Un’idea di sinistra
Mi sono chiesta a più riprese come potessi iniziare a raccontare la sinistra, senza troppi manierismi. Mi è infine venuto poi in mente un libro uscito qualche anno fa, scritto da Edmondo Berselli, grande giornalista e scrittore italiano, tragicamente scomparso nel 2010.
“Sinistrati. Storia sentimentale di una catastrofe politica” è un libro di lucida indagine, dove scegliere una singola frase è impresa non semplice. Alla fine, nella vivisezione di un appassionante racconto, una, più celebre, meritava di essere condivisa.
“Finisce il berlinguerismo e, di fatto, si esaurisce anche il comunismo italiano. Tramonta l’idea che una tensione etica possa fare da fulcro alla politica, che l’Europa possa essere il luogo della terza via, né sovietica né capitalista, e mentre si dilegua la speranza che la diversità sia un valore politico, si preparano i tempi in cui le mani pulite del Pci non saranno sufficienti a salvare l’Italia da Tangentopoli.”
Quella di sinistra è una storia di enigmatica e controversa passione politica. Lo è inevitabilmente e in prim’ordine per le tematiche che fanno capo alla sinistra. Lo è a partire dall’idea che l’uguaglianza è una condizione necessaria che solo una ristretta oligarchia non può più condividere.
Questa è un po’ la ragione per cui mi sono state sempre strette quelle argomentazioni che a partire dalle aree popolari a quelle più “nobiliari” trovavano la simpatia delle classi meno abbienti. Ho sempre ritenuto fisiologico che il proprietario di una grande azienda votasse per la destra, un pò meno per quello della piccola o media impresa.
Allo stesso tempo non ho mai ben capito come un operaio potesse tradire l’idea di votare a sinistra, allontanarsi dai sindacati, e farsi sedurre dall’idea che una parte storicamente vicina all’interesse di pochi, potesse improvvisamente curarsi dei suoi.
Vi è stata, poi, l’elezione di Trump, la standing ovation per lui delle classi operaie del MidWest degna dell’analisi del professor Noam Chomsky.
“Negli Usa, i programmi neoliberisti hanno comportato, per gran parte della popolazione o la stagnazione o proprio il declino, indebolendo il funzionamento della democrazia, riducendo i vantaggi per le persone e il welfare sociale. La gente non ha bisogno di leggere studi accademici per sapere che i salari medi per lavoratori uomini sono più o meno al livello di quelli del 1960, mentre la ricchezza si è concentrata in pochissime mani. Per sapere che le strategie aziendali hanno spostato all’estero la manifattura. Per sapere che una grande maggioranza della popolazione è, nella sostanza, priva del diritto di voto – nel senso che i loro rappresentanti non si curano dei loro interessi.
Anni fa alcuni studi hanno mostrato che il profilo socio-economico dell’elettore Usa che non vota coincide con quello che, negli altri Paesi, vota per partiti di sinistra o social-democratici, che in America non ci sono.
La crescente atomizzazione della società lascia sole e isolate le persone: si sentono abbandonate contro forze che le stanno schiacciando… […] …non è difficile per demagoghi odierni cavalcare la rabbia contro le persone che sono ancora più vittimizzate – gli immigrati, le minoranze, i “truffatori del welfare” (demonizzati da insulti razzisti e reganiti) – e suscitare timori esagerati di fronte a nemici come il governo e i terroristi islamici.”
La decadenza
Dire che la sinistra è in crisi a livello globale è banale, ripetitivo, talvolta anche noioso. Non lo è però ribadire che questa crisi è una sua responsabilità.
Oggi vi è stata l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico che, vogliate crederci o no, in Italia ha l’ardua responsabilità di essere l’ultimo baluardo contro l’avanzata del populismo. A lui il compito di riconquistarsi l’elettorato medio, perso per strada, nell’inconciliabile strada di un riformismo sbagliato.
Poteva scegliere di dire che sì, quella strada di riforme, non andava bene. Ha scelto però di non farlo.
C’è stato un intervento, quello di Teresa Bellanova, che ha lodato il percorso riformista preso dalla sinistra di governo negli ultimi anni. Lungi da me parlare di una strada piena di errori, credo che all’autoreferenzialità di ciò che è stato fatto, mancasse in qualche modo la lucida visione di un Partito, che al di là del rischio scissione, ha perso i suoi elettori.
Se quel percorso riformista aveva con sé tutti i vantaggi degni di una lode, perché gli insegnanti si sono allontanati dal partito? Perché gli studenti si sono allontanati dal partito? Perché gli intellettuali hanno sostenuto a testa alta e con fervore il “no” durante la più dura campagna per un referendum costituzionale che l’Italia abbia visto? Perché la Lega Nord è volata nei sondaggi all’11,5 % circa e il Movimento 5 Stelle al 29?
Perché di quel 40% della consultazione elettorale europea del 2014 il Partito Democratico oggi si trova a dover raccogliere ed elemosinare i pezzi?
Il Ministro Orlando una risposta l’ha data in Assemblea. Perché se di un’azienda di 400 dipendenti si sono migliorate le condizioni di 40, ma 360 sono stati mandati a casa, non ci si comporta da sinistra. Si ha al contrario l’arroganza di professarsi tali, ma di non esserlo.
“Il Lingotto non era solo fare una sintesi tra cattolici e progressisti ma per fare un partito tutto nuovo e davvero radicale nel suo riformismo. Un partito della sinistra, non un indistinto”
Questa una delle frasi estrapolate dal discorso di Walter Veltroni, tra i fondatori del Partito Democratico, che ha ripercorso i momenti in cui la sinistra ha perso perché divisa, tuttavia dimenticando che, al di fuori di ogni discussione interna, che sia o meno scissione, la sinistra oggi perderà perché ha smesso di essere sinistra.
Sinistra è uguaglianza, sinistra è diritti, sinistra è lavoro, sinistra è welfare, sinistra è speranza.
È il lumino acceso nel buio della notte. È la passione politica di chi non ha smesso di credere che un mondo migliore, un mondo equo, sia possibile.
Sinistra è vocazione politica. Una vocazione che sembra oggi animare solo le fazioni giovanili del partito, che guardano esterrefatte un gioco a somma zero, tra chi è pronto a farsi la guerra per un posto in direzione e continua ad allontanare qualsiasi discussione seria sui problemi che questo Paese ha.
E i partiti popolari così avanzano. Forti della loro dialettica, ma in particolar modo dell’assenza di dialettica e dialogo altrove.
Cos’è oggi la sinistra? “Una terra desolata”, per citare T. S. Eliot, una “storia sentimentale di una catastrofe politica”, se vogliamo citare Berselli.
Cosa potrebbe essere la sinistra? Un riscatto. Una fenice pronta a rinascere dalle sue ceneri se solo riuscisse a rivedere le sue priorità.
Come ha detto, concludendo il suo intervento oggi, il Ministro Orlando, “Credo ci sia in gioco qualcosa più importante di noi”.
Ilaria Piromalli