Con l’attentato terroristico dello scorso novembre a Parigi, e dopo quello più recente avvenuto il 22 marzo di quest’anno a Bruxelles, nel quale persero la vita 32 persone, il Viminale ha deciso d’intensificare i controlli e le misure di sicurezza in tutta Italia, con un occhio di riguardo alle grandi città. E tra monumenti, ambasciate, musei, aeroporti e stazioni della metropolitana, zone ad alto rischio attentati, i nostri militari sono ovunque.
Spesso, però, si tratta di giovani militari che imbracciano un’arma più grande e pesante di loro.
Ragazzi, che fino a poco tempo fa frequentavano le scuole superiori, e che ora dovrebbero alleviare quel senso di terrore diffuso con il quale abbiamo imparato a convivere e per il quale, molto probabilmente, saranno i primi a morire in caso di attacco terroristico.
Perché diciamolo con franchezza: nessuno di noi si augura un attentato in Italia, ma il rischio resta alto, e ogni giorno è un buon giorno per rivivere nel nostro paese la follia omicida dell’Isis che ha sconvolto francesi, belgi, turchi, americani, siriani, iracheni e africani.
E se nonostante l’efficienza dei nostri servizi segreti qualche Foreign fighters riuscisse a colpire una stazione della metropolitana in Italia, un monumento oppure un aeroporto?
I primi a farne le spese saranno i nostri giovani militari, ai quali andranno medaglie d’oro e fiumi di encomi per aver servito la Patria e aver dato la propria vita alla lotta al terrorismo.
Questa è la cruda verità. Naturalmente da scongiurare. Ma se accadesse davvero e per qualche motivo non ci fosse una pattuglia di guardia nel luogo dell’attentato, quali sarebbero le nostre reazioni dopo aver smaltito il dolore e asciugato le lacrime?
Insorgeremmo chiedendo come mai non c’erano militari a vigilare sulla nostra sicurezza. Chiederemmo più controlli e ci sentiremmo più sicuri vedendo in mezzo a noi altri militari, poco più che ventenni, che hanno scelto di proteggere la nazione e sono pronti a immolarsi contro un cancro che massacra e uccide in nome di Allah.
Antonio Lorenzo Milo