Gli Uccelli stanno tornando e sono agguerriti più di prima.
Il film divenuto manifesto di un linguaggio cinematografico a metà tra horror e thriller, e marchio di fabbrica del genio Alfred Hitchcock, è tornato ieri nelle sale in versione restaurata, ad opera della Cineteca di Bologna. L’opera del maestro inglese del Thriller è stata riportata a nuova vita, grazie al progetto “Il Cinema Ritrovato” per dare alle nuove generazioni la possibilità di immergersi, per una sera, all’interno di quella smisurata “fantasia apocalittica”, come l’ha definita il critico americano Jonathan Rosenbaum, di cui Hitchcock si nutriva, scavando in fondo alle ossessioni e alle visioni di un inconscio ricco di fascino, azione, adrenalina e naturalismo esoterico.
Tratto dall’omonimo romanzo di Daphne Du Maurier pubblicato nel 1953, Gli Uccelli esce nel 1963, consacrando una semisconosciuta Tippi Hedren a diventare una delle muse più caratteristiche del grande regista.
L’alternanza continua tra attacchi violenti e momenti di stasi, crea una dimensione emotiva inversamente dinamica: perciò se da un lato è possibile interpretare gli attacchi degli uccelli come una vendetta biblica dopo secoli di abusi, dall’altro Alfred Hitchcock sottopone lo spettatore a una propria riflessione sulla propria coscienza ambientale, la forza la paura di ciò che non conosce. Tutto è era motivato dal fatto che Hitchcock aveva già intuito il potenziale di attori non ancora divenute celebrità e che quindi non avrebbero avuto il tempo di rubare la scena ai veri protagonisti: ovvero Gli Uccelli.
In un certo è possibile definire Gli Uccelli come un film ambientalista, dove l’azione stessa dei volatili non viene proprio guidata, ma piuttosto è la macchina da presa a sfruttare i movimenti stessi dello stormo, veicolando in maniera discreta il volo in picchiata su di uno spazio che da umano diventa non luogo: non umano, non urbano, non vegetale; un altro mondo all’interno del quale non è detto che l’uomo ci dovrà far parte.
Fausto Bisantis