Di Giovanna Mulas
Giovani italiani ed emigrazione all’estero: la nuova schiavitù riguarda i nostri figli, e la Laurea a poco serve. Con l’abbandono delle comunità rurali spasima anche la democrazia: le piccole realtà tendono a trasformarsi in signorie, considerato che in un paese di pochi abitanti per vincere le elezioni basta una famiglia numerosa, il sostegno del prelato locale e qualche nuova promessa di lavoro, poi mantenuta o meno. Si dissolvono i servizi basilari, le scuole chiudono e quanti non possono sostenere le quotidiane spese di viaggio per la località scolarizzata attigua sono costretti, anche non volendo, ad abbandonare gli studi una volta terminate le scuole dell’obbligo. L’ignoranza cresce, i mezzi di trasporto diminuiscono. Di fatto, numerosi paesi del meridione risultano, ad oggi, tristemente isolati ché non toccati da treni o autobus di linea. Ovviamente, le giovani generazioni sono costrette ad emigrare, fuggire dalla loro Patria, lontano da famiglia e amici. Attualmente anche e soprattutto all’estero, e qui subentra l’infinita speculazione su la manodopera straniera (sempre classiche per gli italiani e sottopagate, nonostante i titoli di studio, occupazioni come cameriere, lavapiatti). La routine non voluta schiaccia menti e corpi; nei giovani uomini uccide le illusioni, deprime il futuro, lo annebbia.
I matrimoni in Italia diminuiscono, cresce il numero dei futuri sposi costretti a vivere anche in età matura coi genitori quindi pesare sul loro bilancio.
Il primo figlio arriva in ritardo, oppure non arriva.
E’ questa, la nuova schiavitù.
Dati allarmanti: sono circa 2.000 i paesi italiani con meno di mille abitanti, a rischio ‘desertificazione’.
Una Penisola fondata su Arte e Cultura che l’hanno fatta grande, e continuano a farla, nel mondo; Nazione che potrebbe vivere degnamente -e far vivere attraverso politiche correttamente applicate- solo di turismo culturale.
«Cosa intende per nazione, signor ministro? Una massa di infelici? Piantiamo grano, ma non mangiamo pane bianco. Coltiviamo la vite, ma non beviamo il vino. Alleviamo animali, ma non mangiamo carne. Ciò nonostante voi ci consigliate di non abbandonare la nostra patria. Ma è una patria la terra dove non si riesce a vivere del proprio lavoro?». E’ la risposta ad un ministro di un emigrante italiano del XIX secolo, uno dei 29 milioni di italiani che hanno deciso di andar via negli ultimi due secoli superando il numero degli italiani censiti all’indomani dell’Unità d’Italia.
Oggi l’Italia è Penisola al collasso dove quello che rappresentava fino a qualche decennio fa il ‘ceto medio’, gonfia le fila dei nuovi poveri; Italia che, per la corruzione che la contraddistingue scarnificandola e stratificandola (lo ‘strato’ più umile, l’esposto, è rappresentato dalla manodopera del potere politico mafioso, strato più alto e protetto), affonda nel suo bel mare, “…Libera il mondo”.