Grillo si autointervista. È la sua ultima trovata. Ha auscultato il cadavere 5S, ha sentito che ancora respira e ora vuole inoculargli -in barba a chi come Conte pensa a una ricetta progressista-riformista- manciate di vaffa e di casaleggiate della prima maniera, raddoppiando la dose: non più reddito di cittadinanza, ma reddito incondizionato universale, anzi di più, un reddito disconnesso dal lavoro; confermata la regola del doppio mandato, con l’aggiunta che i parlamentari uscenti dovrebbero percepire un compenso da quelli entranti per trasferir loro le competenze acquisite.
Come va il tuo rapporto con Conte?
Ottimamente. E il tuo con te?
Così inizia l’autointervista, pubblicata sul suo blog, che il comico genovese Beppe ha fatto al politico Grillo. Il padre dei grillini ha dispiegato tutto l’arsenale del movimento della prima ora: reddito incondizionato universale, di più, disconnettere il reddito dal lavoro, poi superbonus e limite alla durata dei mandati; non ha risparmiato qualche parola ondivaga sul rapporto con l’attuale leader dei 5S, Giuseppe Conte.
Disconnettere il reddito dal lavoro
Sarà dura costruire un “campo largo” tra il Pd di Schlein che intende risolvere il problema della disoccupazione cercando di sbloccare posti di lavoro -guarda un po’- e un eventuale M5S a trazione Grillo che parte già dal presupposto che la piena occupazione è impossibile e che quindi la soluzione è disconnettere il reddito dal lavoro. Certo, i maggiori economisti convergono sul fatto che è nella natura del nostro sistema economico avere sempre un certo numero di disoccupati, ma è attualmente utopistico pensare che possa essere garantito un reddito universale disconnesso dalla prestazione lavorativa. Come attuarlo? Con quali soldi? Ma Grillo nella sua autointervista è certo che quello sarà il futuro:
«L’obiettivo della piena occupazione, tra l’altro, oltre a essere velleitario, appartiene a schemi mentali del secolo scorso, mentre nella Silicon Valley la sfida del secolo è disconnettere il reddito dal lavoro, che sono entrambi importanti per il benessere, ma sono inevitabilmente destinati a non essere più correlati fra loro».
Ha inoltre rivendicato con orgoglio, contro tutti i detrattori, la battaglia emblematica dei 5S, il reddito di cittadinanza:
«Chi ha voluto abolire o ridimensionare il reddito di cittadinanza, spesso venera anche chi – da Altman a Musk, da Gates, a Zuckerberg – ha più volte invocato il reddito incondizionato universale, che tra l’altro avrebbe una portata molto più ampia rispetto al reddito di cittadinanza».
Il Superbonus andava sostenuto
Non molla di un centimetro il numero uno dei grillini, nemmeno sul Superbonus. L’idea di fondo della misura, per Grillo, era nobilissima e giustificata dal bisogno di stimolare la ripresa. Semmai il problema, nel paese del “fai la legge e trova l’inganno”, è stato l’attuazione senza controllo, che ha incoraggiato i soliti furbetti a usufruire dell’agevolazione pur non avendone i requisiti:
«A prescindere dal fatto che il Superbonus è stato voluto da tutti e non solo da noi, come per ogni cosa il problema stava nel metterlo a punto, non nel sostenerlo prima e demonizzarlo poi, scatenando una caccia alle streghe, che tutt’al più sono befane. Non dimentichiamoci che quando fu approvato c’era bisogno di un forte stimolo alla ripresa, che ha funzionato».
La conferma del doppio mandato
Nonostante molti analisti politici abbiano individuato nel limite dei due mandati una delle cause della sconfitta elettorale dei 5S, in quanto non ha consentito loro di candidare personaggi che hanno acquisito nel tempo riconoscibilità e competenze, Grillo rilancia la regola costitutiva del movimento e addirittura pensa che debba entrare nella costituzione:
«Il limite alla durata dei mandati è non solo un principio fondativo del movimento, ma è anche un presidio di democrazia fin dai tempi dell’antica Atene. Come ho detto più volte, dovrebbe diventare una legge costituzionale, quantomeno per le cariche più importanti».
Non solo, per risolvere il problema della “fuga” delle competenze acquisite dichiara di aver proposto una soluzione:
«Avevo proposto un’idea di “staffetta” in cui gli “uscenti” avrebbero percepito un compenso finanziato dagli “entranti” per assicurare il passaggio di consegne e trasferir loro le competenze acquisite».
Le parole su Conte
Non è un mistero che tra i due non corra buon sangue. Giuseppe Conte e Beppe Grillo hanno due idee di movimento strutturalmente diverse. L’ex premier pensa a un partito riformista che, pur mantenendo alcuni tratti identificativi, possa entrare nella famiglia dei partiti progressisti e costruire con loro un’alleanza anti-Meloni; il comico genovese rifiuta il concetto tradizionale di partito e auspica un ritorno a quel movimento che aveva pensato insieme a Casaleggio. Lo esprime con queste parole:
«Dobbiamo tornare a proporre idee radicali e visionarie, smarcandoci da una collocazione che è vecchia e superata da decenni. Parlare di sinistra e destra è come parlare di ghibellini e guelfi».
Insomma, nessuna idea di campi larghi o larghissimi, ma un movimento che corre sulle proprie gambe e con la propria identità. Sul rapporto con Conte non si è espresso in maniera netta, è stato insolitamente diplomatico, pur ammettendo che un tentativo di rottura c’era stato e lasciando intendere che ci potrebbe essere in futuro, qualora il M5S dovesse “sciogliersi”:
«Come si fa ad avere un cattivo rapporto? Ci ho provato ma non ci sono riuscito: non si scompone mai, ogni parola si scioglie… Siamo d’accordo, però, che non vogliamo scioglierci anche noi».
Non sembra esserci molto dialogo tra i due. Come detto, hanno due idee di partito completamente diverse e Conte, ora che è lui a guidare i 5S, vorrebbe mettere in campo le proprie, lasciando al passato quelle del suo fondatore. Grillo non ci sta, rivendica spazio in quello che sente ancora il suo movimento e dichiara:
«Mi piacerebbe riprendere a fare gli stessi incontri che facevamo con Casaleggio. Quindi non solo con Conte, ma anche chi vuole darci una mano a tracciare la rotta dei prossimi anni. Sono proprio questi incontri che ci hanno portato a diventare la prima forza politica del paese».
Vincenzo Ciervo