A Verona i giovani di Fratelli d’Italia (Gioventù Nazionale) onorano la memoria di Leon Degrelle, il catto-nazista che adorò Hitler e negò l’olocausto.
Protagonista dell’ultima ventata nostalgica neo-fascista è Leon Degrelle, nazista al quale il movimento Gioventù Nazionale Verona ha dedicato un’apologia a ventisette anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 31 marzo 1994.
Leon Degrelle 15/06/1906-31/03/1994. Per tutti coloro che ancora sognano un secolo di cavalieri.
Così recitava il post pubblicato, il 31 marzo scorso, dall’organizzazione veronese sulla rispettiva pagina Facebook. Pagina divenuta inaccessibile dopo le polemiche suscitate dal caso. “L’ ideologia nazifascista non deve avere cittadinanza nelle istituzioni democratiche” ha affermato il segretario provinciale del PD Maurizio Facincani, mentre Fratelli d’Italia ha maldestramente preso le distanze dall’intervento nostalgico.
A parlare è stato il deputato FDI Ciro Maschio, che dopo aver ribadito l’incompatibilità del partito di Giorgia Meloni con l’ideologia nazi-fascista, ha prontamente derubricato la vicenda. Infatti -ha sostenuto il Parlamentare- ad aver onorato la memoria di Degrelle sarebbe stato un semplice sostenitore del movimento giovanile, il quale avrebbe pubblicato il post autonomamente. Insomma, se l’apologia del Nazista non voleva essere che un’ingenua provocazione, Gioventù Nazionale resta -per Maschio-assolutamente estranea ai fatti. In questo modo, il deputato FDI ha discolpato, in un sol colpo, tanto il fantomatico simpatizzante (indisciplinato) quanto la (malcapitata) federazione veronese.
Ma chi era Leon Degrelle?
Leon Joseph Marie Ignace Degrelle, nativo belga, si distinse sin da giovane per le sue abilità oratorie e militari. Fervente cattolico, nel 1935 fondò il partito Rex, corporativista e ultra-cattolico. A seguito dell’invasione nazista del Belgio, avvenuta nel 1940, Degrelle combatté con i rexisti a fianco dell’esercito tedesco, arruolandosi come soldato semplice l’anno seguente. Raggiunto il grado di comandante della Waffen SS, una milizia composta da un milione di volontari, venne nominato da Hitler “Cavaliere della Croce di Ferro.” Al termine della Seconda guerra mondiale, Degrelle si rifugiò in Spagna, dove continuò a professare il suo credo catto-nazista, anti-comunista e anti-capitalista. Qui divenne un’ icona per l’estrema destra europea. Nostalgico, il Cavaliere negò sempre l’olocausto, declassandolo ad una grossolana menzogna.
E la sfortuna dell’Europa di oggi è che non c’è nessuno. Ai nostri tempi ce n’erano finché si voleva: c’era Hitler, c’era Mussolini, c’ero io in Belgio, c’era Franco, c’erano i polacchi, c’erano i turchi, tutti avevano un capo, era sorprendente; ora non ci sono più che larve politiche.
In un’intervista del 1981, Degrelle affermò che Hitler avrebbe manifestato per lui un’ammirazione paragonabile a quella di un padre per il proprio figlio. Narcisista e megalomane, plausibilmente il fondatore del rexismo amò il Cancelliere tedesco più di quanto quest’ultimo adorò lui. Tuttavia, è un fatto che la personalità di Degrelle esercitò a lungo la propria influenza sull’ala più conservatrice in Europa.
L’insostenibilità della difesa
Come spesso accade in questi casi, l’indignazione accorata che si vorrebbe dai vertici dell’estrema destra italiana lascia il posto ad un omertoso silenzio. Ancor più insostenibile, tuttavia, è l’atteggiamento di chi arranca per salvare il volto rispettabile di un Partito doppiogiochista che strizza l’occhio ai suoi affezionati: i nostalgici di Mussolini.
Auspicabile è che, in futuro, simili afflati revisionisti non restino impuniti. La minimizzazione dell’atto (o meglio, della sua dinamica) non ne allevia affatto la gravità. Innanzitutto, perché non può vigere il principio per cui laddove tutti comandano nessuno è responsabile. Infine, perché quand’anche la vicenda fosse davvero il frutto di un impasse, resta un fatto; e, per usare le parole di Hannah Arendt, “la politica non è un asilo”.
Federica Setti