Era il 25 settembre del 1971 quando Rolando Silvestri, del gruppo speleologico del CAI di Ancona, individuò l’entrata delle grotte di Frasassi. Quella spedizione, guidata da Giancarlo Cappanera, diede l’avvio alla storia che porta oggi milioni di visitatori ad osservare la meraviglia del complesso carsico sotterraneo nei pressi del Comune di Genga, in provincia di Ancona.
Per una singolare coincidenza, oggi, quasi cinquant’anni dopo la mirabile scoperta della Grotta Grande del Vento, un altro gruppo di esploratori ha ritrovato un nuovo ambiente nel complesso delle grotte di Frasassi.
I quattro speleologi del novello gruppo sono Antonio Piazza, Michele Merloni, Amedeo Griffoni e Luca Pieroni. Animati da coraggio, intraprendenza ma, soprattutto, caparbia e ottimo spirito di osservazione, i quattro hanno intuito la presenza di un’intera caverna partendo da un minuscolo buco, non più grande della circonferenza di un dito umano.
Prima di calarsi nelle cavità della terra, gli speleologi hanno fatto numerose prove, scientifiche e non. Sembrerà bizzarro, ma il vecchio trucco di lanciare il sasso nel vuoto per sentirne il rumore all’atterraggio funziona sempre. Meno scontata è stata l’osservazione della direzione presa dalla scia di fumo di una sigaretta, risucchiata dalla cavità.
Accertata la presenza effettiva di una sala nel cuore della montagna, gli speleologi sono scesi con la corda lungo una parete verticale di quasi dieci metri. Quella che si è stagliata davanti ai loro occhi increduli è stata una grande sala, lunga quasi 80 metri. In alcune zone la grotta si lascia attraversare, ma in altre si può procedere solo accovacciati, trascinandosi sulle ginocchia.
La scoperta nelle grotte di Frasassi è grandiosa e del tutto insperata, e pone la speleologia davanti a nuovi scenari.
L’indagine è tanto più entusiasmante poiché la sala sarebbe solo l’anticamera di un complesso di cavità carsiche molto più ampio e ancora tutto da raggiungere.
I quattro uomini sono stati i primi a posare i loro occhi su uno scenario nascosto all’umanità chissà da quanto tempo. Merloni ha subito battezzato la sala con il nome di “Grotta del cervo bianco”, unanimemente approvato dagli altri partecipanti del gruppo.
Sembra un dolce regalo del destino quello che ha reso possibile il rinvenimento di una nuova fonte di bellezza proprio a pochi giorni dal festeggiamento dei 49 anni dalla prima scoperta del 1971. Giusto domenica, gli speleologi della vecchia leva, il gruppo che aveva portato alla luce il complesso di Frasassi, avevano guidato, come Ciceroni di eccezione, le visite alle grotte.
Si spera che l’osservazione della nuova sala sia presto aperta al pubblico. Magari sotto la guida attenta degli artefici della sua scoperta, al cui mirabile lavoro ci affidiamo tutti per ulteriori incantevoli ritrovamenti.
Martina Dalessandro