La lotta all’inquinamento da azoto si intensifica con una storica sentenza nei Paesi Bassi, dove il tribunale dell’Aja ha accolto le accuse di Greenpeace contro il governo per il mancato rispetto delle normative ambientali. La decisione obbliga lo Stato a intervenire sugli allevamenti intensivi, responsabili principali delle emissioni di azoto, per salvaguardare gli ecosistemi naturali. Questo caso, che potrebbe fare scuola a livello europeo, solleva importanti interrogativi anche per l’Italia, dove gli eccessivi carichi di azoto rappresentano una minaccia per ambiente e salute pubblica.
Una sentenza storica per l’ambiente
Il governo dei Paesi Bassi dovrà attuare misure decisive per limitare l’impatto degli allevamenti intensivi sull’ambiente entro il 2030. Questo è quanto stabilito dal tribunale dell’Aja, che ha accolto la causa di Greenpeace Olanda contro lo Stato, accusato di non aver rispettato le normative ambientali e di aver contribuito al deterioramento degli habitat naturali.
La sentenza, emessa il 22 gennaio, obbliga le autorità a garantire che almeno metà delle aree naturali sensibili alle emissioni di azoto siano al di sotto dei livelli critici entro cinque anni, pena una sanzione di 10 milioni di euro in favore dell’organizzazione ambientalista.
Tagli ai fondi e mancanza di strategie
Uno degli aspetti più contestati è stato il drastico ridimensionamento del piano per la riduzione delle emissioni di azoto. Il precedente governo olandese aveva stanziato oltre 24 miliardi di euro per affrontare il problema, ma l’attuale esecutivo, guidato da una coalizione di destra, ha ridotto il budget a soli 5 miliardi.
Questa decisione, secondo i giudici, rappresenta un passo indietro nella lotta contro l’inquinamento, nonché una violazione degli impegni precedentemente presi per proteggere l’ambiente e la biodiversità.
Affinché ci sia una vera e sostanziale diminuzione di inquinamento da azoto, il Governo deve uniformarsi a ciò che dice la legge: questo vuol dire che è necessario proteggere il 40% di tutte le “sostanze sensibili all’azoto” entro il 2025. Il focus sugli allevamenti intensivi in Olanda arriva pochi giorni dopo la sentenza dell’Aja, del 22 gennaio, sull’inquinamento da azoto e la riduzione forzata imposta al Governo.
L’Olanda come monito per l’Italia e l’Europa
La vicenda olandese potrebbe avere ripercussioni significative anche in altri Paesi europei. L’eccessivo carico di azoto nei territori italiani, dovuto principalmente agli allevamenti intensivi, ha già portato a una procedura di infrazione.
In regioni come la Lombardia, il 40% dei comuni situati in aree vulnerabili ai nitrati superano i limiti consentiti, compromettendo gravemente la qualità delle acque e degli ecosistemi locali.
L’impatto delle emissioni di azoto sull’ambiente è devastante. Secondo i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’azoto contribuisce in modo significativo al riscaldamento globale, generando gas serra con un potenziale di riscaldamento molto superiore alla CO2.
Gli allevamenti intensivi, responsabili di circa il 12-17% delle emissioni totali di gas serra nell’Unione Europea, giocano un ruolo centrale in questo fenomeno. Inoltre, la produzione di ammoniaca derivante da questi allevamenti non solo impoverisce la fertilità del suolo, ma favorisce l’eutrofizzazione, un processo che altera gli ecosistemi e riduce drasticamente la biodiversità.
L’impatto sulla salute umana
Le conseguenze dell’inquinamento, da allevamenti intensivi e non, non si limitano all’ambiente. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), le emissioni di azoto hanno effetti diretti sulla salute umana, causando malattie come diabete, ictus e asma.
Nel 2021, nell’Unione Europea, si stima che oltre 52.000 persone siano decedute a causa dell’inquinamento atmosferico da azoto. L’eutrofizzazione, inoltre, può liberare sostanze tossiche che favoriscono la proliferazione di cellule tumorali e altre patologie gravi.
La sentenza olandese sottolinea l’urgenza di un cambiamento sistemico. Greenpeace ha evidenziato la necessità di sostenere le aziende agricole nella transizione verso pratiche più sostenibili che proteggano l’ambiente e le comunità locali che vivono in quegli stessi territori. Greenpeace pone anche l’accento sulla sopravvivenza di tutte quelle comunità agricole che oggi devono fare i conti con un “modello insostenibile”.
L’Olanda, pur essendo un piccolo Paese, è tra i maggiori esportatori di prodotti agricoli al mondo, il che rende la sfida particolarmente complessa ma cruciale.
La lotta di Greenpeace Olanda rappresenta un esempio di come la pressione legale possa spingere i governi ad agire in difesa dell’ambiente. Questa battaglia non dovrebbe essere necessaria per far rispettare leggi già in vigore. Per l’Italia e altri Paesi europei, il caso olandese è un chiaro segnale dell’urgenza di adottare politiche più stringenti e rispettare gli impegni ambientali internazionali. Solo così sarà possibile preservare la biodiversità, proteggere la salute umana e garantire un futuro sostenibile.