Secondo un nuovo report di Greenpeace Italia, una parte significativa dei fondi erogati dall’Unione europea per la zootecnia finisce per finanziare pratiche agricole dannose per l’ambiente, in particolare in Lombardia, una delle regioni italiane più colpite dall’inquinamento da azoto. L’associazione ambientalista ha denunciato come il 40% dei contributi europei destinati a quest’area finisca in realtà ad aziende situate in comuni già fuori legge per le concentrazioni di azoto nei terreni e nelle acque. Questo fenomeno, secondo Greenpeace, contribuisce a perpetuare un modello agricolo insostenibile, che non solo danneggia l’ambiente, ma mette a rischio anche la salute dei cittadini e degli animali.
Il problema dell’azoto e dell’inquinamento agricolo
L’inquinamento da azoto è una questione che affligge molte zone agricole, in particolare quelle dove si praticano allevamenti intensivi. Le deiezioni animali, ricche di azoto, sono usate come fertilizzanti per i terreni, ma in eccesso queste sostanze diventano tossiche e inquinanti. L’azoto in eccesso può contaminare le acque sotterranee, i fiumi e i laghi, e favorire fenomeni di eutrofizzazione, in cui la proliferazione di microalghe sottrae ossigeno agli altri organismi, danneggiando l’intero ecosistema.
Le zone a più alta concentrazione di allevamenti intensivi sono quelle dove si riscontra una maggiore incidenza di questi fenomeni. Ma ciò che rende ancora più preoccupante la situazione è l’utilizzo di fondi pubblici per finanziare attività agricole che continuano a produrre questi danni. Greenpeace ha sollevato la questione dei fondi dell’Ue che, invece di essere destinati a incentivare la riduzione dell’inquinamento, vanno ad alimentare un modello di agricoltura industriale che ha già superato i limiti imposti dalla legge.
Lombardia, il cuore del problema
La Lombardia è una delle regioni italiane più colpite da questo problema. Secondo il report, nel 2023 ben il 40% dei fondi destinati alla zootecnia in Lombardia è finito a aziende situate in comuni che già superano i limiti di azoto imposti dalle normative ambientali. Nonostante gli sforzi dell’Unione europea per ridurre le emissioni di azoto nei terreni entro il 2030, in Lombardia la situazione non è migliorata: il numero di comuni non in regola è rimasto costante negli ultimi sei anni, con un totale di 165 comuni che non rispettano i limiti di legge.
Questi comuni continuano a registrare picchi di nitrati che vanno ben oltre la soglia di sicurezza per l’ambiente, con alcune aree che superano i 700 kg di azoto per ettaro all’anno. Greenpeace sottolinea che questo modello è insostenibile e che i finanziamenti pubblici dovrebbero essere indirizzati verso pratiche agricole più ecologiche e responsabili, che non continuino a sovraccaricare i terreni e le acque di sostanze tossiche.
Le contraddizioni del sistema
Il sistema attuale dei fondi pubblici, secondo Greenpeace, sta alimentando una contraddizione profonda: mentre l’Unione europea promuove politiche ambientali più severe per ridurre l’inquinamento da azoto, i contributi destinati alla zootecnia vanno a finanziare proprio le aziende che contribuiscono a questo problema. In altre parole, i fondi pubblici continuano a supportare un sistema che danneggia l’ambiente, invece di promuovere la transizione verso pratiche agricole più sostenibili.
Greenpeace chiede che i fondi pubblici siano ridistribuiti in modo tale da premiare quelle aziende che aderiscono a pratiche agricole che rispettano l’ambiente. Inoltre, l’associazione richiede che i finanziamenti vengano utilizzati per mitigare l’inquinamento nelle aree critiche, incentivando la transizione ecologica degli allevamenti intensivi e favorendo le piccole aziende agricole che operano in modo più sostenibile.
La proposta di legge per una zootecnia più sostenibile
In risposta a questa situazione, Greenpeace, insieme ad altre organizzazioni come WWF Italia, Lipu, Terra! e Isde Medici per l’Ambiente, ha contribuito alla stesura di una proposta di legge che è stata presentata alla Camera dei deputati il 6 marzo 2023. La proposta di legge, che ha ricevuto il sostegno di 23 parlamentari provenienti da diversi schieramenti politici, mira a promuovere una transizione ecologica della zootecnia.
Tra le principali misure proposte c’è quella di destinare fondi per la conversione degli allevamenti intensivi esistenti, con una moratoria per l’apertura di nuovi impianti. Inoltre, si prevede di sostenere le piccole aziende agricole che operano in modo più ecologico, favorendo una produzione più diversificata e meno impattante sull’ambiente.
Secondo i dati riportati nel preambolo della proposta di legge, l’80% dei fondi UE destinati alla zootecnia va a supportare il 20% delle aziende agricole più grandi, mentre le piccole imprese continuano a essere penalizzate. Questo squilibrio ha portato a un crollo delle piccole aziende agricole: tra il 2004 e il 2016, circa 320.000 aziende hanno cessato l’attività, con un calo del 38% delle piccole aziende, a fronte di un aumento delle grandi.
Le dichiarazioni dei promotori della legge
Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la difesa dell’ambiente, ha sottolineato che la proposta di legge rappresenta un passo necessario per onorare gli impegni presi a livello internazionale, in particolare quelli legati alla protezione dell’ambiente e alla sostenibilità agricola. “È il momento di agire – ha dichiarato Brambilla – non possiamo più rimandare questa discussione, che riguarda il futuro del nostro pianeta e delle future generazioni”.
Anche l’ex ministro all’Ambiente Sergio Costa (M5S) e gli esponenti di Forza Italia, tra cui Rita Dalla Chiesa e Deborah Bergamini, hanno sottoscritto la proposta, segnalando che la sostenibilità agricola è un tema che richiede un approccio trasversale e che non può più essere ignorato.
Il report di Greenpeace solleva una questione fondamentale: i fondi pubblici destinati alla zootecnia non dovrebbero continuare a finanziare un sistema che contribuisce in modo significativo all’inquinamento da azoto. È necessario un cambio di paradigma, che favorisca un modello agricolo più sostenibile e rispettoso dell’ambiente, con un maggiore supporto alle piccole aziende agricole e una gestione più attenta dei fondi pubblici. Solo in questo modo si potrà evitare di perpetuare un sistema che, oltre a danneggiare la salute dell’ambiente, mette in pericolo anche quella delle persone.