L’Esperienza del Grand Tour in mostra a Montepulciano

Canaletto, "Santa Maria della Salute dal Canal Grande", Gemäldegalerie, Berlino.

Il Grand Tour è forse il fenomeno culturale che ha segnato maggiormente il Settecento e l’Ottocento, rappresentando un momento imprescindibile nella formazione dei giovani di famiglia agiata o di qualsiasi aspirante artista o intellettuale d’Europa (e non solo), comune a tantissimi personaggi celebri e non.

Goethe, Dickens, William Turner, Jacques Louis-David, John Ruskin, ma anche personalità cronologicamente più vicine a noi, come Picasso o David Herbert Lawrence, sono rimaste affascinate parimenti dalle bellezze naturali ed artistiche dell’Italia. Gli artisti giungevano in città d’arte italiane come Roma, Firenze, Venezia, Siena, Parma e Ferrara per poter ammirare dal vivo e studiare i capolavori e maestri come Giotto, Raffaello, Michelangelo, Palladio, Bernini o Caravaggio; in un’epoca in cui la fotografia non esisteva e l’unica possibilità di poter vedere le opere d’arte site in altri paesi era attraverso illustrazioni, copie o descrizioni letterarie, il viaggio costituiva la migliore alternativa, se non l’unica. Ciò vale anche per la consultazione di opere letterarie e libri, non sempre e non tutti reperibili in un’edizione stampata acquistabile sul mercato librario, allora già molto florido e capillarmente diffuso grazie all’invenzione della stampa avvenuta verso la seconda metà del Quattrocento.

Grand Tour
Ettore Roesler Franz, “Piazza Barberini” (1880 circa).

Non solo arte: molti viaggiatori europei rimanevano estasiati dagli scorci naturali della campagna italiana, in particolar modo quella romana e toscana, che sono state oggetto di innumerevoli acquerelli e paesaggi di artisti come Salomon Corrodi o Ettore Roesler Franz, quest’ultimo autore della raccolta di paesaggi Roma Sparita, frutto del suo Grand Tour.

Il Grand Tour tuttavia era un viaggio che richiedeva grande programmazione e dettagliata organizzazione, oltre ad una disponibilità di fondi non indifferente: inoltre, i “touristi” erano sempre accompagnati da un servitore che provvedeva a portare tutto l’occorrente del padrone: carta, penne, inchiostro, colori, pennelli, matite. Nel baule da viaggio non potevano mancare oggetti di svago come scacchiere portatili, oltre alle guide utili per la visita delle città, del territorio e delle collezioni d’arte e di storia naturale, che nei secoli successivi si evolveranno in ciò che noi chiamiamo musei. Immancabili anche il bastone, un’utile arma di difesa, la farmacia portatile e tutto ciò che serviva al ricco e colto viaggiatore per apparire al meglio durante le sue tappe del Tour. L’importanza culturale che rivestì questa pratica nel nostro Paese è ben documentata dalla nascita del Vedutismo e dai lavori di Canaletto, le cui vedute su Venezia erano veri e propri souvenirs, richiestissimi dai viaggiatori che si recavano nella Serenissima (e quindi un fenomeno economico significativo), per non parlare del fiorire della letteratura artistica, cioè quelle opere letterarie il cui oggetto principale erano le descrizioni dei dipinti e delle opere d’arte italiane più famose.

Hermann Corrodi, “Villaggio di montagna sulla costa ligure”.

Questo mondo è messo sotto i riflettori nella mostra Montepulciano e la Città Eterna. Paesaggi e vedute dall’estetica del Grand Tour alla metà del XX secolo, visitabile dal 14 luglio al 7 ottobre, presso le sale del Museo Civico della Pinacoteca Crociani di Montepulciano e curata da Roberto Longi, affiancato da Renato Mammucari e Fabrizio Nevola, si concentra soprattutto sugli sguardi dei protagonisti del Grand Tour del XIX secolo su Roma, Montepulciano e i rispettivi contadi rurali che le circondavano, attraverso acquerelli, incisioni e disegni; ad arricchire questa documentazione artistica vi è la serie di oggetti usati dai nobili viaggiatori durante il Gran Tour, alcuni dei quali illustrati in precedenza, in modo da concretizzare, attraverso gli accessori e gli utensili quotidiani, l’importanza di un grande viaggio di formazione culturale quale era il Grand Tour.

Questa esperienza che nel secolo dei Lumi vide il massimo splendore e diffusione, per certi versi è avvicinabile ai moderni scambi culturali all’estero o al progetto Erasmus, con le dovute contestualizzazioni dei tempi: è tuttavia innegabile che l’idea del viaggio come occasione di arricchimento personale, che sia sotto l’aspetto culturale, professionale o “spirituale”, non sia affatto passata di moda, ma anzi abbia dato ampia dimostrazione nella realtà dei fatti, sia passati che presenti.

Barbara Milano

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