L’8 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale degli Oceani, istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare e aumentare il dibattito sulle condizioni dei nostri oceani.
Google decide di sfruttare le AI per analizzare uno dei fenomeni più misteriosi del mare: il canto delle balene.
È notizia quasi ormai quotidiana che l’ecosistema marino e le specie che vi abitano stanno affrontando mutamenti drastici a causa dell’inquinamento diretto e indiretto: rifiuti abbandonati in mare o sulle spiagge, sostanze nocive rilasciate da materiali tossici o dalle imbarcazioni.
Balene a tartarughe spiaggiate, ritrovate con chili di plastica nello stomaco. Barriere coralline distrutte o alterate sia dall’azione meccanica dei mezzi che lavorano nelle vicinanze sia dai turisti non consapevoli: sono solo alcuni degli aspetti che influenzano la condizione delle acque marine.
Senza pensare ai livelli di tossicità presenti nel pescato che quotidianamente finisce sulle nostre tavole. Il sashimi di tonno che ordiniamo dal giapponese di fiducia contiene solitamente 2 o 3 volte i livelli consentiti di metalli pesanti.
Da una lato, gran parte dell’informazione è volta a sensibilizzare il pubblico sull’impatto che i rifiuti da noi prodotti producono a livello di ecosistema marino e biodiverstà.
Dall’altro, l’intento delle campagne è quello di far riscoprire la bellezza del mondo sommerso.
Da qui nasce l’idea di Google di sfruttare le AI creando una piattaforma per studiare e condividere il canto delle balene. Il portale online si chiama “Pattern Radio: Whale Songs”.
Secondo Google “le AI possono risolvere problemi di vita quotidiana, dal sistema sanitario alle scoperte scientifiche”.
Ma non parliamo di uno strumento ad uso esclusivo di ricercatori e biologi marini, ma un vero e proprio database con migliaia di registrazioni, studiato per essere alla portata di tutti.
L’idea è quella di permettere al pubblico di fruire di 8000 ore di registrazioni sottomarine, prese tra il 2014 e il 2015 al largo delle coste delle Hawaii.
Non solo balene, ma anche delfini, altri pesci e rumori misteriosi che ancora non si riconoscono.
Google ha messo a disposizione i propri studi sulle AI, in collaborazione con il NOOA, l’agenzia fedele USA che si occupa di oceanografia, meteorologia e climatologia.
Lo studio e la condivisione comune potranno portare a capire come mai le megattere cantano e quale sia lo schema alla base dei loro suoni?
In qualsiasi momento gli utenti potranno condividere link a singoli spezzoni delle registrazioni, per analizzare in comunità rumori particolari o strani.
All’interno del sito, sono presenti tour virtuali guidati da oceanografici e biologi marini, pensati per chi vuole solo riscoprire la bellezza dei grossi cetacei e dei loro canti.
Come si legge sulla pagine di Google: “Riteniamo che le AI avranno il loro impatto maggiore quando tutti potranno utilizzarle ovunque e quando saranno costruite pensando al benessere collettivo”.
Chiara Nobis