La Giornata Mondiale del Velo Islamico e il dibattito in Europa

Giornata Mondiale del Velo Islamico e Nazma Khan

La Giornata Mondiale del Velo Islamico, anche chiamata World Hijab Day”, è stata istituita nel 2013 quando Nazma Khan decise di lanciare la ricorrenza.

Chi è Nazma Khan e perché è nata la Giornata Mondiale del Velo islamico?

È una giovane americana ad istituire la Giornata Mondiale del Velo Islamico, al fine di sensibilizzare le persone sulla questione. Nazma Khan, nata in Bangladesh ed emigrata a New York a undici anni, ha l’obiettivo di dimostrare che indossare il velo è una libera scelta.

Nazma Khan invita tutte le donne, musulmane e non, ad indossarlo per l’intera giornata del 1° febbraio affinché si possa combattere contro la discriminazione ancora presente nella società attuale, in merito a tale simbolo.

Ad incrementare le tensioni sociali contribuiscono i media tradizionali che praticano allusioni al terrorismo, all’arretratezza culturale delle società islamiche e alla violenza, collegando questi fenomeni alla sola scelta di indossare il velo.

Il dibattito in Italia e in Europa sul velo islamico: scelta o costrizione?

Quando si parla di Islam, una delle narrazioni più stereotipate, disinformate e di parte riguardano le donne: velo e sottomissione sono i temi più ricorrenti.

L’hijab è divenuto nel tempo una forma di segregazione delle donne musulmane e di controllo politico sulla società; ne sono testimonianza i recenti casi di cronaca: Masha Amini e Saman Abbas, la prima picchiata e uccisa in Iran per aver indossato in maniera impropria il velo islamico, la seconda, uccisa brutalmente per aver rifiutato un matrimonio combinato e i dettami di una cultura patriarcale.

Contesti familiari, spesso, in cui la povertà sociale accompagnata ad un modello patriarcale, che nulla ha a che vedere con l’Islam, influenzano le scelte di ogni componente della famiglia, soprattutto delle donne.

Tuttavia, è errato pensare che questi fenomeni, caratterizzati da violenza, siano sempre causa di una mancata istruzione ed è ancor più errato sostenere che ci siano regole e fondamenti, riguardanti il velo o la segregazione delle donne, all’interno del Corano.

È falso pensare alle donne musulmane soltanto come martiri di culture patriarcali; la questione del velo islamico non può essere ricondotta a visioni semplicistiche, come spesso accade in contesti occidentali.



La Giornata Mondiale del Velo Islamico e i motivi alla base della scelta di indossarlo

Anna Vanzan, iranista, islamologa, scrittrice e docente in tutta la sua vita si è battuta per divulgare la verità sull’Islam:

«Velo non vuol dire sono succube dell’uomo o del Regime, ci sono posizioni ben diverse e definite. È presente una forte resistenza nelle donne che ogni giorno combattono per inventarsi qualcosa di nuovo, non solo per non scomparire, perché le donne iraniane sono evidentissime nelle città iraniane. Molta gente che va in Iran mi dice: ma le donne sono tutte fuori, le donne guidano, la gente si meraviglia perché pensano di trovare tutt’altro. E, invece, non è così. Che abbiano un miliardo di difficoltà questo è un altro dato innegabile, ma ci sono e continuano a combattere per esserci».

Accanto a chi indossa il velo per imposizione vi è chi lo indossa per scelta e reale devozione; mostrare al mondo la propria appartenenza all’Islam e poterlo togliere in qualsiasi momento fa sì che questo simbolo acquisisca un valore ancor più importante.

Per le donne, migrate in Occidente, il velo diventa uno strumento di rivendicazione della propria identità e di difesa. Abitanti di società che spesso le vorrebbero assimilate al resto della popolazione e quindi, in un certo senso, “invisibili” nella loro alterità. Esse ricorrono al velo proprio per acquisire, paradossalmente, la visibilità che si cerca di negar loro. In tal modo, la Giornata Mondiale del Velo Islamico assume un significato di rivendicazione nei confronti di un’uguaglianza di diritti.

Tuttavia, indossare il velo islamico può significare per la donna, anche, la volontà di coprire e scoprire il proprio corpo, a suo piacimento e proteggere la propria femminilità dagli sguardi e dal desiderio degli uomini; in questo modo resta sua la scelta di relazionarsi o meno, e come, con chi ha difronte.

Oggi, rispetto al passato, sono marginali i casi in cui si ha dinanzi una donna come quella di un tempo, esclusa e oppressa. Si assiste alla presenza di donne giovani che hanno una vita e obiettivi differenti dalle loro madri che, spesso, non hanno avuto la possibilità di migliorare la loro condizione sociale, segregate in contesti domestici, perché nate per ambire a quelle mansioni.

Durante la Giornata Mondiale del Velo Islamico bisogna sottolineare la realtà a due facce presentata fin qui: da una parte ci sono le donne che scelgono di indossare il velo come decisione autonoma e lo considerano una liberazione, dall’altra ci sono coloro che sono costrette ad indossarlo, e dunque lo percepiscono come un’oppressione.

La controversia presente in Europa ha però coinvolto entrambe le categorie, ed è qui il problema. In questo modo la categoria che sceglie è fortemente colpita perché vede nelle leggi e negli attacchi un ostacolo e un insulto alla propria libertà, oltre che al diritto di scegliere per la propria vita.

In una vasta parte dell’Europa la Giornata Mondiale del Velo Islamico non è vista di buon occhio; il velo è considerato un’imposizione o un segno di sottomissione della donna verso l’uomo. Tale pensiero, nasce dal fatto che la donna Occidentale si pensa sia calata in un mondo in cui non sono presenti obblighi e in una società improntata sul principio della parità dei diritti, almeno sulla carta.

Ma come si può pensare di generalizzare un tema così importante? Ancora una volta si è dinanzi ad un racconto stereotipato e simbolico di un contesto ampio e differenziato. Perché no, non si sta negando che casi negativi e di violenza non siano accaduti o che non accadano ancora oggi, ma è errata la considerazione secondo la quale ci sia una norma da rispettare per tutte le donne musulmane e che scegliere per la loro vita significa morire.

Lucrezia Ciotti

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