Patrick Guarnieri non si è suicidato: l’8 giugno la conferenza stampa della famiglia a Teramo

Patrick Guarnieri Giustizia per Patrick Guarnieri

Nel tentativo di chiedere giustizia per Patrick Guarnieri, il ventenne con disabilità morto dentro le mura del carcere Castrogno di Teramo il 13 marzo 2024, i famigliari del ragazzo hanno richiesto un ulteriore esame autoptico e dai risultati sembrerebbe confermata la loro opinione, cioè che Patrick sicuramente non si è suicidato, ma qualcosa ha causato la sua morte mentre era sotto la tutela dello Stato. Le indagini sono tuttora in corso e l’8 giugno si terrà a Teramo una conferenza stampa dove verrà presentato l’esito dell’autopsia di Patrick Guarnieri.

La versione del Castrogno non regge: Patrick non si è suicidato

I dubbi sulla morte di Patrick Guarnieri, ventenne romanì con disabilità morto nel giorno del suo compleanno dentro il carcere di Teramo, stanno per essere chiariti. Infatti, l’8 giugno la famiglia terrà una conferenza stampa dove saranno presenti l’avvocato Carlo Taormina, il criminologo forense Enrico Delli Compagni, il penalista Gianfranco Di Marcello e il dottor Gabriele Paolini, il medico che ha svolto l’autopsia sul corpo di Patrick. Presenzierà l’evento anche Adele Di Rocco, presidente del Coordinamento Codice Rosso e famigliare di Patrick Guarnieri.

Lo scopo della conferenza stampa è quello di presentare gli esami dell’autopsia di parte fortemente voluta dalla famiglia, che sin dal principio ha manifestato perplessità nei confronti delle dinamiche che hanno portato alla morte di Patrick. Descritto come un ragazzo solare nonostante le difficoltà dovute alla sua condizione di disabilità, Patrick Guarnieri quella notte non solo non doveva trovarsi in carcere per incompatibilità, ma ora sembra anche essere escluso che si sia tolto volontariamente la vita.

La Corte europea dei diritti umani ha già condannato l’Italia per maltrattamenti ai detenuti

La situazione nelle carceri italiane è drammatica anche agli occhi dell’Unione Europea, che in passato ha già condannato l’Italia per maltrattamenti nei confronti dei detenuti. Secondo la Corte europea per i diritti dell’uomo, le prigioni italiane non garantiscono i diritti umani dei detenuti, dato che la condizione di sovraffollamento, le carenze strutturali e ancor più le carenze sanitarie costituiscono un grave pericolo per le persone in detenzione.



Anche l’operato delle istituzioni italiane ha trovato l’ammonimento della Corte, ree di non avere ancora formulato una riforma che risponda in maniera efficace alle lacune presenti nel sistema carcerario. La gravità della situazione è testimoniata anche dai recenti episodi avvenuti all’interno del carcere minorile Cesare Beccaria, dove lo sconvolgente quadro di brutalità emerso nel corso delle indagini coordinate dalla Procura di Milano conferma che nemmeno i minorenni sono al sicuro quando sono sotto la tutela dello Stato.

Infatti, proprio come nel caso di Patrick, nel contesto del sistema penitenziario le fragilità individuali dei ragazzi non vengono rielaborate nell’ottica di una funzione educativa che dovrebbe prepararli al reinserimento sociale, il fine ultimo della pena detentiva. Al contrario, una volta entrate in carcere, le persone detenute rischiano di incorrere in un incubo in cui maltrattamenti, torture e violenze, anche sessuali, sono all’ordine del giorno. Come spiega Adele Di Rocco, anche i detenuti di Teramo vivono la stessa disumana situazione, ma hanno paura di denunciare i soprusi che subiscono nel corso del loro percorso riabilitativo.

Vittorio Sgarbi presenterà un’interrogazione al Parlamento Europeo per discutere del caso di Patrick Guarnieri

Anche uno dei più controversi personaggi politici del panorama italiano, Vittorio Sgarbi, ha deciso di sostenere la causa della famiglia Guarnieri. Sgarbi il 25 maggio è stato a Giulianova per portare le sue condoglianze ai famigliari di Patrick e insieme al suo staff ha annunciato la sua disponibilità nel discutere, tramite un’interrogazione, il caso al Parlamento Europeo il 15 luglio 2024.

Oltre alla riapertura del caso di Patrick con l’accusa di omicidio, ciò che chiedono a gran voce le associazioni per i diritti dei detenuti e dei loro famigliari è ciò che chiede all’Italia anche l’Unione Europea: un’efficace e funzionale riforma del sistema penitenziario. Le gravissime lacune che presentano le carceri italiane rappresentano infatti un limite per lo sviluppo sociale e la necessità di una risposta che protegga realmente i diritti dei detenuti, come la detenzione domiciliare nel caso dei reati minori e il miglioramento del sistema educativo nelle case circondariali, oggi affidato quasi esclusivamente alle associazioni di volontariato, dovrebbe essere la priorità nell’ambito di una riforma del sistema penitenziario.

Ad oggi, la situazione nelle carceri italiane continua ad essere drammatica, i diritti umani sono ripetutamente violati e i detenuti hanno paura di denunciare, in tantissimi muoiono prima di finire di scontare la pena. In un Paese che si professa civile, una riforma del sistema penitenziario nella consapevolezza della terribile situazione che si vive dentro le mura carcerarie sarebbe un doveroso atto di civiltà, poiché ignorare il problema non significa che non esiste, al contrario, causa solo ulteriori danni su quella stessa società che si intende proteggere attraverso il sistema penitenziario.

 

Aurora Colantonio

 

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