“I ragazzi imitano i personaggi. Preoccupiamoci degli effetti che hanno sulla società”. Tocca un tasto dolente Nicola Gratteri, Procuratore di Catanzaro, durante la presentazione del suo ultimo libro “Fiumi d’oro”.
Il successo delle fiction che trattano di Cosa Nostra come fosse un comune argomento per intrattenere il pubblico, è ormai dilagante e la preoccupazione di quelle che possano essere le conseguenze, a meno che non si parli di dati Auditel, sembra non interessare minimamente produttori e registi. Il procuratore Gratteri risponde con preoccupazione alla domanda del giornalista de “Il Fatto Quotidiano” relativamente a quella che potrebbe essere definita una problematica:
“Chi produce, chi scrive si deve preoccupare di quello che è l’effetto sulla collettività. Non voglio assolutamente polemizzare con nessuno e non parlo mai di cose specifiche. Dico che la cinematografia e la televisione fanno arte e non mi metto a disquisire su questo. Il senso dei film, dei docufilm e dei libri è quello di educare. Se davanti alle scuole vediamo dei ragazzi che si muovono, si vestono e usano le stesse espressioni degli attori e dei personaggi di questi film che trasmettono violenza su violenza, mi pare che il messaggio non sia positivo. Bisogna riportare parte di ciò che accade nelle mafie, però dobbiamo all’interno dello stesso film o libro inserire qualcosa di alternativo, un messaggio che questi non sono invincibili e forti”.
È innegabile che il dramma mafioso, sia dal punto di vista televisivo, che da quello editoriale, in Italia funzioni; tendenzialmente la famiglia mafiosa o la cosca è l’antagonista e il tentativo degli autori è quasi sempre, quello di presentare la mafia come il cancro della società. Bisognerebbe però chiedersi se il messaggio venga recepito correttamente dai nostri giovani. Secondo il parere di Gratteri, non ci si pone abbastanza tale quesito o forse non ce lo si pone per niente. Omicidi, violenza, affari del mal potere che risolve ogni cosa con un colpo di pistola e dulcis in fundo ritroviamo la figura del boss, il potente che tutti rispettano e temono: è indiscutibile quella dose di fascino che il potere assoluto, se pur mafioso, conserva dai tempi antichi. Ed è proprio questo che andrebbe tenuto maggiormente d’occhio: soprattutto il suo effetto sui giovani più deboli, quelli che per scherzare dicono “meglio Riina di Schirò”. Siamo proprio sicuri che sia tutto uno scherzo?
Anna Lattanzi