Tecnologia e bioetica
Gli esperimenti dell’azienda americana Neuralink, fondata in California da un gruppo di imprenditori – tra cui Elon Musk – hanno dimostrato lo stretto legame tra le neurotecnologie e l’etica, attraverso gli aspetti morali che la loro invenzione “Link” coinvolge.
Le neurotecnologie sono dispositivi come interfacce o neuroprotesi, in grado di stabilire una comunicazione tra il nostro cervello e dei dispositivi.
Rappresenta uno dei campi più all’avanguardia della scienza e un giorno potrebbe addirittura arrivare a curare numerose malattie cerebrali, disturbi neurologici, o aiutare le persone affette da disabilità motorie. Inoltre, un aspetto da non sottovalutare è che aumenterebbe l’efficienza delle nostre prestazioni, consentendo di monitorare il lavoro attraverso specifiche interfacce. Un vero e proprio potenziamento tecnologico.
L’azienda americana mira allo sviluppo di “Link”, ossia un microchip impiantato nel cervello, esteticamente invisibile e grande appena come una moneta. Questa tecnologia processa i segnali neurali grazie a elettrodi e li trasmette attraverso sottili filamenti. Il dispositivo si caricherebbe via wireless, con una batteria posta all’esterno del nostro cranio.
Le intenzioni sembrano essere delle migliori. Tuttavia, lo sviluppo di un simile dispositivo mette in gioco numerose questioni bioetiche (la disciplina che si occupa di questioni morali in ambito medico e tecnologico), che hanno sviluppato interessanti dibattiti fin dai primi romanzi fantascientifici, e ancora oggi rimangono senza risposta.
La questione identitaria
In un video di presentazione del progetto su youtube, Elon Musk ha delineato l’orizzonte transumano a cui aspira: «A livello di specie, è importante comprendere in che modo coesistere con l’intelligenza artificiale più avanzata, conquistando qualche forma di simbiosi con la AI» e il fine è chiaro: «il mondo potrà essere controllato dalla volontà combinata delle persone della Terra». Dunque, perché Link coinvolge aspetti morali?
Il futuro descritto dall’imprenditore americano tocca il problema della questione identitaria. David De Grazia in Human Identity and Bioethics (2009) dedica ampio spazio all’impatto delle tecniche di potenziamento dovute all’impiego di tecnologie. Innanzitutto, distingue tra l’identità numerica (ossia il mio organismo) e l’identità narrativa (la continuità psicologica con i miei ricordi o esperienze vissute).
La distopia di Musk prospetta uno stravolgimento di quest’ultima, andando a parificare le coscienze di tutti gli individui, i loro interessi, le loro ambizioni; convergendoli in un’unica, anonima, omogenea mente (e rimane da capire su quali basi opererebbe questa “volontà”, essendo impersonale). La ricchezza delle trame emotive e delle esperienze individuali si nullifica in una ragnatela cibernetica, niente affatto differente da quelle viste nel celebre film Matrix.
Non è così sicuro che un consenso unanime, ottenuto in tal modo, sia preferibile ai lunghi dibattiti che animano le nostre società. Trovare un modo per fare coesistere le differenze in maniera pacifica è ben diverso dal cancellarle come una cifra su una calcolatrice.
Le disuguaglianze sociali
Link coinvolge aspetti morali e politici anche più reali o, se vogliamo, attuali. Come detto, uno degli scopi è quello di aumentare l’efficienza lavorativa delle persone.
Pertanto, una questione spinosa riguarda l’accessibilità di simili tecnologie, che a detta di Musk stesso saranno molto costose. Solo in un imprecisato futuro si spera di abbassare il prezzo.
Ciò significa che saranno esclusivamente gli strati più abbienti della società a poterle utilizzare. Così, si andrà ad aumentare le disuguaglianze sociali, nonché ad inasprire le dinamiche di competizione fra individui. Infatti, chi non potrà permettersi il dispositivo avrà più difficoltà nel trovare un’occupazione, non riuscendo a garantire la stessa efficienza di chi può controllare col pensiero e in qualsiasi momento lo stato del proprio lavoro.
Inoltre, se il progetto riuscisse a seguire le fantasie di Musk e fosse possibile effettuare dei veri e propri “download di conoscenze”, il dislivello che si verrebbe a creare sarebbe maggiore.
Infine, anche l’ambito sanitario è da non sottovalutare. Sarebbe corretto che tutti potessero usufruire di dispositivi in grado di curare malattie come il Parkinson, o altre condizioni neurologiche. Ma difficilmente il sistema sanitario sarebbe in grado di coprirne i costi. La situazione sarebbe ancora più complicata in Paesi come gli Stati Uniti, dove i costi delle cure sono interamente a carico dei cittadini.
La sperimentazione animale
L’ultimo aspetto morale di Link da tenere in considerazione – non per importanza – riguarda la sua sperimentazione. È vero, attualmente la ricerca non può ancora permettersi di rinunciare a cavie, tuttavia esistono delle precise regole da seguire affinché gli animali non patiscano sofferenze estreme. In molti casi queste norme sono aggirate o addirittura ignorate, e Neuralink non fa eccezione.
Recentemente l’azienda è finita al centro della cronaca perché accusata di avere causato la morte di almeno una dozzina di scimmie, le quali mostravano segni di traumi gravi protratti per un lungo periodo di tempo.
Sebbene Musk ha affermato che gli animali selezionati fossero tutti “vicini alla morte”, vari ex-dipendenti hanno smentito queste voci. Sembra che gli esemplari erano stati addestrati almeno un anno prima, e che la loro morte era dovuta esclusivamente agli esperimenti.
Se accettiamo che il fine non giustifica i mezzi, dovremmo anche accettare che le vite uniche di esseri viventi senzienti sono un bene prezioso. La loro dignità va tutelata lungo tutto il percorso di ricerca, perché è anche grazie al loro sacrificio – non consenziente – che gli esseri umani potranno migliorare le loro conoscenze.
Progresso antropologico e progresso tecnologico
Le tecnologie di potenziamento sono un’importante risorsa per il benessere umano. Riuscire a curare gravi malattie neurodegenerative o altri tipi di condizioni neurologiche è senza dubbio un traguardo a cui dobbiamo aspirare.
Ma il progetto di Neuralink estende le sue ambizioni oltre questi propositi altruistici. Delinea orizzonti dubbi che ambiscono, più che a far vivere in simbiosi esseri umani e AI, a trasformarli in robot il cui obiettivo è la massima efficienza.
Per quanto allarmante, quella di Musk rimane – per il momento – un’inquietante fantasia, di cui è bene smascherare i lati negativi. D’altronde, anche alcuni ricercatori come Miguel Nicolelis – un pioniere del settore – hanno sottolineato la tendenza dell’imprenditore americano a spingersi troppo in là con le sue promesse.
Tuttavia, gli aspetti morali di Link dimostrano l’importanza di un progresso tecnologico che si accompagni sempre ad un progresso antropologico, in grado di orientare la ricerca, evitando di spingersi oltre quel confine che trasforma le fantasie in incubi.