Dopo il trionfo agli Oscar, Green Book fa il pieno di consenso nelle sale cinematografiche. La pellicola di Peter Farrelly, che ha stravolto Hollywood, superando Roma di Alfonso Cuaron, porta in scena un tratto dell’America segregazionista sotto una luce inedita, dove il ritmo del viaggio diventa un tempo determinato, per osservare un continente in trasformazione, nonostante le sue enormi contraddizioni.
Abbiamo avuto modo di conoscere la storia del film: Un celebre e prestigioso pianista afro-americano, ingaggia un buttafuori italo-americano rozzo e arrogante, come autista per il suo tour all’interno degli stati del Sud. Tutti sappiamo quanto era difficile la situazione per i neri, durante il periodo della segregazione razziale negli stati definiti “unionisti”; la divisione razziale era una componente basilare di ogni contrapposizione, anche artistica.
Tanti furono gli artisti che dovettero inventare stratagemmi, per passare sani e salvi in quegli stati; è emblematico il caso di un giovane Ray Robinson alias Charles il quale, per avere i primi ingaggi, doveva presentarsi come musicista country.
La particolarità del film sta proprio nel rapporto che s’instaura tra due mondi opposti, come quelli dei due personaggi, il cui ruolo sociale viene capovolto, alla mercé di una futura decodificazione semantica di un continente sempre diverso a se stesso.
Quello che forse molti non sapevano è la storia di questo Green Book.
Si tratta di un manuale per la sicurezza, rivolta agli automobilisti di colore.
“Green Book, for negro motorist for vacation without aggravation”: questo è il titolo della celebre “guida salvavita” scritto nel 1936 da Victor Hugo Green e pubblicato fino al 1966, durante un periodo che vide l’ennesima, tragica ondata di violenza verso le comunità afro-americane, grazie anche alla copertura e protezione da parte della polizia e della politica interna.
La vera storia del Green Book
Nel film, come nella realtà, un cittadino di colore che doveva recarsi in qualche stato del Sud, doveva avere con sé questa guida il cui sottotitolo è abbastanza esplicito: “Per automobilisti negri per vacanze senza seccature”.
A parte la terminologia che definisce “seccature” una possibile aggressione razzista, che spesso sfociava nell’omicidio, il Green Book segnalava i vari luoghi; motel, ristoranti e pompe di benzina dove gli afroamericani non sarebbero stati discriminati.
La storia del Green Book è uno dei simboli di una storia americana che viaggia in parallelo, tra industrializzazione, diritti civili e isolazionismo culturale, la prima edizione della quale era un semplice fascicoletto di 16 pagine, diffuso nella sola area metropolitana di New York, per poi arrivare a coprire, l’anno successivo tutti gli Stati Uniti, con una tiratura di 120 pagine.
Una guida a suo modo interattiva; una probabile pioniera dell’odierno Lonely Planet dove, per ogni paragrafo, venivano specificate le informazioni dettagliate sui vari hotel, case vacanza, ristoranti, riservati ai neri. All’interno del Green book compariva una sezione dedicata alle valutazioni e recensioni degli alloggi visitati ed era possibile indicare nome e indirizzo di altre eventuali strutture scoperte durante il viaggio.
Il Green Book era una guida completa in tutti i suoi punti: nell’ultima pagina per esempio era possibile trovare suggerimenti su come proteggere la casa dai ladri durante la propria assenza come; comunicare ai vicini la propria assenza o sospendere la consegna di latte e giornali.
Il libro restò in vigore per 40 anni, fino all’approvazione del Civil Rights Act , ossia la legge del 1964 di John Fitzgerald Kennedy, che dichiarò illegale la segregazione razziale nelle scuole, sul posto di lavoro e nelle strutture pubbliche.
Pur trattandosi di uno strumento che aiutò realmente gli afro-americani a evitare comportamenti discriminatori, il Green Book resta anche uno dei simboli di un periodo oscuro, quando era “normale” per un nero non poter bere da una stessa fontanella pubblica, così come il dare una descrizione ufficiale di ciò che un nero “poteva o non poteva fare” diventando un pezzo di storia da conoscere, sfogliare e comprendere la drammaticità di tale contraddizione.
Fausto Bisantis