Glifosato indebolisce il sistema immunitario delle api
Il glifosato contribuisce indirettamente alla morte delle api. È questa la conclusione cui è giunto un nuovo studio condotto dall’Università di Austin, in Texas, in collaborazione con l’ Università hawaiana di Honolulu.
Secondo la ricerca, disponibile in versione completa sulla rivista PNAS, il glifosato causerebbe la morte di batteri che proteggono le api dalle infezioni.
Il glifosato, erbicida non selettivo, annienta i fiori selvatici di cui si nutrono le api. Finora si pensava che il diserbante fosse dannoso per le api soltanto per questo motivo.
Ma il nuovo studio evidenzia effetti meno evidenti e più gravi. L’erbicida è infatti in grado di alterare il microbiota intestinale delle api, provocando la diminuzione di 4 degli otto batteri buoni presenti nelle api e rendendole quindi più esposte all’attacco di microrganismi letali.
Le api parzialmente prive di batteri sono maggiormente soggette all’infezione di un patogeno opportunistico conosciuto con il nome scientifico di Serratia marcescens. Infatti, le api sane infettate con questo patogeno erano sopravvissute otto giorni dopo l’infezione mentre soltanto una minoranza di quelle esposte al glifosato era ancora viva.
Il glifosato rappresenta uno dei fattori che favorisce lo spopolamento degli alveari (colony collapse disorder) osservato in Europa, in America settentrionale e in altre aree del mondo. Le principali cause della moria delle api sono: alcuni classi d pesticidi, gli antibiotici, la perdita di habitat e le infezioni batteriche.
Gli autori dello studio auspicano quindi l’eliminazione o il limitato uso di questo diserbante sui fiori impollinati dalle api.
È tuttora in corso un controverso dibattito scientifico per stabilire la tossicità del glifosato sugli animali e sull’uomo. I pareri espressi sono molto discordanti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità inserisce infatti l’erbicida nell’elenco delle sostanze probabilmente cancerogene mentre l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) rassicura sul suo uso.
Nel 2017, l’Unione Europea ha autorizzato l’uso di questa sostanza per altri cinque anni e in molti Paesi, inclusa l’Italia, il suo utilizzo è soggetto a numerose restrizioni.
Alessia Cesarano