Sono passati 5 anni dall’inizio della “guerra alla droga” messa in atto dal Presidente filippino Duterte. Finalmente il via libera dal Tribunale dell’Aia: la Corte penale internazionale indagherà.
“Sparare per uccidere”: questo il segno distintivo della politica di Rodrigo Duterte nella cieca ed ostinata “guerra alla droga”. In 3 anni di governo si è consumata una vera e propria mattanza. Ammontano a 6600 le uccisioni extragiudiziali, a 15 mila le esecuzioni, tutte perpetuate dagli squadroni della morte di Davao.
La guerra alla droga
Ma andiamo per gradi.
Nel maggio del 2016 Rodrigo Duterte assume la presidenza delle Filippine.
Immediatamente lancia Oplan Tokhang nota anche come la “guerra alla droga” iniettando nel Paese forme di inaudita violenza. Gli ufficiali di polizia iniziano ad effettuare visite domiciliari presso sospetti consumatori di droga con lo scopo di invitarli a cambiare stile di vita.
Queste visite, tuttavia, si rivelano molto spesso fatali.
Le liste della morte
È agosto 2016 quando il presidente Duterte annuncia in diretta televisiva i nomi di 150 presunti “protettori della droga”, tutti inseriti in una lunga lista di proscrizione.
Immediate sono le reazioni della Corte Suprema che reclama a gran voce la prevalenza della legge sulla disciplina da imporre ai giudici.
Ma Duterte non ci sta e minaccia il ritorno della legge marziale, fortunatamente poi mai applicata.
La senatrice Leila de Lima inizia una dura lotta contro la politica repressiva del Presidente e con essa condanna anche le liste di proscrizione, non verificate e poco accurate.
Arriva il febbraio del 2017 e la senatrice de Lima è arrestata con l’accusa di estorsione nei confronti dei narcotrafficanti.
La pressione internazionale
Il passo successivo è quello della Corte penale internazionale che nel febbraio 2018 decide di prendere in esame la questione in modo dettagliato.
Secondo il procuratore Fatou Bensouda:
“Esiste una base ragionevole per credere che in questo frangente furono davvero commessi crimini contro l’umanità”.
Tuttavia, il tentativo fallisce a causa delle continue resistenze del Presidente Duterte.
È l’8 luglio 2019 quando Amnesty International diffonde un dettagliato rapporto sugli ultimi 3 anni della guerra alla droga (1° luglio 2016 – 16 marzo 2019).
L’organizzazione denuncia i massacri eseguiti nel Paese dalla polizia e chiede un’indagine più approfondita da parte delle Nazioni Unite.
Il ruolo della Corte penale internazionale: a che punto siamo?
Nel luglio 2021, arriva la svolta.
Il Tribunale dell’Aia autorizza la Corte penale internazionale ad aprire un’indagine intorno agli omicidi extragiudiziali e alle esecuzioni messe in atto dalla polizia nel contesto della guerra droga.
Quest’ultima viene finalmente riconosciuta come “terrore di Stato”.
Non solo.
Per le famiglie delle vittime sarà possibile allegare fino al 13 agosto 2021 ogni ulteriore documento a sostegno dei sanguinosi abusi commessi dalle autorità filippine.
Giada Mulè