Qualche giorno fa il Primo Ministro Kyriakos Mitsotakis ha annunciato che la Grecia è uscita dalla crisi economica e ha ottenuto lo stop del controllo capitali da parte dell’Unione Europea.
Dopo i festeggiamenti mediatici del nuovo leader politico greco, Mitsotakis ha incontrato Emmanuel Macron e Angela Merkel per convincerli che il nuovo governo è determinato a perseguire tutte le riforme e raggiungere gli obiettivi fiscali preposti.
Limitando lo sguardo ad alcuni dati macroeconomici del Paese, la dichiarazione potrebbe essere parzialmente vera, ma ci sono anche altri aspetti da tenere in considerazione.
L’altra faccia della Grecia
La possibilità che un governo appena formato riesca a uscire da una situazione problematica come quella della crisi greca è decisamente utopica. Forse è più facile ammettere, che il criticato Alexis Tsipras, predecessore di Mitsotakis, nonostante l’attuazione dei dettami della Troika e i numerosi errori di gestione relativa agli impegni col proprio elettorato, sia stato il reale fautore dell’uscita dal baratro economico greco.
Eppure, nonostante le dichiarazioni, i dati del Paese non sembrano così rassicuranti. Secondo la Hellenic Statistical Authority in riferimento all’anno 2018, la disoccupazione è al 19.3% (e quella giovanile al 32.3%), mentre il rischio di povertà ed esclusione sociale è al 31.8%. In più, gli indicatori sulla mortalità infantile, sul tasso di suicidi e sulle patologie mentali rimangono preoccupanti.
Se Tsipras è uscito sconfitto alle ultime elezioni, per i greci, un motivo c’è.
L’opinione dei greci non interessa a nessuno
Il politologo Antonis Bravos dell’Università Aristotele di Salonicco esprime un giudizio decisamente aspro riguardo alla situazione politica del Paese: «La Grecia non è uscita dalla crisi». Aggiunge guardando il panorama quotidiano di Salonicco, una delle più grandi città della Grecia, che:
Non importa cosa dicono i numeri, ma quello che vedi uscendo in strada. In generale, non sono molto ottimista per due ragioni: la prima, è perché il governo è obbligato a sottostare alle richieste dell’Unione Europea, senza nessun tipo di obiezione. La seconda, perché i personaggi protagonisti dell’andamento politico greco sono sempre gli stessi: le persone che hanno creato la crisi sono le stesse che promettono di risolverla.
Infine, rispetto all’alternanza di governo della famiglia Mitsotakis, Papandreou e Karamanlis nell’ultimo secolo: «Come puoi dire che qualcosa è cambiato o cambierà quando i politici che vengono eletti sono appartenenti sempre a quelle due o tre famiglie, che hanno governato la Grecia negli ultimi settant’anni?»
Mitsotakis e l’adunata degli investitori
L’operazione auto-celebrativa avviata da Mitsotakis nei confronti di un Paese che ha sofferto l’imposizione della Troika fino all’anno scorso (con i conseguenti strascichi e probabili vantaggi per la BCE) potrebbe rappresentare solo uno specchio per quelle allodole che siedono ai vertici della Commissione Europea: in primis Francia e Germania. Se da un lato c’è la rivendicazione di aver salvato un Paese in solo un mese di mandato, dall’altro c’è l’obiettivo di fare una buona impressione per convincere gli Stati stranieri a investire su un territorio che ha disperato bisogno di aziende.
In particolare, gli investimenti energetici rappresenteranno uno sbocco globale per la recessione (in Grecia, come in altri Paesi), portando presumibilmente al prossimo boom dell’economia mondiale.
Quindi la soluzione di Mitsotakis è chiara: puntare su uno sviluppo energetico alternativo e convincere i Paesi stranieri che la Grecia è in grado di supportarlo. Ma il punto è che non bastano delle trattative tra leader per incoraggiare un tale investimento economico: l’ultima parola spetta alle aziende.
La difficile svolta green ellenica
E quali possibili scenari possono aprirsi su una Grecia che ha appena cambiato governo e che presenta delle problematiche, per esempio sull’energia, ancora irrisolte? Per creare un giusto ambiente e attrarre investimenti economici esteri e locali, la soluzione è quella di avvicinarsi a una politica ecosostenibile. Questione che rimane difficile visto il declino inarrestabile della compagnia di energia elettrica statale, la PPC (Public Power Corporation S.A.). Nonostante le politiche del Ministro dell’Ambiente e dell’Energia, Konstantinos Hatzidakis non è riuscito a evitare l’investimento di impianti di lignite a Tolemaide, che costerà 1.5 miliardi di euro: non proprio una scelta allettante per le aziende internazionali, che a oggi, puntano quasi esclusivamente alle energie alternative. Insomma: i problemi sul tavolo sono tanti, ma Mitsotakis punta a sottolineare gli sforzi della Grecia per creare un giusto contesto economico e riportare in auge un Paese martoriato dalle politiche europee.
La domanda, alla fine, resta: vista la timida crescita del PIL (stimato da ELSTAT del +1.9% per il 2019, grazie a commercio con l’estero e investimenti stranieri) e ascoltata la voce dell’opinione pubblica (espressa proprio con il voto a Mitsotakis), si può davvero dire che la Grecia sia uscita dalla crisi?
Anya Baglioni