittadinanza a coloro che sono nati e cresciuti nel paese in questione, solamente perché non possiedono origini e sangue nostrano.

Marina Satta

Tags: diritti umanifrontiereguerra alle migrazionimigrantiparadosso
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