Guardie accusate di omicidi in Kenya, si occupano della sicurezza nella fattoria di ananas Del Monte

Guardie accusate di omicidi in Kenya

In un’inchiesta condotta da “The Guardian” e da “The Bureau of Investigative Journalism”, sono emerse guardie accusate di omicidi in Kenya. Si tratta delle guardie di sicurezza della fattoria di ananas della Del Monte, azienda nota per essere il principale fornitore di ananas nei supermercati del Regno Unito.

L’indagine

Ci troviamo in Kenya, dove delle guardie di sicurezza sono state accusate di ripetuti omicidi attorno allo stabilimento agricolo della Del Monte, adibito alla coltivazione massiccia di ananas. In particolare, Del Monte è un’azienda statunitense specializzata nella produzione di conserve alimentari: è uno dei più grandi fornitori di supermercati al mondo, occupando, per esempio, il primo posto tra i fornitore di ananas nei supermercati britannici come Tesco, Asda e Sainsbury.

Queste accuse arrivano da un’indagine condotta da “The Guardian” e da “The Bureau of Investigative Journalism” (TBIJ), e sono state inviate tramite una lettera all’azienda scritta dallo studio legale Leigh Day. Nella lettera, si descrivono nel dettaglio 146 presunti incidenti che hanno coinvolto 134 persone del luogo nell’arco di un decennio. Sono state denunciate 5 morti, tutte dal 2019, oltre a decine di ferite gravi e percosse che hanno lasciato persone in stato di incoscienza. Vengono incluse anche 5 accuse di stupro.

Il racconto

Uno degli esempi che possiamo raccontare è quello di Stephen Thuo Nyoike, di 22 anni, il cui corpo è stato trovato privo di vita nella mattina del 30 agosto 2022, sul ciglio della strada, strangolato da un filo di ferro. Aveva provato ad effettuare insieme ad altre persone una breve incursione nello stabilimento per cercare di rubare alcuni ananas: le guardie però li trovarono, e il tentativo fu fallimentare. Secondo le testimonianze di chi riuscì a scappare e ad osservare l’accaduto quella notte, le guardie, dopo aver preso Stephen, lo avrebbero picchiato per circa mezz’ora, finché Stephen non si zittì e il suo corpo immobile fu caricato su un pick-up della Del Monte.

Il giorno dopo, mentre il padre di Stephen e altri testimoni si riunivano intorno al corpo, notarono un folto gruppo di guardie della Del Monte che li osservava dall’altra parte della strada. Nessuno degli uomini coinvolti finora ha mai rivelato alla polizia gli avvenimenti di quella notte. Come ha affermato uno di loro: “Se vai alla polizia ti arrestano immediatamente, quindi non osi“.

Le condizioni di povertà e delle guardie accusate di omicidi in Kenya

La piantagione di 80 chilometri quadrati della Del Monte si trova al confine tra le contee di Murang’a e Kiambu, a circa 40 chilometri a nord-est di Nairobi, in un paesaggio caratterizzato da una vegetazione rigogliosa e da una ricca terra rossa.

Al contrario però l’area è però colpita da povertà e disoccupazione, se prendiamo in considerazione la popolazione locale. Questa situazione è tale nonostante la ricchezza generata da Del Monte, le cui esportazioni di ananas hanno fatto guadagnare all’economia del Paese più di 100 milioni di dollari in valuta estera nel 2018. Questa potenza finanziaria ha fornito all’azienda, nel corso degli anni, un potere politico oltre a quello economico e finanziario.

L’azienda inoltre è il più grande esportatore di prodotti kenioti nel mondo. Questa enorme operazione globale fa sì che, sebbene nella zona vengano coltivati innumerevoli ananas ogni anno, praticamente gli unici venduti localmente sono quelli rubati dalla fattoria. Come infatti riferisce Joel, il padre di Stephan:

I ragazzi in giro non hanno molto da fare e hanno bisogno di soldi per sopravvivere. Quindi il modo più semplice è quello di andare a saccheggiare la fattoria, prendere gli ananas e venderli al pubblico. Sono spinti per lo più dalla pressione dei coetanei e dalla povertà.

Le condizioni della popolazione locale sono in netto contrasto con lo stile di vita di cui godono le 237 guardie impiegate da Del Monte nella fattoria, che hanno scuole, ospedali e campi sportivi completamente attrezzati all’interno dello stabilimento. Il loro compito è quello di pattugliare l’enorme fattoria con l’aiuto di torri, cani da guardia e droni di sorveglianza. Le guardie stesse sono state oggetto di violenza: per esempio, è stato confermato che i ladri lanciano pietre per respingerle, e una guardia ha perso un occhio in un recente raid. Queste accuse però impallidiscono rispetto alla gravità delle accuse di omicidi, di violenze e di stupri.

Le guardie di sicurezza sono organizzate in modo da essere attive 24 ore su 24, e sono occasionalmente accompagnate dalla polizia locale. La stessa stazione di polizia di Ngati si trova addirittura all’interno della fattoria, vicino agli alloggi del personale della Del Monte.

Le condizioni dei lavoratori

Qualcuno potrebbe obbiettare l’importanza dello stabilimento della Del Monte nel dare lavoro agli abitanti locali, e non avrebbe tutti i torti. La compagnia infatti risulta essere il più grande datore di lavoro del settore privato in Kenya e nella fattoria lavorano migliaia di persone. Tuttavia, c’è da precisare che  molti dei lavoratori dello stabilimento sono assunti su base occasionale e l’azienda ha quindi la libertà di licenziarli liberamente, cosa che fa tipicamente dopo pochi mesi.

Per portare un altro esempio legato alla questione, sappiamo che a gennaio del 2022 i lavoratori di Del Monte hanno scioperato, ma l’azienda ha risposto etichettando l’azione come illegale.

Un problema di fondo

Oltre alle guardie di sicurezza accusate di omicidi e altri crimini in Kenya, l’inchiesta di “The Guardian” e di TBIJ evidenzia un problema ancor più di profondo. La violenza delle guardie di sicurezza è quindi solo un effetto dello stato attuale delle cose, ovvero le condizioni di povertà e indigenza delle popolazioni locali.

La situazione in cui ci troviamo è quella di una multinazionale che ha costruito un enorme stabilimento in una zona fertile e utile per la coltivazione, mentre nel frattempo gli abitanti locali vivono da anni in condizioni di povertà assoluta. Questa enorme fattoria, che necessita di un’ingente forza lavoro per poter funzionare, avrebbe potuto aiutare mettendo a disposizione posti di lavoro stabili per gli abitanti locali.

Alla luce però dei posti di lavoro molto volatili (per lo meno per i lavoratori), la situazione attuale sembra andare nella direzione inversa. L’attuale stato di povertà non sta migliorando, e quindi da un lato gli abitanti stanno facendo una delle poche azioni che possono fare per sostentarsi, ovvero il furto di beni di consumo per poterli rivendere. Dall’altro, l’azienda si comporta proprio come ci si aspetterebbe: non disposta a perdere neanche una minima porzione propri prodotti (e quindi del proprio capitale), ha assunto delle guardie di sicurezza che ormai operano in maniera violenta anche contro il più innocuo dei trasgressori.

A questo punto viene naturale chiedersi come sia possibile che il giornalismo internazionale si attivi solo quando vi sono report di uccisioni violente, mentre, nel momento in cui si verificavano tutte le premesse sopracitate, non si sia ritenuta la notizia degna di nota.

Mattia Tamberi

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