Giornata mondiale per l’endometriosi: Michela Masat racconta il suo doloroso calvario

Giornata mondiale per l'endometriosi: Michela Masat racconta il suo doloroso calvario

L’esistenza di giornate internazionali segna il dovere di sensibilizzare temi fondamentali quanto trascurati rispetto alla relativa portata. Il 26 Marzo è, quest’anno, la giornata mondiale per l’endometriosi e simbolizza una protesta viva, colma d’istanze e rivendicazioni

L’esigenza di istituire una giornata mondiale per l’endometriosi deriva dal tempo perso in diffusi scetticismi su questa cronica patologia, la quale, nel frattempo ha colpito e progressivamente invalidato tantissime donne. Lasciate sole a diffidare persino di sé stesse si sono fatte portatrici di sintomi ed effetti concretamente dolorosi, a tratti realmente insostenibili: bassa qualità di vita, continuo stato infiammatorio, sanguinamenti interni, in alcuni casi infertilità.

L’ anomalia è relativa a cellule della cavità uterina, quando sintomatica si manifesta prevalentemente con forti dolori pelvici sia durante il periodo mestruale che nei rapporti sessuali. Sottovalutarne capacità degenerative e possibili conseguenze debilitanti ha significato non solo trascurare la salute delle donne, ma ridicolizzarle, amplificandone così malessere fisico e psichico.

Nella giornata mondiale per l’endometriosi, diffondere informazioni dettagliate e testimonianze attinenti è un contributo essenziale. Michela Masat ha 36 anni ed è una donna affetta da endometriosi da circa 10 anni, invalida all’85%. Oggi pone coraggiosamente a disposizione la propria storia perché non si commettano ancora errori pesanti quanto evitabili

Michela convive con danni permanenti ad organi vitali ed ha altre patologie correlate: adenomiosi, vulvodinia, fibromialgia, sacroileite, depressione maggiore, neuropatia bilaterale del pudendo, vescica ed intestino neurologici.

Ho iniziato a stare male a 13 anni con le prime mestruazioni e con il passare del tempo il dolore è diventato costante, presente 24 ore su 24

Michela Masat

La sua sofferenza le ha impedito di condividere momenti di crescita e svago con le proprie amiche, il loro divertimento contrastava fortemente con il suo dover obbligatoriamente rimanere in casa “imbottita di antidolorifici”.

Diagnosi errate, consigli banali quanto inappropriati ( “utilizza assorbenti in cotone, si tratta sicuramente di allergia!”), ridicolizzazione dei suoi sintomi, accuse di possedere un’immaginazione sin troppo articolata, questi sono solo alcuni dei fattori ad aver circoscritto innumerevoli anni della sua vita ad una anormalità sofferta.

Michela però non si è mai arresa al male fisico

Ha piuttosto deciso di affrontare diffidenze a lei confinanti rifiutando convintamente di appropriarsi del ritratto distorto altrui: non era la ragazza pigra o svogliata dipinta superficialmente dai professori. 

A 15 anni sono stata operata d’ urgenza d’appendicite perché per i medici quello era il mio problema

In seguito all’intervento le sono giunte rassicurazioni e promesse di una pronta guarigione, mai realizzatasi considerate le incongruenze.

A 17 anni un medico mi disse di non comportarmi da bambina, di essere donna

Intervenne spesso la madre a puntualizzare l’eccezionalità della sua situazione: non si trattava di un mal di pancia qualsiasi o di un ciclo mestruale più doloroso del normale. Scavare a fondo per trovare risposte tempestive avrebbe potuto essere salvifico.

A novembre 2011 ad una visita incontrai due medici, avevo fatto una ricerca ed in base ai sintomi i risultati suggerivano “endometriosi”, chiesi allora se si potesse trattare di tale malattia, uno di loro mi rispose affermativamente ma con una precisazione: se si fosse realmente trattato di ciò il primario l’avrebbe certamente diagnosticata in precedenza. A fine gennaio 2012 tornai in ospedale, con il primario in pensione, lo stesso medico reticente mi diagnosticò proprio l’endometriosi…

Michela quali sono i principali sintomi dell’endometriosi? A suo parere quanto è fondamentale una diagnosi immediata e perché?

I principali sintomi dell’endometriosi sono dolore pelvico, mestruazioni dolorose spesso debilitanti, ciclo mestruale abbondante, dolore o sanguinamento durante l’ ovulazione ed anche durante i rapporti sessuali, stanchezza cronica, dolore durante la defecazione e/o minzione, stipsi o incontinenza fecale, incontinenza urinaria, dolore lombare ed inoltre infertilità. Una diagnosi tempestiva è fondamentale affinché l’endometriosi non possa provocare danni importanti a carico di organi vitali.

Dovrebbe essere imprescindibile evitare il peggioramento della qualità di vita.

Molte giovani donne ritengono che alcuni dei dolori da lei indicati siano “normali” ma ad oggi affermiamo fermamente l’erroneità di tali convinzioni, perciò, quale percorso consiglia alle donne che percepiscono i primi sintomi?

È necessario rivolgersi a centri specializzati dove è possibile trovare un’equipe multidisciplinare: proprio per le sue caratteristiche, l’endometriosi richiede infatti una collaborazione tra varie professionalità che oltre alla capacità intuitiva fondamentale per il suo riconoscimento siano anche esperte nel suo trattamento. Quindi il ginecologo è la figura più importante ma la compresenza di altri professionisti ( come il gastroenterologo, urologo, neurologo, psicologo, terapista del dolore…) è necessaria. Molte persone ritengono sia sufficiente delimitare il tutto ad ovaie o utero e connessi dolori mestruali ma non possiamo permettere riduzioni di questo genere. È molto di più. Questo tessuto anomalo rischia di compromette intestino, vescica, ureteri, nervi, diaframma, polmoni… La lista è molto più lunga di quanto le sembianze vogliano celare.

Marzo è il mese della consapevolezza, il 26 è la giornata mondiale per l’endometriosi, perciò cosa può essere fatto per sensibilizzare la questione? 

Per tutto l’anno si cerca di sensibilizzare la società su questo tema delicato. Non possiamo perdere la tracce di questo lavoro essenziale e non possiamo limitarci alla sola giornata mondiale per l’endometriosi. Le associazioni sono sempre presenti con i loro progetti come i convegni, webinar, banchetti informativi, serate informative. Fondamentale è l’attività che svolgono nelle scuole superiori durante tutto l’anno per permettere alle giovani studentesse di dare un nome a quello che provano ed evitare loro il nostro calvario. Ovviamente, a marzo le iniziative si intensificano. I social si colorano di giallo. Ci sono associazioni che richiedono ai comuni di aderire alla loro campagne di sensibilizzazione. Ad esempio si illuminano edifici o viene richiesto ai commercianti di appendere nei rispettivi negozi locandine. Si tenta di coinvolgere il più possibile le istituzioni ed è questo il giusto indirizzo.

Alcuni passi sono stati compiuti ma è necessario muoversi più velocemente per ottenere risultati efficienti, è possibile accelerare a suo parere?

Dei passi sono stati fatti ma ci sono voluti anni di lotte. Parlo dei Lea: 3° e 4° stadio, i più gravi, sono stati inseriti nelle malattie croniche dando diritto all’esenzione 063 che comprende visita ginecologica di controllo, ecografia transvaginale, ecografia transrettale, ecografia addome e clisma opaco. Tutti ogni 6 mesi. Non sono inclusi i farmaci. L’ obiettivo ad oggi è ottenere l’inserimento di questi ultimi e più visite ed esami anche per 1° e 2° stadio. Tutte le donne affette hanno diritto di usufruire dell’esenzione, indipendentemente dallo stadio (il dolore è connesso all’estensione della malattia non allo stadio).

Stiamo tutte male

Inoltre rilevante è il riconoscimento dell’endometriosi come malattia invalidante. Non è colpa di chi ne soffre se non si ottengono risultati efficienti rapidamente. Tutti, istituzioni comprese, dovrebbero secondo me cambiare sguardo, sostenerci sempre e non solo durante il mese di consapevolezza. Questa malattia, come tante altre invisibili, c’è ed agisce senza sosta, 365 giorni l’ anno.

Sono state molte le persone al suo fianco ad aver avuto un approccio esitante in relazione al suo malessere? Questo infondato scetticismo da cosa deriva? 

Sono stata fortunata ad avere al mio fianco due genitori splendidi che non hanno mai avuto dubbi sul mio dolore. Purtroppo però fuori del contesto familiare ho trovato molte persone esitanti. Hanno sempre sottovalutato ciò che provavo, mi hanno banalizzata e derisa. Ho perso tanti amici solo perché stanchi di ascoltare le mie lamentele e di miei rifiuti alle uscite. Ciò successe sia prima che dopo la diagnosi, nonostante i 7 interventi che ho subito. Ad oggi, mi sono rimasti pochi amici, tra cui 3 dall’adolescenza, gli unici che non mi hanno mai lasciata sola, al mio fianco da sempre. Purtroppo, questo scetticismo è radicatissimo e deriva dal fatto che l’endometriosi è una malattia invisibile: chi non la vede non ne comprende gli effetti, non vuole farlo.

Bisogna però capire che non è necessaria una ferita evidente perché il dolore sia autentico.

Giorgia Zazzeroni

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