Con la fine dell’estate finisce anche il periodo di relativa pace per gli animali selvatici. In queste settimane ricomincia infatti la stagione di caccia nei paesi dell’Unione Europea con regole molto meno stringenti del passato, soprattutto per i grandi carnivori.
I grandi carnivori in Europa
Lo scorso anno la Commissione Europea ha dichiarato l’intenzione di indebolire le leggi a protezione dei lupi attualmente in vigore nel Continente. La mossa, strategicamente, è arrivata a pochi mesi dalle elezioni europee, nel tentativo di attirare i voti di allevatori, agricoltori e cacciatori sempre più critici sulle politiche green portate avanti a livello comunitario.
Al momento i lupi sono tra le sei specie di grandi carnivori protette in Europa insieme all’orso bruno, la lince europea, la lince pardina, il ghiottone e lo sciacallo dorato. In ogni paese europeo vive almeno una di queste specie.
Per assicurarne la sopravvivenza, in linea con gli obiettivi del Green Deal e della strategia per la biodiversità dell’Agenda 2030, gli stati membri sono obbligati a stabile un sistema di protezione dei grandi carnivori. L’uccisione deliberata e la cattura sono vietate, così come la distruzione delle tane e delle aree di accoppiamento. Grazie a queste regolamentazioni, il numero dei predatori è aumentato negli ultimi decenni e molti di essi non sono più a rischio immediato di estinzione.
Tuttavia, come ogni regolamento anche questo prevede le sue deroghe. L’articolo 16 della Direttiva Habitat prevede, sotto particolari condizioni, eccezioni a questi divieti. La deroga, però, deve essere concessa come ultima risorsa, dopo che soluzioni non cruente si sono rivelate inefficaci. Quest’ampia area grigia lascia agli stati membri grande discrezionalità e sono sempre più i paesi ad aprire la caccia ai grandi carnivori.
La strage degli orsi
Svezia e Romania sono i paesi ad aver concesso il più alto numero di deroghe alla protezione degli orsi. Il paese scandinavo ha concesso 486 autorizzazioni per uccidere altrettanti esemplari, il 20% della popolazione totale. Solo nel primo giorno della stagione di caccia ne sono stati uccisi 150. La Romania, che ospita il maggior numero di orsi in Europa, vuole abbatterne 500.
Le ragioni per tanta ostilità sono solo in parte di natura economica. I predatori attaccano il bestiame o distruggono i campi coltivati in cerca di cibo, e nonostante le soluzioni per evitarlo esistano e vengano messe in pratica da molti paesi, questo ha contribuito all’aumento dell’avversione verso gli animali.
A contribuire in misura ancora maggiore, però, sono gli attacchi alle persone. Riportati frequentemente dalla stampa e spesso decontestualizzati, hanno creato un vero e proprio panico ingiustificato. In Romania, nel corso di 20 anni, 26 persone sono morte in seguito all’attacco di un orso; nello stesso periodo di tempo, 45 mila hanno perso la vita a causa di un incidente stradale. Ciò significa che eliminare ogni causa di pericolo dalle vite degli esseri umani non solo è impossibile e inutile, ma non è mai davvero in cima alle priorità dei governi, se non quando si parla di animali selvatici.
Al lupo al lupo
La situazione per i lupi europei è ancora peggiore. La specie porta con sé un simbolismo culturale negativo che contribuisce alla sua stigmatizzazione. Il lupo è l’antagonista delle favole, il predatore per eccellenza, perfetto per scatenare reazioni emotive nelle popolazioni che ne condividono i territori.
È per una sorta di vendetta personale che la sua sorte è ora a rischio in Germania e in tutta Europa. Lo scorso anno Dolly, il pony di Ursula von der Leyen, è stato ucciso da un lupo, successivamente identificato. Le autorità tedesche hanno rigettato la richiesta di abbattimento della presidente sulla base delle leggi europee; portandola a invocare sulle sue pagine social un ridimensionamento delle stesse. E così la questione è finita a Bruxelles.
La modifica richiede il consenso unanime degli stati membri, ma 12 hanno votato per lasciare intatta la protezione dei lupi. L’Italia si è espressa a favore degli abbattimenti, ma anche la Francia, l’Olanda e la Svizzera stanno rendendo più semplice la caccia al lupo.
La biodiversità che si regola da sola
Le leggi a protezione degli animali selvatici sono riuscite, nel corso dei decenni, nel difficile compito di riportare animali ormai scomparsi nei loro habitat originari. Evitare l’estinzione di una specie è sempre una vittoria e porta con sé benefici per tutti.
Gli orsi contribuiscono alla riforestazione dei loro habitat spargendo i semi del loro cibo su vasti territori, restituendo alla natura ciò che hanno preso. Allo stesso tempo contribuiscono a tenere in equilibrio la vegetazione limitando le specie invasive. Quando i lupi scompaiono, i grandi erbivori possono radere al suolo vaste aree di vegetazione.
Nutrendosi di animali più piccoli, i grandi carnivori sono essenziali per tenere gli ecosistemi in ordine e bilanciati. Secondo alcuni studi questo contribuisce a limitare la diffusione di malattie pericolose per bestiame ed esseri umani. Al contrario, gli abbattimenti dei selvatici non proteggono gli animali da allevamento ma rischiano anzi l’effetto opposto: animali solitari, privati del proprio branco, possono avvicinarsi agli allevamenti con facilità e predare più aggressivamente.
La perdita di una specie causa all’ecosistema danni a cascata (cascata trofica) inimmaginabili per i non esperti. Per questo le leggi a tutela della natura dovrebbero essere pensate dagli scienziati e dibattute con obiettività e logica. Ma va davvero così?
La caccia è politica
Tradizione antica o pratica machista di dominio, la visione della caccia dipenderà probabilmente da dove si è nati. Si sta infatti allargando sempre più una spaccatura politica tra zone rurali e urbane, con le prime che accusano le seconde di imporre regole su ciò che non conoscono.
La caccia si inserisce così in quella narrazione anti elitaria di sfiducia nelle istituzioni, soprattutto in quelle transnazionali come l’Unione Europea. I partiti nazionali sfruttano questo sentimento per i propri fini, nutrendosi del malcontento per aumentare il proprio bacino elettorale.
Quella dei cacciatori è una minoranza (7 milioni in Europa, circa mezzo milione in Italia) molto rumorosa e da sempre coccolata dalla politica. Con l’affermarsi dei partiti populisti e di estrema destra anche l’Europa rischia di cadere sotto le pressioni delle lobby della caccia e degli allevamenti, con ripercussioni per tutti.
Eppure, un recente sondaggio commissionato dalla LAV (10.000 intervistati) mostra come, proprio nelle aree rurali, la stragrande maggioranza delle persone (76%) sia favorevole al mantenimento delle leggi di protezione dei grandi carnivori. Solo il 34% dichiara di temere per la presenza di orsi e lupi sul territorio mentre ben il 50% si sente insicuro a uscire nelle giornate di caccia. Quella dei cittadini terrorizzati dagli animali sembra quindi essere, in larga parte, un’invenzione di una certa politica per ingraziarsi una minoranza, potente, di elettori e gruppi di interesse.
Pratiche di convivenza
Cosa chiedono davvero i cittadini alle istituzioni? Dallo stesso sondaggio è risultato che il 74% degli intervistati non saprebbe cosa fare in caso di incontro con lupi e orsi; e il 63% esprime il desiderio di ricevere una specifica educazione sul comportamento dei grandi carnivori, sottolineando che capire come si comportano i lupi e gli orsi, e imparare a dissuaderli in modo sicuro in caso di incontro, contribuirebbe al loro senso di sicurezza.
I media vengono indicati come corresponsabili nella diffusione del panico, titoli sensazionalistici e dichiarazioni da “procurato allarme” dovrebbero essere sostituiti da informazioni scientifiche e buone pratiche per favorire la convivenza tra specie.
Allo stesso tempo, misure di protezione del bestiame non cruente esistono e vengono impiegate da secoli. Spaziano dalla costruzione di semplici recinti all’impiego di cani da guardiania come il Pastore Maremmano Abruzzese.
Salvare dall’estinzione i grandi carnivori è stato un enorme successo dell’Unione Europea e delle sue politiche comunitarie. Questo pericoloso cambio di rotta rischia di causare danni a cascata per tutti. In un periodo in cui si dovrebbe essere ancora più coraggiosi nel portare avanti politiche green, questo ritorno al passato sa di sconfitta. La piramide alimentare di cui noi crediamo di abitare la cima, in realtà è una rete fitta che ci collega tutti. Ognuno con il suo ruolo, ognuno fondamentale. Se non vogliamo assistere al suo sgretolamento, dobbiamo continuare a proteggere le altre specie dalla nostra. La più predatrice di tutte.