Globalizzazione: chi vince e chi perde la battaglia della pagnotta mondiale

Come mai Salvini e la Meloni, leader carismatici di partiti nazionalisti e populisti, hanno un successo crescente? Perché le loro invettive riescono contemporaneamente a consolare i perdenti della globalizzazione, le classi medie impoverite e a tutelare gli interessi dei vincenti, le classi ricche e i super ricchi, riuscendo a creare un fronte assurdo: un esercito di elettori formato paradossalmente da forze nemiche in sanguinario conflitto fra loro, così come sarebbe un partito composto dall’1% di lupi, minoranza dominante e dal 99% di pecore, maggioranza consenziente a essere divorata.

Salvini e la Meloni riescono nel miracolo strabiliante di convincere le pecore che i lupi siano altri (emigranti, zingari, musulmani, radical chic, comunisti col rolex, e via dicendo) mantenendo il gregge nell’inconsapevolezza del pericolo reale, provocato da chi ha già fatto tosare i loro impieghi, stipendi e portafogli, fra i quali i loro stessi partiti. Per mangiarsele meglio. In questo calcolo ci sono anche lupi sedicenti di sinistra, è chiaro.

Voi giustamente ribatterete che se questa mia favoletta fosse vera, sarebbe gioco facile per i leader del centrosinistra (ma dove si sono cacciati? Perché non ne emergono di nuovi?) suonare l’allarme e riportare le pecorelle smarrite al proprio ovile. No. La risposta sta tutta nel monito di Brecht: «Prima viene la pancia piena, poi la morale». La sinistra parla alla testa della gente, la destra alla sua pancia. E lo sa fare.
In Italia (ma lo stesso accade negli Usa, dove i democratici oggi sono più a destra dei repubblicani di vent’anni fa, eppure Trump ha vinto lo stesso) in Italia, dicevo, il centrosinistra, per sfuggire a questo andazzo, ha tentato goffamente di accarezzare la pancia degli elettori. Renzi, emulo di Berlusconi, ne è solo l’esempio più eclatante. Risultato? Un 5% striminzito del suo Italia Viva. Gli elettori, evidentemente, si fidano più degli originali che delle imitazioni.

Il centrosinistra dovrebbe scendere meno nelle viscere dell’elettorato, basterebbe fermarsi al cuore, con cui scaldare la testa assonnata della gente destandola dal letargo indotto dagli ipnotizzatori del marketing politico di Salvini. La cosiddetta “Bestia”.
I suoi leader, però, non ci riescono quasi mai. Con il cuore non ci sanno fare, forse perché l’hanno perduto. Così come noi, per colpa nostra, ci siamo fatti addomesticare, lasciandoci sedurre con la pancia da bisogni dispendiosi di cui, con la testa, oggi che ci siamo impoveriti scopriamo con certezza che non avevamo alcun vero bisogno.

A chi credere quindi? Da che parte stare? Personalmente (ma a voi che vi importa? Nulla, suppongo) riesco solo a dire da quale parte “non” stare. Non da quella di Trump, della Le Pen, di Viktor Orbán né dei leader sovranisti e populisti italiani. Non tanto perché non sono e non sarò mai di destra, neppure oggi che è politicamente oscuro che cosa ci sia di sinistra in Italia (se votassi negli Usa mi sarebbe più facile parteggiare per Bernie Sanders -per dire- nonostante i suoi 78 anni, un po’ troppi per un presidente). La verità è che prima di tutto mi schiero con la Conoscenza e non con l’imbonimento ipocrita di chi vede sempre nell’altro e mai in se stesso la causa di tutti i mali. Quindi, dandomi schiaffi sulle guance perché in letargo ci siamo finiti tutti, chi più chi meno, mi chiedo: com’è possibile che le pecore votino il lupo? Come mai non eleggono leader un esemplare della loro stessa specie? Una pecora dominante sarà sempre meglio di un lupo assassino, o no?
Per rispondere, torno alla domanda iniziale: perché il populismo ha un successo crescente? E mi rivolgo alla pancia, non alla morale, come sbagliando faccio spesso. La risposta della pancia ce la offrono i dati sugli effetti della globalizzazione. Cioè su chi ha vinto e chi ha perso la battaglia della pagnotta nel mondo.

Per fare la conoscenza di questo fenomeno ho consultato il più quotato economista mondiale in tema di disuguaglianza sociale, Branko Milanovic, che ha misurato scientificamente la nuova ingiustizia globale.
Il risultato (molti già lo sanno ma milioni di pecore ignoranti come la sottoscritta ne eravamo all’oscuro) è il seguente: i grandi vincitori della globalizzazione sono stati i poveri e le classi medie asiatiche. I grandi perdenti sono stati la classe media e quella media inferiore del mondo ricco occidentale, all’interno della quale si trova la maggioranza del popolo italiano. Quella che votava il lupo Berlusconi, per intenderci, e che oggi affida la sua speranza di riscossa in Salvini e la Meloni, lupi di un branco aggressivamente più a destra ancora. Rispetto ai tempi della “discesa in campo” dell’ex Cavaliere, evidentemente, gli italiani si sono maggiormente impoveriti, la fame aumenta e l’incazzatura è alle stelle. Ma le pecore sono rimaste pecore, i lupi, lupi. Non bisognerebbe mai dimenticarlo.

È un risultato assai singolare perché, trovandosi in affanno, queste classi impoverite dovrebbero semmai richiedere maggior “welfare”, appoggiare le forze sindacali, pretendere una ridistribuzione della ricchezza e combattere per riforme che assicurino più lavoro e una maggiore giustizia sociale. Invece si riparano sotto il mantello dei lupi: l’1% di ricchi, a loro volta protetti dall’ombrello di ferro della destra che storicamente difende gli interessi delle classi più agiate. Quella populista lo fa chiamando a raccolta il “popolo”, per il quale le loro invettive e grida sono come i flauti dei fachiri per i serpenti. In altre parole è come se i serpenti, incantati, sperassero di diventare fachiri.

Per il dovere che dobbiamo alla Conoscenza, privi della quale andremo sempre a cozzare contro le tristi scogliere dell’ignoranza, è opportuno ricordare che se la globalizzazione ha frenato la crescita dei redditi delle classi medie del mondo ricco, ha anche da una parte, in positivo, migliorato le condizioni dei paesi poveri (ma attenzione, soprattutto di quelle classi sociali asiatiche che erano già abbienti prima) e, in negativo, favorito l’esigua minoranza dei ricchi capobranco del mondo, in particolare dei lupissimi, l’1% dell’1% dei ricchi, cioè i 2208 miliardari in dollari, certificati dalla rivista Forbes nel 2018, che si stanno divorando per primi questo pianeta con tutto quello che c’è dentro. Compresa l’atomica che gli scoppierà in pancia e l’oceano che li sommergerà con tutte le loro banche, finanziarie e multinazionali. Magra consolazione, direte. Ma è già qualcosa.

A proposito, visto che ho sfiorato l’argomento clima, sapete come mai gli americani s’infischiano come Trump del riscaldamento globale? Ce lo spiega, dati alla mano, il più grande intellettuale vivente, Noam Chomsky. La ragione principale è la seguente: il 40% degli americani è fortemente convinto che nei prossimi anni Gesù Cristo tornerà sulla terra. Quindi è Lui a scaldare i mari, mica noi. Amen.
Ecco, non so chi voterò alle prossime elezioni, ma posso affermare con certezza assoluta che non mi schiererò mai con chi difende gli interessi dei miliardari e dei loro imbonitori, facendo credere a tutte le vittime che il lupo è buono e non le sbranerà. Perché la favola che oggi in Italia va per la maggiore è questa. Ma come dicevano i saggi pesci antichi, nostri antenati: quando l’esca è troppo luccicante, non abboccate, è veleno.

 

Diego Cugia
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