La Corte di Alessandria riapre il caso Cascina Spiotta: Renato Curcio, Mario Moretti e Lauro Azzolini un processo per un omicidio del 1975. Gli Anni di Piombo tornano in tribunale con la ricerca di giustizia.
Gli anni di piombo tornano in tribunale con un nuovo processo che riporta alla luce uno dei momenti più tragici della storia recente d’Italia, un periodo segnato da violenze e terrorismo politico. A gennaio 2025, la Corte di assise di Alessandria inizierà il dibattimento contro due ex leader delle Brigate Rosse, Renato Curcio e Mario Moretti, insieme all’ex militante Lauro Azzolini, per una sparatoria avvenuta il 5 giugno 1975. Quell’episodio drammatico, svoltosi presso Cascina Spiotta, nelle campagne piemontesi, costò la vita al carabiniere Giovanni D’Alfonso durante un’operazione per liberare un imprenditore sequestrato dai brigatisti.
Il caso e il rinvio a giudizio
La decisione di rinviare a giudizio i tre imputati è stata presa dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Torino, segnando una nuova fase per un caso che ha radici profonde nella memoria collettiva italiana. Gli ex militanti, ormai ottantenni, affronteranno il processo con l’accusa di aver avuto un ruolo chiave nell’organizzazione e nell’esecuzione di un sequestro e nell’uccisione di un carabiniere, in una dinamica che sfociò in uno scontro a fuoco tra le forze dell’ordine e membri delle Brigate Rosse.
Gli avvocati delle parti civili, Guido Salvini e Nicola Brigida , hanno sottolineato che il processo rappresenta un’opportunità per portare alla luce verità ancora sconosciute su quanto accaduto in quella mattina di giugno del 1975. Salvini ha dichiarato: “Questo processo non nasce da un desiderio di vendetta, ma dalla volontà di giustizia e di verità storica.”
Il coinvolgimento degli imputati e le difese
Il caso originariamente includeva quattro imputati, ma l’accusa contro Pierluigi Zuffada, che secondo l’accusa avrebbe collaborato all’omicidio, è caduta in prescrizione. Restano quindi in giudizio Curcio, Moretti e Azzolini. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato Davide Steccanella , ha contestato la legittimità del processo, facendo riferimento alla complessità e alla presunta nullità delle procedure adottate: “Come nelle nozze di Renzo e Lucia che non si dovevano celebrare, questo processo non avrebbe dovuto essere istruito“.
L’accusa punta il dito su Azzolini , identificato tramite impronte su un documento interno delle Brigate Rosse redatto dopo il sequestro. Curcio e Moretti, in quanto figure apicali dell’organizzazione, sono invece accusati di aver pianificato il rapimento dell’imprenditore Vittorio Gancia , liberato proprio durante lo scontro a Cascina Spiotta. In quell’operazione, inoltre, perse la vita Mara Cagol , moglie di Curcio e militante attiva delle BR, ma la sua morte non rientra nelle indagini attuali.
Un’indagine aperta dal figlio di D’Alfonso
Il nuovo fascicolo è stato avviato su istanza di Bruno D’Alfonso , figlio del carabiniere ucciso e lui stesso ex carabiniere, che nel 2021 ha richiesto di riaprire l’inchiesta, domandando di far luce sull’identità di un brigatista sfuggito alla cattura e mai identificato. Secondo le ultime indagini della Direzione distrettuale antimafia del Piemonte, questo individuo sarebbe proprio Lauro Azzolini . La DDA ha anche ipotizzato il coinvolgimento di Zuffada come emissario incaricato di recapitare la richiesta di riscatto all’avvocato della famiglia Gancia.
Per le difese, tuttavia, tali accuse non troverebbero fondamento. In particolare, viene contestata la possibilità che Curcio e Moretti, pur ricoprendo posizioni di vertice, fossero direttamente responsabili del sequestro, considerando la struttura decentralizzata delle Brigate Rosse. Azzolini, inoltre, era già stato prosciolto in istruttoria nel 1987, ma la sentenza originale risulta introvabile.
Un ulteriore elemento di dibattito riguarda l’ammissibilità delle intercettazioni a carico di Azzolini, su cui la Corte di Alessandria sarà chiamata a pronunciarsi.
La memoria degli anni di piombo e l’importanza del processo
Questa vicenda si inserisce in un contesto più ampio di riflessione sugli anni di piombo , periodo segnato da divisioni politiche e drammatiche violenze che hanno lasciato profonde cicatrici nella società italiana. Nonostante siano passati quasi cinquant’anni, il desiderio di giustizia per le vittime rimane vivo, così come l’importanza di chiarire i fatti storici per un confronto autentico con quel passato.