Greta Beccaglia è una giornalista di Toscana Tv che ieri è stata palpeggiata in diretta tv: nessuno ha fatto nulla. Altro che 25 novembre.
C’è una giornalista sportiva che ieri, mentre stava facendo il suo lavoro, è stata palpeggiata in diretta tv. La conduttrice si chiama Greta Beccaglia e, nel video andato in onda su A Tutto Gol, la trasmissione dell’emittente Toscana TV dedicata al calcio, si vede chiaramente un tifoso che le palpeggia il sedere mentre lei sta parlando rivolta alla telecamera. La donna, presa alla sprovvista, si rivolge al palpeggiatore che nel frattempo è uscito dall’inquadratura e gli dice: “Scusami, non puoi fare questo, mi dispiace”.
#GretaBeccaglia:
Per le molestie che la giornalista di Toscana Tv ha subito in diretta all’esterno dello stadio Castellani dopo #EmpoliFiorentinapic.twitter.com/dDJZSZMNrX— Perché è in tendenza? (@perchetendenza) November 28, 2021
Intanto, il conduttore, dallo studio, le rivolge un paio di “Non te la prendere”, mentre il defluire dei tifosi dallo stadio continua, senza che nessuno faccia una piega in merito alla scena che si è appena svolta davanti agli occhi di tutti e della telecamera.
Il conduttore dallo studio, poi, in chiusura di collegamento si butta in un panegirico per dire che “ogni tanto” questi atteggiamenti meriterebbero qualche schiaffo e qualche reazione. Oggi invece Toscana Tv ha diramato un comunicato in cui si schiera dalla parte di Greta Beccaglia e contro tutti i tentativi che hanno cercato di liquidare il gesto come una goliardia.
Ora: nei 17 secondi di video che vanno in onda su Toscana Tv c’è tutto il problema della nostra società con le donne e, soprattutto, con la difficoltà a riconoscere cosa è violenza.
1. Palpeggiare non è molestia: è violenza sessuale
L’articolo 609 bis del codice penale stabilisce che «chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni»: è la fattispecie della violenza sessuale e comprende qualsiasi contatto fisico che preveda l’intrusione nella sfera privata della vittima, se rivolto a zone erogene e idoneo a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona che lo subisce. Non è molestia, no: perché quest’ultima riguarda i casi in cui l’intrusione nella sfera privata sia solamente di tipo verbale.
2. Perché palpeggiare una donna in diretta tv?
Oltre ad autocertificare il proprio quoziente intellettivo, compiendo un reato davanti a una telecamera, che tipo di concetto di privilegio e senso di impunità deve avere una persona per comportarsi in questo modo? Il meccanismo infatti che scatta nel cervello di chi compie un atto di questo genere ha molte sfaccettature, che vanno dal “non mi beccheranno mai” al “cosa vuoi che succeda?” passando per il sempiterno “tanto per scherzare”. Facciamo un esempio pratico: righereste anche solo una macchina se foste inquadrati da una telecamera e riconoscibili in volto? No, perché poi temereste una reazione da parte del proprietario che, armato di quel video, correrebbe a denunciarvi. Qui, invece, per chi ha palpeggiato Greta Beccaglia la telecamera non ha alcun valore di deterrenza perché palpeggiare una donna non è un atto da condannare per ancora una grande parte della società. Rigare una macchina, invece, sì.
3. Perché le persone che passavano di lì non hanno fatto nulla?
Il palpeggiatore camminava con a fianco una persona che non ha detto nulla né alla giornalista né all’amico che l’ha palpeggiata: ha assistito alla scena ed è uscito frettolosamente dalla telecamera. Il conduttore ha liquidato velocemente l’episodio con un “Non te la prendere” di circostanza. Nessuno si è fermato a chiedere alla ragazza come stesse. Nessuno, da quanto risulta dal filmato, ha cercato di bloccare il palpeggiatore. Immaginate se, invece, quella mano avesse rubato un portafogli davanti a una telecamera. O se avesse tirato uno schiaffo, magari, a un commentatore uomo in diretta tv. Probabilmente, la percezione di forte ingiustizia avrebbe fatto, quantomeno, inquadrare il soggetto che se ne stava tranquillamente andando. Invece no: come per l’esempio dell’auto rigata, il corpo di una donna vale meno di un portafogli rubato ed è legittimo che non scateni nessuna reazione.
4. Attenzione a come noi commentiamo la notizia
Su Internet, oggi, in molti hanno commentato scandalizzati il video: alcuni si sono lanciati in critiche molto forti del palpeggiatore, tirando fuori l’antico adagio del “E se fosse stata tua figlia?“. Ecco: anche in questo caso, dovremmo fare maggiore attenzione, seppure le nostre parole siano piene di solidarietà bonaria verso la vittima di turno. Perché, infatti, una donna dovrebbe pretendere rispetto solo perché legata da un vincolo di parentela a un essere di sesso maschile? Perché non è possibile immaginare che una donna venga rispettata in quanto tale e in quanto persona e non come prolungamento dell’ego di un uomo?
5. Domani sarà la volta del “palpeggiatore puccioso“
Come evidenzia spesso Francesco Costa nel podcast Morning a proposito dei fascisti che prima si fanno inquadrare con il braccio teso e poi, quando lo scatto diventa virale, si sperticano in creative giustificazioni che solitamente includono uno scandalizzato “Io fascista? Ma figuriamoci”, dobbiamo stare pronti. Il palpeggiatore verrà, quasi sicuramente, riconosciuto e identificato: sarà allora il momento in cui, forse resosi conto della gravità del suo gesto, si lancerà in un pucciosissimo mea culpa, magari con un “Non so cosa mi sia preso”, “io le donne le rispetto, ho tante amiche donne” e via dicendo.
6. Ve lo ricordare il 25 novembre, vero?
La giornata contro la violenza sulle donne, piena di retorica e instant marketing, si è conclusa poche ore fa: tutti contriti e solenni abbiamo ricordato le tante donne che soffrono per le violenze degli uomini, abbiamo postato come ossessi, abbiamo addirittura rivolto un pensiero commosso alle vittime dei femminicidi. La stessa partita che la giornalista si trovava a commentare aveva visto scendere in campo i giocatori con il segno rosso in faccia, simbolo della giornata del 25 novembre. Poi, però, abbiamo trascurato di considerare che non tutti siamo violenti impugnando un coltello o una pistola per uccidere: a volte la nostra violenza meschina si traveste da presunta goliardia e rende il corpo femminile un campo di battaglia su cui mostrare le proprie testosteroniche prodezze, meglio se di fronte a una telecamera.
Solidarietà a Greta Beccaglia, collega che, come tante altre ragazze, donne e professioniste, si è trovata umiliata e imbarazzata davanti a una telecamera e, presa alla sprovvista, si è trovata, da vittima, a dire “Scusami, non puoi fare questo, mi dispiace”. Perché dobbiamo essere molestate, denigrate, umiliate e poi siamo noi a doverci scusare e a trovarci a dire che ci dispiace? Perché non dobbiamo prendercela?
Elisa Ghidini