Great Nnachi è stata nominata Alfiere della Repubblica per i suoi meriti sportivi, eppure per lo Stato non ha diritto alla cittadinanza italiana
Great Nnachi è una ragazza di 17 anni, nata a Torino dove attualmente vive. Nomen omen, è un talento dell’atletica e campionessa nel salto con l’asta. Ha ottenuto le migliori prestazioni nella categoria under 16, oltre a vantare una serie di primati nella sua disciplina. Chiunque la conosca conferma la sua unicità non solo a livello sportivo, bensì anche umano. E basta ascoltarla per venti secondi per essere travolti dal suo carisma. L’allenatore Luciano Gemello del Cus di Torino racconta dell’abbagliante incontro con un luccichio negli occhi, quello di chi sa di aver trovato un diamante grezzo, una pietra preziosa dal primo sguardo. Lui l’ha spinta a provare questa disciplina, della quale lei si è subito innamorata perché, racconta in un’intervista a Le Iene di qualche anno fa:
Quando corro non penso a niente, e poi saltare è come voltare.
Le sue doti non possono passare inosservate, e Great Nnachi ha ottenuto il titolo di Alfiere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella, con la seguente motivazione:
Per le sue qualità di atleta, affinate pur tra difficoltà, e per la disponibilità che mostra nell’aiutare i compagni e nel collaborare alla formazione e all’allenamento dei più piccoli.
Difficoltà sì, perché Great è la migliore nonostante non abbia la possibilità di gareggiare con atlete sue pari, perché per quanto sia nata e cresciuta in Italia, nonostante i suoi genitori ci vivano da 25 anni, nonostante sia stata nominata Alfiere della Repubblica Italiana appunto, Great non è considerata dalla Stato cittadina italiana.
I genitori della campionessa sono infatti nigeriani, e per la legge italiana, Great non potrà ottenere la cittadinanza fino al compimento del diciottesimo anno d’età. Anche se gareggia e vince per l’Italia, ci è cresciuta, ci studia, si immagina un futuro qui.
Cittadinanza a 18 anni, e nel frattempo?
Great l’anno prossimo compirà 18 anni, potrà finalmente richiedere la cittadinanza italiana e magari gareggiare con la maglia Azzurra alle prossime Olimpiadi. Cosa si è persa, però, nel mentre? Quello che tutti gli atleti e le atlete suoi pari fanno, quello di cui lo sport si nutre, perché il talento è solo il punto di partenza; l’allenamento, la possibilità di gareggiare e competere con suoi pari, perché solo così si ha la possibilità di crescere, di migliorarsi. Great ha sacrificato tutto ciò in nome di una legge che dovrebbe sancire ciò che è già realtà; la cittadinanza a Great Nnachi manca solo sulla carta, è già a tutti gli effetti una cittadina italiana, al di là dei meriti sportivi o delle medaglie al valore, e non perché se l’è meritata, perché ha spento un po’ della sua luce per far brillare anche gli altri, ma perché in Italia ci è nata, ci è cresciuta, ci studia.
Gli invisibili senza patria
E nonostante a Great sia ormai stata negata la possibilità di mettersi in gioco, di sbocciare come tutti gli altri, il suo talento le ha offerto la possibilità di essere visibile, di uscire dall’anonimato; ciò che invece non è offerto ai milioni di bambini e ragazzi che si trovano nella sua stessa condizione. Gli invisibili senza patria, che pur nascendo qui in Italia, lo Stato dimentica, offuscandoli, proprio nell’età più importante, quella della formazione e dello sviluppo della propria personalità. Come se a 18 anni poi magicamente si acquisisse il diritto di essere visti, per la prima volta, a scapito di ciò che ha significato essere invisibili fino ad allora. Perché, in Italia, un problema è tale solo quando c’è di mezzo un tornaconto? Se Great non avesse avuto il talento che ha, se il suo allenatore non l’avesse vista in mezzo a tanti, staremmo qui a parlarne? Ecco solo alcune delle ragioni per le quali la legge dovrebbe semplicemente prendere atto di ciò che è già una realtà. Prima che sia troppo tardi.
Carmen Alfano