Meno di trent’anni fa, nel 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità rimuoveva l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale e la definiva come una variante naturale del comportamento umano. Nel 2004 l’Unione Europea sceglieva questa data, il 17 maggio, come giornata internazionale contro l’omotransfobia per promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione sul tema. Ma c’è ancora bisogno, nel 2018, di promozione e sensibilizzazione in tema di omotransfobia? Purtroppo, sì.
Dove l’omosessualità costituisce reato
Giamaica, Malesia, Indonesia, Ghana, Senegal, Gambia, Egitto, Marocco, Uganda, Tunisia, Tanzania, Indonesia, Uzbekistan. Sono solo alcuni dei Paesi in cui l’omosessualità è considerata reato. In tutto sono ben settantadue. Undici di essi prevedono addirittura la pena di morte: Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan e Yemen, Brunei Darussalam, Nigeria, Somalia, Afghanistan, Pakistan e Qatar. Tuttavia, per fortuna, esecuzioni recenti si sono registrate solo in Iran e Arabia Saudita. In Tanzania sono previsti fino a trent’anni di carcere. Nella provincia Aceh, in Indonesia, le relazioni omosessuali tra adulti consenzienti sono punite con la pubblica fustigazione. In molte parti del mondo, quindi, si può essere arrestati, incriminati, incarcerati e, in alcuni casi, giustiziati solo per il proprio orientamento sessuale.
Altre forme di repressione
In altri stati l’omosessualità non è considerata reato, tuttavia è fortemente stigmatizzata. A El Salvador e in Brasile, per esempio, le persone omosessuali e transgender sono vittime di numerosi gravi attacchi, che spesso si traducono in omicidi che rimangono per lo più impuniti. In Corea del Sud il codice penale militare vieta i rapporti tra soldati dello stesso sesso e spesso l’esercito costruisce delle vere e proprie trappole su siti per appuntamenti e chat finalizzate a identificare i soldati gay. Ad Haiti il Senato ha votato l’emissione di certificazioni attestanti la buona morale dei cittadini, che esclude i presunti omosessuali. Ben sei Paesi europei vietano espressamente il matrimonio tra persone dello stesso sesso: Bulgaria, Slovacchia, Polonia, Lettonia, Lituania e Romania.
La situazione in Italia
In Italia sono ancora numerosi gli episodi di bullismo, discriminazione e aggressione mossi da omotransfobia. Tuttavia la politica non recepisce questo come un problema e non intende agire a livello legislativo per mettere questi crimini sullo stesso piano degli altri crimini d’odio. Anzi, per alcuni una legge di questo tipo costituirebbe una limitazione della propria libertà di espressione. Allo stesso modo, dalle stesse fonti arriva la richiesta di non introdurre nelle scuole programmi di sensibilizzazione contro l’omotransfobia in quanto ritenuti lesivi della libertà educativa dei genitori. Certi partiti hanno nel proprio programma la volontà a non riconoscere ulteriori diritti agli omosessuali e cancellare o ridimensionare quelli già riconosciuti. E questo è tutto dire, considerando che il nostro Paese non è nemmeno a metà nella classifica degli stati europei gay friendly stilata da Ilga Europe. Su un totale di 49, si trova infatti al 32simo posto.
https://www.facebook.com/Arcigay/videos/1676352775733911/
Il tema di quest’anno
Insomma, il cammino dei diritti e dell’uguaglianza è ancora lungo, per questo la giornata di oggi è così importante. Il tema scelto quest’anno da Arcigay è l’omotransfobia in famiglia, perché “Se è omofobia non è famiglia”. Secondo Arcigay, infatti, se una famiglia non è in grado di fornire ai figli il sostegno, la comprensione e l’amore di cui hanno bisogno non può dirsi tale. Questo succede molto più spesso di quanto vorremmo credere: ragazzi che annunciano ai genitori la propria omosessualità e che, da quel momento, cessano di esistere come figli. Diventano un peso, una vergogna, un problema. Mentre l’unico problema evidente in una tale situazione è l’ignoranza dei genitori e delle persone intorno a loro che appoggiano o incoraggiano simili posizioni. Ignoranza che si può superare solo attraverso incisive campagne di sensibilizzazione ed educazione al rispetto.
Michela Alfano