Il giuramento di Ippocrate ha sancito per generazioni di medici il passaggio dal percorso di studi alla professione attiva. Una pura formalità? Non proprio. Leggendolo con attenzione, ci si accorge che questo giuramento non si limita a enunciare i principi formali dell’esercizio della medicina. Piuttosto, esso delinea il medico come un essere umano specifico, dal sapere del quale discende un potere non indifferente, che va affiancato da un’etica rigorosa. Di questa etica abbiamo ricevuto innumerevoli prove nel contesto dell’epidemia. Forse, proprio da un’etica simile dovremmo lasciarci ispirare oggi per costruire una società migliore.
Durante le fasi più drammatiche dell’epidemia di Covid-19 i medici e il personale sanitario si sono spesi per far fronte all’emergenza generosamente e con professionalità. Di “eroismo”, però, molti professionisti della cura non vogliono assolutamente sentir parlare. Si tratta, spiegano, di una retorica che sminuisce l’abnegazione e la passione con cui si sono sempre dedicati al proprio lavoro, indipendentemente dal virus. Inoltre, fanno notare numerosi tra questi professionisti, medici e infermieri sono vincolati ai propri doveri da un giuramento sottoscritto al termine del percorso di studi. Tale giuramento, parzialmente diverso per le due categorie professionali, discende dal giuramento di Ippocrate. Ovvero una formula, nata nell’antica Grecia, con la quale il medico si impegnava – eticamente ancor prima che professionalmente – a una pratica e una vita integerrime.
Quali sono i contenuti di questa formula?
Gli Dei come testimoni
Il giuramento di Ippocrate si apre con la convocazione degli Dei come testimoni dell’impegno inderogabile che il medico sta assumendo. Particolarmente importanti risultano Apollo, Asclepio, Igea e Panacea. Chi sono queste divinità garanti della futura condotta del guaritore?
Apollo è la figura più nota. Dio della bellezza e dell’armonia, presiedeva anche alla profezia e alle arti – tra le quali, la cura. Nel giuramento è definito “medico” anche perché padre di Asclepio (o Esculapio), dio della medicina generato da Febo con una ninfa, Coronide o forse Lampezia. Istruito nell’arte medica dal centauro Chirone, Asclepio sarebbe stato tanto abile da inventare una tecnica per guarire qualsiasi malattia, riportando addirittura in vita i morti. Amatissimo dai mortali perché benevolo con gli infermi, Asclepio ebbe numerosi figli, tutti dotati di qualche potere terapeutico. Tra questi, particolarmente importanti furono Igea, dea della salute e dell’igiene, e Panacea, dea della guarigione completa ottenuta attraverso le piante.
La disciplina delle relazioni
Dopo la convocazione degli dei, il medico procede alla definizione dei propri impegni. Colpisce, nella prima parte della formula, l’importanza attribuita alle relazioni. Infatti, immediatamente si dichiara che il medico vivrà con il maestro onorandolo e assistendolo, nonché assistendone la famiglia in caso di bisogno. La disciplina appresa, inoltre, potrà essere insegnata solo ai propri figli, a quelli del maestro e a chi si sia prima sottomesso al giuramento. Il giuramento di Ippocrate, quindi, ritaglia una piccola società nella società. In essa i rapporti interpersonali si basano su una solida gerarchia di competenze, sul rispetto e sulla fiducia reciproca. Perché?
Un piccolo aneddoto renderà facile capirlo. Durante una cena prima della pandemia, un marito alticcio e villano si stava lasciando andare con due amici a pesanti apprezzamenti sulla cameriera del ristorante. Captato il discorso da un altro punto della tavolata, la moglie, brillante cardiologa, ha sorriso seraficamente al consorte e ha osservato ironica: «Sai, caro, in fondo basta un po’ di digitale purpurea per provocare un arresto cardiaco a qualcuno senza lasciare tracce…». Ecco perché il giuramento di Ippocrate attribuisce ai rapporti fiduciari tra maestri e allievi un ruolo così determinante. Il sapere medico, infatti, è un sapere da comunicare soltanto a persone fidate, perché esso può procurare la morte tanto quanto può salvare la vita.
Il giuramento di Ippocrate, di conseguenza, impegna il medico anzitutto a non nuocere e lo pone in una specifica posizione rispetto alla società.
La responsabilità della cura, infatti, non riguarda nella formula solo il dovere di non praticare aborti né somministrare o consigliare farmaci mortali. Essa ha una valenza più generale:
in qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati. Mi asterrò perciò da ogni offesa e da ogni danno volontario, nonché da ogni azione corruttrice dei corpi di uomini e donne, liberi o schiavi.
Parte integrante dell’astensione dall’offesa e dal danno nei confronti del paziente è l’obbligo del segreto professionale. Riguardo ciò che può scoprire grazie alla propria arte nella relazione terapeutica con il paziente, infatti, chi cura deve osservare la più stretta discrezione. Contropartita del giuramento non è solo il possesso di una solida deontologia professionale. Conformare la propria condotta a esso garantisce al medico il suo status, facendone un uomo rispettato dalla società e in armonia con la propria coscienza.
Il giuramento di Ippocrate, oggi
Bisogna precisare che oggi l’importanza del giuramento di Ippocrate come “rito di passaggio” per i giovani medici è decisamente ridimensionata. Al punto che la sottoscrizione nella sua formulazione moderna – la più recente deliberata nel 2014 – risulta quasi una formalità. Inoltre, esso presenta alcune controversie. Tra queste, anzitutto, il nome: infatti, pur essendo attribuito a Ippocrate, il giuramento presenta proibizioni afferenti alla scuola pitagorica del IV secolo a.C. Inoltre, è dubbio che esso abbia fornito direttive etiche inderogabili ai medici dell’antichità, avendo consolidato la propria autorevolezza solo in epoca cristiana. L’influenza cristiana, peraltro, e un atteggiamento eccessivamente paternalistico verso il paziente hanno reso necessarie alcune revisioni del giuramento. La versione che leggiamo oggi, infatti, beneficia notevolmente degli influssi dell’Illuminismo, riscontrabili, in particolare, nella dichiarazione del rispetto della libertà e dignità di ogni persona. Nonché nell’impegno a curare ogni paziente senza discriminazioni e contrastando le diseguaglianze nella tutela della salute.
Perché prestare attenzione al giuramento di Ippocrate nel mondo contemporaneo?
Nonostante l’inattualità di alcuni punti del giuramento, la sua lettura risulta ancora molto interessante anche per chi non esercita la medicina. Questo testo permette, infatti, di comprendere e apprezzare ulteriormente l’etica del buon medico. Nonché di chi quotidianamente lavora per garantire il benessere e la salute di tutti. Si tratta di un’etica fondata su un sapere maturato con lo studio e l’esperienza, che nella responsabilità e nel rispetto dell’altro fissa i propri cardini.
L’epidemia di Covid-19 non ha cambiato la società in cui viviamo. Semplicemente, ha reso più evidente che un cambiamento è necessario. A partire dalle relazioni quotidiane, basilari, che instauriamo gli uni con gli altri. Il giuramento di Ippocrate, così come l’esempio di chi lo incarna, offre un prezioso spunto di riflessione. Spingendoci a domandarci: quali sono le responsabilità verso gli altri cui mi vincola ogni sapere che ho maturato nel corso della mia vita?
Valeria Meazza