La Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia (IDAHOBIT) è stata istituita nel 2004 per sensibilizzare e richiamare l’attenzione di politici, cittadini, opinion leader e movimenti sociali sulla violenza e sulle discriminazioni subite da persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ in tutto il mondo.
Il 17 maggio rappresenta una data importante ed è stata scelta per ricordare la decisione adottata nel 1990 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle psicopatologie. Da quel momento in poi, la Giornata internazionale contro l’omofobia ha ricevuto riconoscimenti ufficiali da diversi Stati e Istituzioni che si impegnano a rispettare, proteggere e realizzare, anno dopo anno, un equo esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte di lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Ad oggi, la Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia è celebrata in più di 130 Paesi, mentre sono 70 quelli in cui le relazioni consensuali fra persone dello stesso sesso sono ancora illegali. Va ricordato, infatti, che nel mondo, più di 2 miliardi di persone vivono in paesi in cui l’omosessualità è ancora illegale e nei casi più gravi si è passibili di pena capitale.
Con la famosa “Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa”, a partire dal 2007 anche l’Unione Europea ha riconosciuto questa Giornata sul territorio di tutti gli Stati Membri. Come riportato all’art.8, infatti, si “ribadisce l’invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione Europea senza discriminazioni”.
Tuttavia, se negli ultimi 10 anni sono stati riscontrati dei segni di progresso a livello globale, continuano a esistere casi di discriminazione ed esclusione a causa dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, e stiamo attualmente assistendo a un preoccupante arretramento per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA+, come riporta lo stesso Consiglio Europeo.
“L’uguaglianza, il rispetto della dignità e il rispetto della diversità sono valori centrali dell’Unione Europea. Ciascuno dovrebbe liberamente poter essere sé stesso e amare chi ha scelto senza paura”, si legge nel comunicato stampa. Purtroppo, non sempre le parole combaciano con la realtà. Come ha dichiarato anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, se per molte persone LGBTQIA+ in Europa la vita è diventata più facile e la società più tollerante, molte di loro devono ancora far fronte a molti ostacoli.
La vita delle persone LGBT+ nell’Italia Di Giorgia Meloni
In Italia, come riportato nel Report annuale sui diritti umani di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali in Europa e in Asia Centrale 2023, pubblicato da ILGA-EUROPE, un’organizzazione non governativa internazionale e indipendente, il discorso d’odio nei confronti delle comunità LGBTQIA+ continua ad essere comunemente usato dai politici del governo Meloni, soprattutto dopo le elezioni di settembre.
Un esempio lampante viene fornito dalle dichiarazioni di Federico Mollicone, Fratelli d’Italia, il quale, in qualità di componente della commissione di Vigilanza Rai, chiese di eliminare un episodio di “Peppa Pig” in cui si raccontava di una famiglia arcobaleno con due mamme affermando che “le coppie omosessuali in Italia non sono legali, non sono ammesse” e che “presentarle come un fatto normale è sbagliato, perché non lo è”. Lo stesso vale per Lucio Malan, capogruppo di FdI al Senato, che nel novembre scorso si era dichiarato contro i matrimoni gay perché “nella Bibbia c’è scritto che l’omosessualità è un abominio”.
Dopo l’affossamento della legge Zan nel 2021, che avrebbe offerto protezione legislativa contro i crimini d’odio nei confronti delle comunità LGBTQIA+, i discorsi d’odio non si sono placati, anzi. Come riportato nel bollettino quotidiano degli episodi di violenza omofobica e transfobica in Italia, realizzato all’interno del progetto “Cronache di ordinaria omofobia”, il numero delle vittime sembra aumentare, ma aumentano anche le denunce. A febbraio, una coppia di donne già vittime di omofobia, sono state aggredite sotto casa da sconosciuti che si fingevano dei corrieri. Delle scritte omofobe sono apparse in vari luoghi contro Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli. A Roma, tre giovani sono stati arrestati per aver organizzato violenze e rapine contro almeno 11 ragazzi gay utilizzando una chat di incontri per persone LGBTQIA+. La preside del liceo Marco Polo è stata intimidita e minacciata di denuncia dal partito FdI, per aver permesso la carriera alias agli studenti trans.
Emerge dunque chiaramente l’immagine di un Paese in cui la discriminazione, l’odio e la violenza possono contare sulla legittimazione esplicita della maggioranza del governo in carica. Soprattutto Giorgia Meloni, attuale Presidente del Consiglio, è nota per le sue opinioni anti-LGBT. Dall’utilizzo di frasi come “lobby LGBT” e “ideologia gender” che vorrebbero distruggere l’identità, la centralità della persona e le conquiste della nostra civiltà, alle sue posizioni di contrasto al riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali.
Il Governo più anti-LGBT+ di sempre
Ma nel governo più anti-LGBT+ di sempre troviamo anche Matteo Salvini, Roberto Calderoli, Alessandra Locatelli e Carlo Nordio, quest’ultimo non solo da sempre contrario a matrimoni egualitari e adozioni da parte di coppie dello stesso sesso, ma anche un fermo sostenitore di una equiparazione tra omosessualità e pedofilia. A far più paura al mondo LGBTQIA+ però, sono sicuramente i Ministri Valditara (Istruzione e Merito) e Roccella (Famiglia, Natalità e Pari Opportunità).
Proprio la Ministra Roccella sembrerebbe essere travolta da una avversione ossessiva nei confronti delle persone LGBTQIA+ e delle loro battaglie. Già portavoce del primo Family Day nel 2007, più volte si è opposta ai vari ddl di prevenzione e contrasto all’omobilesbotransfobia (prima quello Scalfarotto e poi Zan). Non sorprende allora che abbia più volte minimizzato, se non negato, una vera emergenza omofobia in Italia, riducendola a semplice ideologia. L’ultimo oggetto delle sue campagne di contrasto è la Strategia Nazionale Lgbt+ 2022-2025, un piano strategico per garantire e ampliare i diritti della comunità presentato dalla sua predecessora Elena Bonetti. Il piano, varato dal precedente governo Draghi, prevede una serie di azioni vincolanti, in accordo con la Strategia europea per l’uguaglianza delle persone LGBTQIA+, che permetterebbe di contrastare, almeno sul piano legislativo, possibili derive estremiste dell’esecutivo del centrodestra. Per Roccella, quello del governo uscente, è stata “una trovata pubblicitaria”.
Le famiglie arcobaleno: il vero incubo della destra anti-LGBT+
Le posizioni anti-LGBT+ del nuovo governo Meloni non hanno risparmiato neanche i figli delle famiglie arcobaleno. Già vittime di un enorme vuoto legislativo e dell’immobilismo delle precedenti legislature, oggi si trovano a dover fronteggiare l’accanimento che la destra ha nei loro confronti.
A marzo, il comune di Milano ha annunciato il blocco della trascrizione all’anagrafe dei figli delle coppie omogenitoriali. Una decisione, ha precisato il sindaco Beppe Sala, presa non per sua volontà. Lo stop è infatti arrivato con una lettera della Prefettura inviata a Palazzo Marino per iniziativa del Ministero dell’Interno, motivando tale decisione facendo riferimento alla legge 40 del 2004, relativa alla procreazione medicalmente assistita, consentita in Italia solo a coppie eterosessuali. Si tratta di una legge che vieta, di fatto, anche la maternità surrogata.
Un provvedimento, quello voluto dal Ministro Piantedosi e dal presidente Meloni, che non è passato inosservato in Europa. Il Parlamento Europeo ha infatti approvato l’emendamento di Renew Europe che condanna “le istruzioni impartite dal governo italiano al comune di Milano di non registrare più i figli di coppie omogenitoriali”. Inoltre, si “ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso, ma anche e soprattutto dei loro figli; ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza del 1989; esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscrive in un più ampio attacco contro la comunità LGBTQIA+ in Italia”. Infine, si “invita il governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione”. Una vera “umiliazione” per uno Stato fondatore, ha commentato il deputato dem Alessandro Zan.
Sempre a marzo, la Commissione Politiche europee al Senato ha bocciato la proposta di regolamento UE sul riconoscimento dei figli di coppie omogenitoriali, in vista di un certificato europeo di filiazione che consentirebbe alle famiglie, una volta rilasciato l’atto di nascita nello Stato di appartenenza, di esibirlo e farne uso in altri stati, uniformando indirettamente le legislazioni comunitarie e promuovendo un mutuo riconoscimento.
Il pugno duro del governo però non si ferma neanche davanti le raccomandazioni dell’UE, e arriva fino a costituirsi in tribunale a Milano, attraverso l’Avvocatura di Stato, per chiedere la cancellazione delle famiglie arcobaleno registrate dal sindaco Sala. Non solo, ad aprile la procura di Padova ha chiesto al Comune di trasmettere tutti gli atti di nascita che certificano l’iscrizione all’anagrafe di figli di coppie omogenitoriali. 33 bambini, registrati negli ultimi 6 anni, vedranno il proprio certificato di nascita trasmesso al tribunale, il quale potrebbe valutare la rettifica degli atti e quindi cancellare il nome di uno dei due genitori.
La storia delle famiglie arcobaleno e il vuoto legislativo in cui navigano sono il frutto di pregiudizi e paure politiche riscontrabili sia a destra che a sinistra. In Italia infatti una coppia lgbtqia+ non ha accesso al matrimonio egualitario, all’adozione o alla procreazione assistita. E anche nel caso in cui una famiglia riesca ad avere un figlio, lo status di famiglia non è istituzionalmente riconosciuto.
Quali prospettive per il futuro delle comunità LGBT+?
Secondo la Rainbow Europe Map 2023, realizzata da ILGA-EUROPE, l’Italia si posiziona al 34° posto su 49 Paesi per uguaglianza e tutela delle persone LGBTQIA+, tra la Repubblica Ceca e la Georgia. Al fine di migliorare la situazione legale e politica delle persone LGBTQIA+ in Italia, ILGA-EUROPE raccomanda la realizzazione di una legge contro l’omobilesbotransfobia, l’adozione del matrimonio egualitario che consenta il riconoscimento del cogenitore e infine proibire gli interventi medici sui minori intersessuali quando l’intervento non ha necessità mediche.
Con altri 4 anni di governo Meloni, è lecito chiedersi quale sarà il futuro delle comunità LGBTQIA+. Le prospettive al momento non sono rosee e di certo non ci si aspetta di raggiungere neanche uno dei punti sopraelencati. Dunque, mentre gli episodi di omobilesbotransfobia denunciati nel periodo che va da aprile 2022 a marzo 2023 comprendono 115 episodi che hanno colpito 162 vittime, il governo ancora attinge al linguaggio della violenza e dell’istigazione, si affida ai negazionisti di Pro-Vita, parla di sostituzione etnica e si impegna a rendere difficile la vita delle famiglie arcobaleno.
Ma questo atteggiamento nuoce allo stesso governo, basta guardare alle relazioni con l’Europa. Come riportato da L’Espresso, la narrazione anti-lgbt adottata dal governo ha limitato le possibilità di dialogare in futuro e consolidare la collaborazione tra il Partito Popolare Europeo e i Conservatori meloniani dell’ECR, finché non assuma delle chiare posizioni filoeuropeiste e garantisca il rispetto, in Italia, dello Stato di Diritto.
Aurora Compagnone