Giulia Tariello, grande appassionata di politica e diplomazia, racconta sui social il suo ruolo di Giovane Delegata dell’Ue alle Nazioni Unite e tratta di tematiche molto attuali correlate ai diritti umani, spaziando dall’empowerment femminile all’istruzione fino alle potenzialità dei giovani. Attraverso la sua esperienza nella più importante istituzione mondiale, Tariello offre un interessante punto di vista sullo scontro generazionale che sta avvenendo in campo politico e sulle problematiche che circondano le Nazioni Unite, dando una boccata d’aria fresca a un dibattito ormai in fase di stagnazione.
Al suo secondo mandato come EU Youth Delegate presso le Nazioni Unite, Giulia Tariello vanta più di 56 mila followers su Instagram, dove racconta del suo più grande interesse: le relazioni internazionali. Si tratta però di un mondo pieno di insidie e contraddizioni.
Ciao Giulia, è davvero un piacere poterti intervistare. Tu sei EU Youth Delegate presso le Nazioni Unite. Potresti spiegarci meglio in che cosa consiste il tuo lavoro e che percorso hai intrapreso per arrivare a questo punto?
«Dal 2023 sono Giovane Delegata dell’Unione europea presso le Nazioni Unite: il programma omonimo è a cadenza annuale, vi aderiscono molti Paesi e permette appunto ai giovani di partecipare agli obiettivi e progetti dell’ONU. Sono stata selezionata dall’organizzazione SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) all’interno della delegazione italiana. Dopo la fine del mandato italiano ho fatto domanda per il ruolo di delegata dell’Unione europea.
Precedentemente, mi sono laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università Roma Tre e, dopo l’Erasmus, ho poi conseguito la laurea magistrale in Relazioni Internazionali, Diplomazia e Organizzazioni Internazionali presso la Statale di Milano.»
Infatti, come si può leggere sulla pagina ufficiale, lo Youth Delegate Program consente agli Stati membri di coinvolgere e responsabilizzare i giovani, ai quali viene data l’opportunità di agire come partner per comunicare l’agenda di sviluppo dell’ONU a livello nazionale, regionale e locale. Si tratta di un ruolo fondamentale nel collegare le strutture nazionali con i processi globali, rafforzando la partecipazione dei giovani ai processi decisionali e promuovendo un cambiamento positivo.
Quali sono i tuoi progetti futuri in seno alle Nazioni Unite? Pensi di portare attenzione su alcune tematiche che stanno a cuore alla Gen Z?
«Il mio prossimo impegno sarà a marzo, quando parteciperò alla Commissione sullo Status delle donne dove si tratterà del rinnovo della Dichiarazione di Pechino, che quest’anno celebra il suo 30esimo anniversario. In questo contesto si tratterà di una tematica che è anche importantissima per i giovani, ovvero l’uguaglianza di genere e le azioni da intraprendere per il raggiungimento dell’obiettivo n.5 dell’Agenda 2030.
Lo scorso anno, alla stessa conferenza, mi ero soffermata invece sulla questione dell’accesso all’igiene mestruale. Quando partecipo ad eventi con focus così specifici cerco di adattare le tematiche alle priorità comuni a tutti i giovani: non a caso, all’interno del mio mandato mi occupo di policy education, ossia di offrire a tutti la possibilità di essere informati e consapevoli rispetto a ciò che accade nel mondo.»
Secondo Tariello, il suo ruolo alle Nazioni Unite ha proprio lo scopo di recuperare quella fiducia ormai persa dei giovani nei confronti delle istituzioni, che vengono percepite come troppo distanti – questa è una sfida enorme, soprattutto alla luce delle crisi e delle guerre che stanno dilaniando l’assetto mondiale.
Secondo te, quali sono le questioni più urgenti che le istituzioni mondiali devono affrontare allo stato attuale?
«Direi sicuramente tutti i conflitti, i genocidi e le instabilità globali, come ad esempio in Ucraina, Sudan, Gaza e Libano. Queste situazioni sono l’esempio lampante di come sia necessaria una riforma degli apparati istituzionali, che ad oggi non funzionano a dovere. Se guardiamo alle stesse Nazioni Unite, è molto visibile una falla nel sistema, il quale ormai è datato e non più rappresentativo dell’assetto internazionale corrente.
È necessaria in primis una riforma del Consiglio di Sicurezza ma anche una nuova analisi del bilanciamento del potere all’interno del gioco dei ruoli e della sovranità statale: è naturale che senza questi cambiamenti i mandati d’arresto emessi dalla Corte internazionale di giustizia contro Benjamin Netanyahu non vengono rispettati. Sono necessari nuovi meccanismi per far sì che ciò che viene deciso abbia poi un riscontro sulla realtà e venga di conseguenza percepito dai giovani.»
Come hai confermato anche tu, le giovani generazioni, con i loro valori e sensibilità, sembrano disprezzare un sistema politico che percepiscono come vecchio, corrotto e incapace di cambiare. Ma non sarà che, in realtà, è la vecchia generazione al potere a temere il cambiamento, preferendo restare aggrappata ai propri privilegi piuttosto che lasciare spazio a chi potrebbe davvero fare la differenza?
«Più o meno. Non direi che si tratta di una questione di privilegio, di “lasciare la poltrona”, quanto piuttosto di un punto di vista differente che lancia questo messaggio di rifiuto del cambiamento. Quando gli adulti di oggi erano giovani, le priorità in termini di politica e diritti erano del tutto diverse da quelle odierne.
In realtà, nei miei due anni e mezzo all’ONU ho potuto interfacciarmi con tantissimi giovani, che a differenza delle vecchie generazioni si rendono conto del carattere globale delle problematiche – ne è un esempio il cambiamento climatico, che ha conseguenze diverse nei vari Paesi ma alla fine è un tema che riguarda tutti.
Le generazioni passate, invece, hanno la concezione che sia giusto risolvere una problematica prima a livello nazionale e spesso cadono nello stereotipo che vede i giovani come inesperti e incapaci di avere un’impronta decisionale concreta. Per fortuna, all’interno dell’ONU e dell’Ue questo sta cambiando e vengono istituiti sempre più momenti di confronto e dibattiti in cui i giovani sono protagonisti e partecipi di un reale cambiamento.»
Spesso, quando si è giovani e fortemente idealisti, si pensa di essere in grado di cambiare tutto ciò che non va nel mondo. In relazione ai malfunzionamenti di cui soffrono le istituzioni politiche e che tu hai prima citato, è davvero possibile una reale riforma delle Nazioni Unite? E in caso, ciò potrebbe avvenire dall’interno o sarà un cambiamento dato da influenze esterne?
«Credo che un cambiamento sia possibile ma forse ci eravamo più vicini quattro anni fa, in quanto la situazione corrente ha portato molti degli attori aventi diritto di veto a richiudersi e rifiutare qualsiasi spinta riformatrice, a causa degli interessi geopolitici in gioco. Nonostante ciò, gruppi come Uniting for Consensus continuano a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla possibilità di una riforma, soprattutto riguardo all’aggiunta di nuovi membri al CdS. L’eliminazione del veto, invece, è una possibilità davvero molto remota.
In ogni caso, la spinta verso il rinnovamento dovrà venire per forza dall’interno: devono essere i rappresentanti degli Stati membri a riconoscere questa necessità, una pressione esterna non è sufficiente. Spero che con il ricambio generazionale ci saranno i presupposti per parlare di una vera trasformazione dell’ONU.»
Per i giovani, riuscire a creare una carriera in questo ambito e affermare il proprio pensiero in un mondo dominato da “dinosauri” è molto difficile. Tu che consiglio daresti a chi ha le tue stesse ambizioni?
«Non penso che siano dinosauri: anche io per molto tempo ho visto questo mondo come irraggiungibile ma in realtà si tratta solo di una facciata, per cui non bisogna avere timore di fare quel passo. Ai giovani dico: non abbiate paura di entrare in questo mondo pettinato e di “spettinarlo”! Sui miei profili social cerco proprio di far capire che la diplomazia non è solo quell’ambiente patinato che permea il nostro immaginario collettivo. Questa idea va svecchiata così come molte delle regole connesse al nostro concorso diplomatico.»
Le parole di Giulia Tariello, oltre a costituire un appello volto a modificare un sistema che perdura da 80 anni, racchiudono un enorme incoraggiamento per i giovani, nei quali si ripone grande fiducia nel costruire una società più equa e progressista.