In Italia lo conosciamo come “Alice: i giorni della droga”, e nel corso degli anni numerosi studenti delle scuole medie italiane sono incappati in brani di antologia tratti dal romanzo. Non tutti però sanno che esso è una bufala come poche.
Il romanzo “Go Ask Alice” fu pubblicato nel 1971, e fu un caso editoriale molto controverso, innanzitutto perché parecchi genitori conservatori si scandalizzarono per i temi troppo forti del libro. Si tratta del diario di una ragazza di quindici anni, ambientato negli Stati Uniti presumibilmente tra il 1968 e il 1970. Non conosceremo mai il nome dell’autrice del diario, anche se erroneamente molti le hanno attribuito il nome Alice, rifacendosi al titolo del libro. In realtà, il titolo allude ad un verso di “White Rabbit” dei Jefferson Airplane, una canzone del 1967 che parla di un trip di LSD.
L’autrice del diario è una ragazza molto insicura e con problemi ad accettare il suo corpo. Ben presto, la ragazza entra nel mondo della droga, inizialmente divertendosi, salvo poi pentirsi e tentare di uscirne. Il romanzo fu uno shock, e molti genitori iniziarono a protestare. Ma non furono solo i temi che precorrevano i tempi (droga, sesso, gravidanze giovanili, stupri) a gettare un’ombra sinistra sul diario.
“Go Ask Alice” fu pubblicato in forma anonima da una casa editrice americana, che sosteneva fosse “l’autentico diario di una ragazza reale scivolata nel tunnel della droga”. In realtà, dopo alcune ricerche sul copyright, emerse il nome di Beatrice Sparks: era lei la vera autrice del libro. Quest’ultima tentò di salvare il suo buon nome (sosteneva di essere una psicologa, anche se le sue credenziali non sono mai state verificate). E lo fece continuando a sostenere che l’autrice del diario fosse una sua paziente. Ma la sua dichiarazione faceva acqua da tutte le parti. Inoltre, tutti quelli che hanno letto il libro hanno trovato il linguaggio un po’ troppo pedante per una ragazzina di quindici anni. E poi parecchi dettagli stridevano tra di loro. Senza contare che l’autrice del diario era solo uno stereotipo: le classiche insicurezze dell’adolescenza, ma poi finiva tutto lì. Niente interessi e una personalità assai poco delineata.
Negli anni successivi al clamore di “Go Ask Alice”, altri falsi diari furono attribuiti alla Sparks. Essi presentavano adolescenti fatti con lo stampino: insicuri, con lo stesso gergo e numerosi problemi a rapportarsi con gli altri. Questi giovani erano alle prese con sette sataniche, AIDS, disturbi alimentari, gravidanze durante l’adolescenza. Immancabilmente, anche i diari successivi furono spacciati come storie vere. E Beatrice Sparks, morta nel 2012, è conosciuta come una vera bugiarda, nonostante le sue intenzioni fossero buone: voleva allontanare i giovani dalla “perdizione”. Tuttavia, la sedicente psicologa è riuscita a creare solo un mucchio di luoghi comuni.
Veronica Suaria