Chiara Samugheo in mostra a Brescia: il racconto dell’emancipazione femminile

Uno sguardo innovativo che documenta e riscrive l'evoluzione dell'iconografia femminile

Chiara Samugheo, la fotografa che ha reinventato l'iconografia femminile

Un’artista poliedrica e una fotografa d’eccezione: questo e molto altro è stata Chiara Samugheo, una donna che ha cavalcato lo spirito di novità degli anni ’60 e ne ha fatto tesoro nei decenni successivi. Il suo lascito culturale e fotografico fa sì che tutt’oggi sia una delle maggiori personalità che hanno contribuito a documentare e raccontare gli anni fondamentali dell’emancipazione femminile.

Gli inizi di una carriera eccezionale

Chiara Samugheo nasce a Bari nel 1935 con il nome di Chiara Paparella e, come lei stessa ha più volte dichiarato, fugge verso il nord al raggiungimento della maggiore età. Contraria all’impostazione della famiglia che l’avrebbe voluta insegnante di scuola, inizia a frequentare i circoli intellettuali di Milano, in cui conosce grandi personalità come Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Enzo Biagi e Giorgio Strehler. Tra loro conosce anche il suo primo compagno, Pasquale Prunas, che le suggerisce di modificare il cognome, abbracciando così il nome d’arte Samugheo.

Impegnandosi dapprima in riviste internazionali di fotogiornalismo e occupandosi per un breve periodo di cronaca nera, si dedica totalmente alla fotografia iniziando una collaborazione con il fotografo Federico Patellani e realizzando le sue prime inchieste e reportage fotografici sulle baraccoli di Napoli, la situazione delle donne in carcere e il fenomeno del tarantismo nel sud Italia.

Chiara Samugheo è la prima donna fotografa professionista

La sua capacità di rappresentazione del reale la conduce ad un’analisi dei suoi soggetti veritiera e priva di finzioni che la accompagnerà durante tutto il corso della sua vita: dagli scatti in bianco e nero degli inizi come fotogiornalista nelle strade d’Italia, fino ai reportage individuali con le maggiori stelle del cinema italiano e internazionale del secondo dopoguerra, nei sessant’anni di carriera il suo sguardo onesto e puro domina tutta la sua produzione fotografica di grande visionaria.

Con la sua partecipazione al Festival di Venezia del 1955 la sua carriera professionale e personale prende il volo e inizia a conoscere e comunicare con i grandi protagonisti e, soprattutto, con le grandi protagoniste dello star system internazionale, gettando le basi per una vera e propria rivoluzione iconografica. La sua fama diviene globale e inizia così a collaborare con le principali riviste di cinema, moda e costume, come Cinema Nuovo, Life, VogueParis Match e Vanity Fair.

Una vita dedicata al racconto del tempo che passa

Comincia così a sviluppare uno specifico stile fotografico e scenografico, impostando i ritratti dei grandi attori e delle grandi attrici come dipinti senza tempo, con pose e luci in grado di far parlare l’immagine senza necessità di ulteriori supporti. La macchina fotografica rimarrà sempre, per lei, soltanto una scatola, uno strumento che le permette di dare voce all’intimità più profonda della persona che si pone di fronte al suo obiettivo e, allo stesso tempo, con la quale la fotografa dà forma ad un’iconografia completamente innovativa e senza precedenti.

Il suo sguardo penetrante e attento ha cooperato nel movimento di liberazione sessuale che caratterizzò gli anni ’60 e la sua capacità di imporsi come donna ha contribuito all’inizio dell’emancipazione del corpo femminile dalla staticità in cui da sempre è relegato. La peculiarità della sua fotografia, una commistione indissolubile tra lo scatto rubato e la foto in posa, conduce Chiara Samugheo tra i più grandi artisti e fotografi internazionali: neoralista per formazione, scatta senza uno studio fotografico fisso, affidandosi unicamente al proprio istinto e alla macchina fotografica, limitando quanto più possibile le modifiche in post-produzione e in fase di stampa.

Chiara Samugheo reinventa l’iconografia dello star system

Realizzando ritratti immortali di Monica Vitti, Sophia Loren, Claudia Cardinale, Gina Lollobrigida, Jane Fonda, Silvana Mangano, Jeanne Moreau, Elisabeth Taylor, per citarne alcune, sconvolge i canoni rappresentativi della moda e del grande cinema, portando alla ribalta non tanto la fama e l’oggettività dei corpi, quanto più la soggettività delle donne, delle loro personali esistenze, del loro carattere e della loro unicità.

La cura e la maestria del reportage cinematografico si coglie anche nei ritratti evocativi ed eterni di attori come Marlon Brando, Richard Burton, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi e molti, molti altri personaggi celebri e illustri che ha immortalato, ma, come la fotografa stessa ha dichiarato in una sua intervista nel 2012 riguardo alle immagini delle artiste donne, quelle foto costituiscono “il documento di una storia, privata e pubblica, degna di essere ricordata perché, dietro questo paravento di sorrisi, c’è l’ascesa e la caduta di una generazione di donne, la cui unica colpa fu di essere belle e la sola possibilità di riscatto fu quella di avere talento.

Dentro il cinema celebra il lascito di Chiara Samugheo

L’incredibile operato di Chiara Samugheo nel campo cinematografico è attualmente in esposizione dal 16 marzo al 12 maggio 2024 alla VII edizione del Brescia Photo Festival presso il Mo.Ca. – Centro per le Nuove Culture, nella celebrazione e esposizione di uno spaccato del lavoro complessivo di una donna e artista che ha rivoluzionato la fotografia documentaria, reportagistica e ritrattistica.

La mostra è curata da Mauro Raffini ed è incentrata, appunto, sul reportage cinematografico e in particolare sulla ritrattistica delle grandi personalità femminili che hanno guidato e sospinto l’emancipazione culturale della donna a partire da quei cruciali anni ’60.

                                                                                        Tecla Chini

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