Il calcio, secondo la definizione del Premio Nobel George Bernard Shaw,
“è l’arte di comprimere la storia universale in 90 minuti”.
Una storia, quella dello sport più seguito al mondo, che ha origini in terra britannica, sotto il cielo fumoso di una Sheffield in piena seconda rivoluzione industriale. Una storia di uomini e di colori.
LE ORIGINI
Nato da una costola di una società di cricket, qualcosa di più di un lontano parente del rugby, il calcio è figlio della fantasia di un gruppo di giovani intenzionati a inventare un gioco nuovo, che prevedesse regole nuove e in cui, soprattutto, fossero i piedi i veri protagonisti.
Fondato nell’ottobre del 1857, Lo Sheffield FC è riconosciuto dalla FIFA come il club di calcio più antico del mondo.
Il primo, grazie al lavoro dei soci fondatori Nathaniel Creswick e William Prest, a lasciare in eredità un codice di regole scritte, detto Sheffield Rules; il primo a disputare gare amichevoli tra i membri del club, suddivisi, secondo la più classica delle tradizioni, tra scapoli e ammogliati.
IN PRINCIPIO ERA IL BIANCO
I primi colori sfoggiati in un campo di calcio dovranno però attendere ancora qualche anno, quando la diffusione dello sport e la conseguente nascita dei club professionistici sancirono la divisione in colori sociali identificativi.
Dopo un iniziale periodo passato nel candore della tinta unita bianca (eredità del cricket), o di completi di ritrovo, le squadre iniziarono a sbizzarrirsi accostando tra loro i colori, chi utilizzando riquadri chi strisce verticali o orizzontali.
Nascevano le prime divise ufficiali, alcune ispirate ai colori della città di provenienza, altre a patriottici sentimenti nazionalisti, altre ancora figlie dei simbolismi più disparati.
L’ANTICO GRIFONE
Per quanto riguarda il calcio in terra italiana, si dovrà attendere il 1893, anno della fondazione della prima squadra: il Genoa Cricket and Football Club.
Figlio dell’intraprendenza di un gruppo di inglesi trapiantati nel capoluogo ligure, il Genoa è tra le pochissime squadre europee a poter vantare una tradizione simile a quella di altre compagini di calcio inglesi.
Pionieri di uno sport ai suoi albori, anche i primi atleti genoani, al pari dei loro colleghi d’oltremanica, indossavano divise bianche a tinta unita. Fu in occasione dell’inizio del nuovo secolo, nel 1900, che i giocatori del Genoa sfoggiarono per la prima volta una maglia bianca a strisce verticali azzurre, omaggio alla squadra dello Sheffield Wednesday, allora uno dei club più famosi e titolati d’Inghilterra.
Per quanto riguarda il Grifone (leggendaria bestia frutto dell’incrocio tra un cavallo, un leone e un’aquila), simbolo posto a protezione della città e dei suoi abitanti, nonostante comparisse in calce ai documenti ufficiali della squadra sin dagli albori, esso verrà effettivamente cucito sulle maglie da gioco solamente diversi anni dopo l’iscrizione ai primi tornei ufficiali.
IL ROSSO E IL BLU
A conferma dell’indissolubile legame tra la prima squadra di calcio italiana e la nazione di provenienza dei suoi fondatori, fu un fatto di cronaca epocale, apparentemente estraneo al calcio, a determinarne la svolta cromatica del Genoa.
Il 22 gennaio del 1901 moriva infatti la Regina Vittoria, capace, nel corso del suo lunghissimo regno, di segnare (e rinominare) un’epoca.
Un evento di tale portata non poteva lasciare indifferenti i soci del giovane club ligure che, dopo diverse sedute e una votazione sul filo del rasoio (5 voti a favore e 4 contrari) virarono sui colori rosso, bianco e blu, evidente omaggio alla Union Jack, la bandiera del Regno Unito.
Nasceva così la maglia del Genoa come la si conosce oggi: rosso granata e blu scuro disposti a quarti, col rosso a destra e il blu a sinistra e il bianco relegato ai soli risvolti.
Dopo centoventisette anni, nove scudetti vinti, una Coppa Italia e tre competizioni europee, il Grifone continua a vegliare sulla città e sui tifosi e il rosso granata e il blu scuro a rinsaldare un legame, sul campo, che nemmeno la Brexit potrà seppellire.
Alessandro Leproux