Gli hater non si fermano neanche di fronte a una neonata

Asel, otto giorni di vita e già soggetta a quell’odio insensato che popola i social e i vari mezzi di informazione. La sua colpa? Essere nata in una famiglia musulmana, trasferitasi da poco tempo in Austria.




La piccola, sin dal momento della sua nascita, è stata al centro dell’attenzione mediatica in quanto si trattava della prima neonata nata, in Austria, nel 2018: più precisamente, quarantasette minuti dopo la mezzanotte.

Vari quotidiani locali hanno deciso di dedicare alcuni trafiletti alla notizia, affiancando la foto che la ritrae in braccio ai genitori, Naime e Alper Tamga, che si mostrano all’obiettivo felici e fieri, ignari del ciclone mediatico che da lì a poco si sarebbe abbattuto su loro figlia. Colpevole di appartenere a una religione tanto odiata, di essere figlia di una madre che ha avuto l’ “ardire” di mostrarsi col velo, segno distintivo della religione musulmana che in Austria è mal vista. Un clima che si rispecchia anche nella salita al potere, lo scorso dicembre, del cancelliere Sebastian Kurz.




Lo stesso odio ingiustificato, la stessa frustrazione che spinge alcuni soggetti a scrivere commenti fuori da ogni logica, soprattutto se si pensa che sono rivolti a una neonata e alla sua famiglia che, in questo momento, dovrebbe pensare solo a godersi la gioia di una nuova vita.

Deportate la feccia immediatamente”, “Spero in una morte in culla”. Queste sono solo alcune delle parole dense d’odio riportate sotto l’immagine della famiglia, diffusa dall’Associazione degli ospedali di Vienna.




Per contrastare la “campagna d’odio, si sono mobilitate le associazioni che difendono i diritti dei migranti e rifugiati e il funzionario viennese della Caritas, Klaus Schwertner, che ha promosso una sorta di “contro attacco” social: ha chiesto, infatti, di condividere messaggi di sostegno ad Asel e ai genitori. E la risposta non si è fatta attendere: 17mila messaggi di amore e benvenuto, in poche ore.

Dorotea Di Grazia

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