Di Susanna Schimperna
Tra integratori e cibi light, perennemente affamati – Mangiare troppo e male nasce dalla curiosa idea che se non ci controllassimo diventeremmo obesi – Non abbiamo bisogno di consigli dietologici e sforzi: basta mangiare solo quando abbiamo fame e solo quello che ci pare (e piace).
Dovrebbe essere evidente quello che intendo dire con l’affermazione «non siamo capaci di nutrirci fisicamente». Ma dato che ormai è giusto dubitare dell’esistenza di un sistema di riferimento comune, perché l’osservazione della realtà è stata ormai sostituita da una quantità quasi insopportabile di informazioni sui fatti tanto allarmistiche quando contraddittorie, sarà il caso di spiegare l’ovvio.
Crescono le persone sovrappeso, i nutrizionisti, i dietologi e le diete. Arginato con la proibizione l’uso di farmaci anoressizzanti a base di anfetamine, si comprano medicinali e preparati di ogni genere che sotto la dicitura generica di “integratori” possono contenere il nulla o principii attivi fin troppo attivi, dunque dannosi. Il giro d’affari intorno a questi integratori è pazzesco, ma pazzesca è anche la speculazione sui cibi light, che intanto non è detto non facciano male (molti ricercatori sarebbero pronti a giurare che sono dannosi se solo qualcuno si degnasse di interpellarli), a causa dei processi di lavorazione necessari a togliere quanti più grassi possibile, ma contravvengono alla più elementare delle regole di sopravvivenza: non sprecare risorse.
Qual è in senso di abboffarsi per calmare la sensazione di fame, quando con una piccola quantità di un alimento “ricco” la calmeremmo prima, di sicuro, con molto più gusto, senza dilatarci lo stomaco e risparmiando risorse? Ma che orrore il pane casareccio, il burro, l’olio d’oliva, il parmigiano, i fagioli, le banane, la cioccolata. Ingrassano. Quindi sono banditi. E giù con i formaggi light di cui invece che trenta grammi mangi due etti, con la soia che è salatissima e quindi alza la pressione (ma ora c’è anche la soia a basso contenuto di sale: costa solo un bel po’ di più), con le gallette leggere come piume, con lo yogurt magro, sempre più magro, praticamente inutile anche mangiarlo. Quanto lavoro impiegato per sottrarre invece che arricchire. Per creare cibi finti, a cui il sapore, pure quello, deve essere aggiunto dopo. Lavoro, tempo, denaro, materie prime. Un costo pazzesco che paghiamo tutti per avere l’illusione che possiamo riempirci la pancia senza che questo ingombro interno si trasformi in massa visibile. Ma è più importante riempirci la pancia o assaporare un cibo gustoso e nutrirci veramente? Una cosa a cui non si pensa mai è che noi siamo perfettamente in grado di autoregolare la nostra alimentazione, senza bisogno di alcun consiglio dietologico o sforzo.
Essere golosi non c’entra niente. Non colpevolizziamoci perché ci piacciono la pizza e il gelato: la golosità è pure lei perfettamente naturale. Il punto è che se non fossimo vittime dell’assurda idea che lasciati liberi di mangiare a volontà arriveremmo a pesare trecento chili, ci accorgeremmo che non tutti i giorni abbiamo voglia di supplì, che ogni tanto non abbiamo proprio desiderio di mangiare e altre volte invece avvertiamo il bisogno di strafogarci. Quel mito suonante e deambulante che si chiama Keith Richards, dei Rolling Stones, nella sua autobiografia ha raccontato che per tutta la vita non ha mai seguito pasti regolari, ma ha mangiato soltanto quando sentiva i morsi della fame ed esclusivamente quello che gli andava di mangiare. Da vegetariana posso inorridire, ma è indubbio che i chili di salsicce che si cucinava in piena notte non gli abbiano fatto male. E’ uno stecchino muscoloso, che ha ritmi insostenibili per la maggior parte dei trentenni, che spesso è rimasto senza dormire per tre o quattro giorni filati, che si è pure drogato con costanza e senza pentimenti da quando era ragazzo. Evidentemente fare quello che si vuole è l’unica armonia possibile. I bambini lo sanno per istinto e lo strillano con impudenza: «Faccio quello che mi pare e piace». E’ tutto qui il segreto: quello che ci piace è anche quello che vogliamo, ed è allo stesso tempo quello che ci fa bene. Ma chi può dire veramente cosa vuole e cosa gli piace? Questo è il punto. Solo questo.
Non ci salveranno dall’obesità le proibizioni e i divieti, lo scherno e la disapprovazione, la scomodità dei sedili degli aerei e delle case sempre più piccole. E’ inutile che un sindaco pensi di intervenire proibendo le confezioni giganti di popcorn e un ministro lanci la proposta di penalizzare gli obesi facendoli scivolare agli ultimi posti nella lista delle prenotazioni specialistiche ospedaliere. Che si tratti chi mangia troppo come un malato o un vizioso, e lui continuerà a mangiare troppo. Smetterà quando capirà, ma proprio profondamente, con il corpo prima che col ragionamento, che può mangiare quello che vuole e quanto e quando vuole. Ma niente altro. Il di più che fa star male e ingrassa nasce dalla tensione infinita tra quello che crediamo di volere e il dovere, tra l’immagine che abbiamo di noi stessi – deboli, inetti, indegni – e la necessità di allontanarcene. Il di più nasce dallo sforzo di controllarsi, quando non ce ne sarebbe necessità, no, non ce ne sarebbe alcuna, dato che a un certo punto quel cibo non ci va più, così, come dopo aver bevuto non abbiamo più sete. Indispensabile è non pensarci deboli e incapaci. A meno che non si abbiano gravi e rari difetti nel centro che controlla la fame, tutti noi sappiamo cosa mangiare e perdiamo il gusto di farlo quando la quantità ingerita è sufficiente. Siamo convinti di essere affetti da patologie psicologiche? Infatti è così. Ma si curano facendo, vivendo, sperimentando. Bisogno d’affetto, vuoti da riempire, conflitti coi genitori, complessi. Ma non è che queste piacevolezze spettino in esclusiva a chi si abboffa. Non cerchiamo scuse capaci solo di complicare e rendere più improbabile la soluzione. Cominciamo dalla fine, dall’abboffarsi. Poi, con molto più tempo ed energia a disposizione (e magari anche più soldi, sottratti a quello che diventerà materia fecale), affronteremo il resto. O magari non l’affronteremo, perché avremo altro a cui pensare. Perché allora rimandare puntualmente a domani la famosa dieta? Funziona anche per questo problema il “qui e ora”. Non essendo mai troppo presto per cominciare a godersela e a fare quello che ci pare e piace.