Gli insediamenti illegali in Palestina: un grave ostacolo alla Pace

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A seguito della decisione di Israele di costruire nuove unità abitative nella Cisgiordania occupata e la feroce irruzione nel campo profughi di Jenin che ha portato alla morte di sei palestinesi, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, chiede a Israele di fermare gli insediamenti illegali in Palestina: “Sono un grave ostacolo alla pace e una palese violazione del diritto internazionale”.

Gli insediamenti illegali in Palestina

Gli insediamenti illegali in Palestina non sono una certo una novità. Le prime unità abitative, note anche come “colonie israeliane”, sono state costruite nella seconda metà degli anni Sessanta, ma non sono mai state ufficialmente riconosciute dalla comunità internazionale. Questi insediamenti sono costruiti illegalmente da Israele sui territori contesi con la Palestina, cacciando i palestinesi dalle loro terre per poi creare delle colonie che possono ospitare solo ed esclusivamente persone israeliane. Intere comunità vengono sfollate, private di mezzi di sostentamento e delle loro proprietà dai militari israeliani, ma vengono spesso anche attaccate da altri coloni che, motivati da un vero e proprio odio etnico, danno man forte alle forze armate.

A seguito della decisione di Israele di costruire nuovi insediamenti, e dopo l’accaduto del 19 giugno nel campo profughi di Jenin, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è espresso contro questa pratica delle colonie israeliane, dichiarando che queste “sono un grave ostacolo a una pace duratura e costituiscono una palese violazione del diritto internazionale”. Gli insediamenti illegali in Palestina non solo costituiscono un importante fattore di tensione e violenza, in quanto rafforzano l’occupazione israeliana del territorio palestinese conteso, ma soprattutto “minano i diritti legittimi del popolo palestinese all’autodeterminazione e alla sovranità“. I cittadini della Cisgiordania sono fortemente oppressi dalle limitazioni imposte, ufficialmente o de facto,  dagli occupanti israeliani, che ostacolano la libera circolazione di merci e persone, invadono la terra e sottraggono risorse naturali.

Anche se la comunità internazionale guarda con preoccupazione e cerca, ogni tanto, di mediare tra le fazioni, il governo di Israele ha incluso i piani per l’approvazione di 4.560 unità abitative in varie aree della Cisgiordania nell’agenda del Consiglio Supremo di Pianificazione di Israele che si riunirà la prossima settimana. L’espansione degli insediamenti di Israele sembra mettere il premier Netanyahu in rotta di collisione con il suo più stretto alleato, gli Stati Uniti, che si sono detti “profondamente turbati” dal piano di espansione degli insediamenti.

L’irruzione nel campo di Jenin

Il conflitto israelo-palestinese non è facile da analizzare. Dura da tanti, troppi anni, con così tante violazioni dei diritti umani, azioni violente e crimini di guerra che probabilmente non si arriverà mai ad una pace duratura. Inoltre stabilire chi ha ragione è impossibile. Quello che possiamo fare è però riportare ed analizzare i singoli avvenimenti quando si verificano. Stavolta essere sotto esame tocca agli israeliani.

Lunedì 19 giugno i militari israeliani sono entrati nel campo profughi di Jenin sparando proiettili, granate tattiche e gas, uccidendo sei palestinesi e ferendone 91, oltre che attaccando alcuni giornalisti. Non solo, alcune agenzie stampa locali hanno riportato che Israele avrebbe adoperato anche elicotteri da combattimento e avrebbe impedito in un primo momento l’accesso al campo alle ambulanze, anche in casi di persone ferite gravemente.  Decine di palestinesi hanno protestato a Gaza denunciando l’uso eccessivo della forza da parte dell’esercito israeliano nei confronti dei civili. La Jihad islamica palestinese (PIJ) ha condannato l’operazione israeliana come un “crimine odioso”, e numerose persone sono scese in piazza a manifestare vicino a Gaza. Al Jazeera, che ha seguito le proteste, riporta l’opinione di un manifestante: “L’occupazione israeliana commette crimini quotidiani in tutti i territori palestinesi e oggi Jenin è sotto tiro. È nostro dovere mostrare solidarietà ai nostri fratelli di Jenin e sostenerli con tutto ciò che abbiamo”. Si riscontra una situazione difficile che sembra destinata a scaldarsi ulteriormente, soprattutto se Israele continuerà con queste incursioni verso civili inermi.

Dal canto suo l’esercito israeliano però dichiara che l’incursione a Jenin non era un mero attacco al popolo palestinese, ma era un’operazione finalizzata all’arresto di due sospetti, la quale li ha visti anche sottoposti ad un “massiccio scambio di fuoco“. Il giorno dopo l’incursione, il 20 giugno, quattro coloni israeliani sono stati uccisi in una sparatoria nei pressi di un insediamento illegale nella Cisgiordania occupata, che sembra a tutti gli effetti una rappresaglia. Gli israeliani e i palestinesi sono rinchiusi in una spirale d’odio che confonde la verità e non permette di capire chiaramente chi sia davvero l’oppresso; tra vendette, omicidi, attentati, l’unica cosa che appare chiara è che la Cisgiordania non sarà mai appannaggio esclusivo di una delle due fazioni.

Marco Andreoli

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