Lo scrittore perugino Giovanni Dozzini è stato proclamato vincitore del Premio Ue per la Letteratura 2019 con il suo nuovo romanzo ‘E Baboucar guidava la fila’.
Il romanzo, tutto ambientato nella provincia umbra, narra le vicissitudini di quattro giovani ragazzi richiedenti asilo nel loro percorso per recarsi un giorno al mare. Quel viaggio verso la spiaggia – quel viaggio per la normalità – diventa un pretesto per parlare di migrazioni sotto un’ottica nuova. In attesa dell’agognata risposta alla richiesta d’asilo, Baboucar, Ousman, Robert e Yaya decidono di incamminarsi verso la spiaggia, nonostante le perplessità, nonostante siano senza soldi, nonostante la lontananza.
Con questo espediente narrativo, l’autore compie un grande esercizio di realtà, non rinunciando però alla ricchezza narrativa dell’avventura, dell’imprevisto. “Per me raccontare la realtà è naturale, ma la letteratura è il terreno del possibile – ha ammesso l’autore Giovanni Dozzini – ‘Baboucar’ è un romanzo realista con degli inserti surrealisti”.
Il tema delle migrazioni domina la letteratura contemporanea europea, ma la conoscenza e la percezione del fenomeno sono molteplici e spesso distanti
Quest’anno, il tema delle migrazioni ha dominato non solo il concorso letterario vinto da Giovanni Dozzini, ma anche il Premio Strega Europeo, che lo scrittore francese David Diop si è aggiudicato con il romanzo Fratelli d’anima. Abbiamo chiesto allo scrittore emergente Dozzini perché tanta attenzione nei riguardi del tema e se il contesto multiculturale perugino ha influenzato la sua scelta e se esso ha rappresentato terreno generatore di storie.
Alla domanda se Perugia sia un contesto fertile per conoscere la dinamica migratoria da dentro, Giovanni Dozzini ha tenuto a precisare la relatività dell’esperienza e della percezione del fenomeno: “Penso che dipenda molto dai contesti in cui si vive. Perugia è una città dalle molte facce. Credo che esista una dimensione, quella degli ambienti della cultura, del sociale, del terzo settore, estranea alla maggior parte della popolazione. I risultati delle ultime elezioni comunali, in cui ha stravinto la destra, stanno lì a dimostrarlo. Io sono diventato amico di alcuni ragazzi africani in virtù dei progetti a cui ho partecipato o di cui mi sono fatto promotore, progetti dei quali però moltissimi perugini non conoscono neanche l’esistenza. Da un lato c’è in chi fa cultura o opera nel sociale una tendenza indubbia e malsana all’autoreferenzialità, dall’altro lo sgretolamento di un tessuto sociale che fino a qualche anno fa reggeva bene. Per me è un dilemma, un tormento. Di sicuro la letteratura mi aiuta molto a elaborare questa come altre mie frustrazioni. Quando scrivo un romanzo non devo trovare soluzioni, ma raccontare una storia cercando di porre le domande giuste. È più facile”.
L’enorme distanza tra gli ambienti della cultura e quelli della società è emersa alle ultime elezioni europee
Ciò che emerge dalle parole di Giovanni Dozzini è la grande distanza che si crea tra chi lavora nella cultura o nel sociale e chi invece non entra mai a contatto con la realtà migratoria, se non attraverso la lente dei media che, se indossata anche nella quotidianità, fornisce una percezione delle migrazioni talora molto lontana dalla realtà.
Giovanni Dozzini si attesta vincitore del premio letterario a pochi giorni dalle elezioni europee, dalle quali i populisti e i ‘chiudi porti’ sono stati confermati da buona parte del popolo, in particolare quello italiano che alla Lega ha dato il 34% dei consensi. Inevitabile quindi parlare di politiche migratorie e chiedere all’autore il suo parere.
“Penso che le politiche in tema di immigrazione degli ultimi due governi italiani siano abominevoli. Penso che le responsabilità storiche ed etiche del governo Gentiloni, e in particolare del ministro Minniti, siano enormi. Con gli accordi con le bande libiche, la delegittimazione delle ong operanti nel Mediterraneo e la riforma – licenziata insieme al ministro Orlando – dell’iter giudiziario per la richiesta di asilo in Italia si è scoperchiato una sorta di vaso di Pandora. Da una parte sdoganando sentimenti para-razzisti in gente che si era sempre dichiarata o immaginata progressista. Dall’altra aprendo la strada a Salvini, che non ha fatto altro che premere sull’acceleratore. Adesso la situazione è gravissima. Al di là degli slogan e della propaganda, ci sono decine di migliaia di persone che stanno pagando e pagheranno care le scelte dei governi italiani e, certo, quelle dell’Europa”.
La letteratura non ha mai smesso di fare politica: Giovanni Dozzini torna sulle responsabilità storiche dell’Europa
Data la coltre che tiene intrappolata l’Europa, assegnare il premio ad uno scrittore emergente, che parla schiettamente di migrazioni e lo fa con la consapevolezza di chi crede fortemente che essere cittadini europei è una condizione da difendere e nutrire, è alquanto significativo. La letteratura non ha mai smesso di essere politica e quest’anno lo è forse in maniera preminente.
“Chi fa cultura, chi vive di cultura, chi cerca di lavorare con la cultura, sa che l’Europa può essere molto più solidale di come ci vogliono far credere sempre più politici, media e commentatori. L’Europa oggi ha tutto per poter accogliere i migranti in fuga da situazioni di guerra, dittatura, discriminazione, fame, povertà. Le responsabilità storiche di un continente che ha fondato la sua potenza e la sua ricchezza attuali sul colonialismo sono d’altronde sconfinate. È semmai il momento di allentare la presa sull’Africa, dove molti Paesi occidentali continuano ad avere interessi economici e politici a cui invece non vogliono rinunciare. Solo così, rendendo l’Africa un luogo più giusto e meno povero, in prospettiva si potranno avere flussi migratori equilibrati”.
Di nuovo il tormento: “Appena si esce dalla letteratura la realtà torna a mordere forte”
Le letteratura ci può quindi offrire una visuale diversa sulla realtà, ma aldilà del merito è difficile stabilire se il terreno della cultura trova spazio in quello della società, riuscendo ad avere un impatto effettivo sulle coscienze. È ciò che si chiede Giovanni Dozzini che torna ad affrontare il suo tormento, al contempo croce e delizia del suo processo creativo.
“Premiare ‘Baboucar’ e altri libri che propongono una visione incongrua rispetto alla rappresentazione allarmistica e securitaria che va per la maggiore avrà pure un significato politico importante, ma al cospetto di chi? In quanti, tra coloro che invece aderiscono alla narrazione para-razzista imperante, daranno anche la minima considerazione a questo premio, e più in generale alla letteratura, alla cultura? In pochi, dico io. E riecco il dilemma, riecco il tormento. Appena si esce dalla letteratura la realtà torna a mordere forte”.
Giulia Galdelli