È tutta colpa di Greta Thunberg.
Avete capito bene. Tra i giudizi degli utenti social e le frecciatine di alcuni articoli (da bar), la risultante è questa.
Una tendenza nota, nella dimensione del web, è la mancanza di approfondimento; di rimando, questa lacuna si proietta su numerosi atteggiamenti, concernenti il giudizio spicciolo e la divulgazione di quest’ultimo.
A macchia d’olio, il pregiudizio diventa un mantra e si erge sul senso di superiorità, la volontà di annichilire il tuo interlocutore perché “non in grado di comprendere”.
Resta paradossale immaginare, nello stesso frangente, i pompieri australiani, tra fumi e fiamme, nonché i cittadini costretti a cercare rifugio. Da un lato, la pigrizia informativa, con una spiccata mancanza di empatia; dall’altro, uno dei più bei territori del pianeta in fiamme. Naturalmente, Greta Thunberg resta al primo posto tra i personaggi controversi, accusata da alcuni di aver alimentato una densa forma d’odio tra i negazionisti del cambiamento climatico.
In realtà, come solito, il fenomeno ha riferimenti dal peso psico-antropologico essenziali. In primis, mi riferisco a quanto già discusso in precedenti articoli: al momento, il legame tra uomo e natura si è pesantemente consumato; il cittadino medio non ha coscienza di quanto accade all’interno del proprio habitat, a meno che non abbia la problematica di fronte a sé.
Un episodio simile si è già verificato in altri settori: basti pensare alla mancanza di empatia verso zone come la Siria, conosciute da un punto di vista puramente mediatico e nulla più; se la zona risulta lontana, le conseguenze restano lontane e il loro peso non si percepisce.
E questo nonostante si parli di esseri umani – nostri simili.
Da un punto di vista strettamente naturale, biologico, la faccenda fa riflettere; o dovrebbe, visto che la superficialità nell’informazione, tra utenti e giornali stessi, è ormai divenuta una routine quasi incontrastata.
Torniamo per un momento in Australia. Le responsabilità di Greta Thunberg sono chiaramente a zero e non solo per ciò che concerne il buonsenso. Certamente trattiamo una questione che dovrebbe implicare una forma di educazione, capace di controllare e gestire chi è abituato a giocare con i fiammiferi; tuttavia, il problema non sembrerebbe porsi a prescindere, visto che, a quanto pare, le news sugli arresti ai piromani sarebbero fasulle.
Non sono le uniche fake news accertate. Un incendio di questa portata descrive dinamiche ben precise: la sua propagazione ha una logica naturale, sia da un punto di vista climatico che territoriale; comprendere a pieno quale sia l’attuale status dell’Australia richiede, dunque, uno studio preciso – che di certo non può esaurirsi in qualche scambio di battute sul web.
Ad alimentare pregiudizi di varia caratura, troviamo delle foto simboliche, la maggior parte fatte a regola d’arte, ma quella che più mi ha stupito è stata la realizzazione digitale dell’artista Thuie.
Abbiamo la foto di una bambina con una maschera in volto ed in braccio un Koala; la foto ha fatto il giro del web, ma in realtà si tratta di un editing digitale, atto a simboleggiare l’attuale catastrofe australiana. Il fatto più emblematico sta nella precisazione dell’artista stessa, completamente ignorata dagli utenti, i quali, senza informarsi, hanno dato per vero lo scatto. La condivisione sui social è stata spietata, tanto che Thuie ha dovuto nuovamente informare i propri seguaci del reale obiettivo e fattura del lavoro.
In conclusione, siamo alle solite. Greta Thunberg è solo la punta dell’iceberg, mentre sul fondo abbiamo una moltitudine di insinuazioni stereotipate e riutilizzate. Le dinamiche sono le medesime, eppure non ci si abitua mai.
Di base, divulgare un’informazione di qualsiasi genere, con o senza “buone intenzioni”, dando per scontata la veridicità o la sua logica, è una sorta di crimine; non la reputo un’esagerazione, considerate le conseguenze contemporanee di tali atteggiamenti. Consiglio a tutti un esame di coscienza, poiché la verità non è un’opinione.
E non deve certo divenire un peso per chi ha la volontà di coglierla.
Eugenio Bianco