Oggi, 17 aprile, è la Giornata dei prigionieri palestinesi, istituita nel 1974 e che ha come obiettivo la volontà di sottolineare le condizioni di vita, le lesioni di diritti umani e le vessazioni che ogni giorno i detenuti palestinesi subiscono dallo Stato sionista di Israele.
La giornata dei prigionieri palestinesi è un momento di lotta, che collega il popolo palestinese a tutti gli altri popoli solidali: un esempio sono infatti le mobilitazioni che, in queste ore, tante città d’Italia hanno organizzato per esprimere vicinanza tanto alla sofferenza quanto alla resistenza del popolo palestinese.
La Giornata dei prigionieri palestinesi: i dati agghiaccianti dell’ apartheid sionista
L’importanza della giornata dei prigionieri palestinesi in Italia come in tutto il mondo è un’occasione di lottare contro le evidenti lesioni dei diritti umani che le carceri israeliane compiono nei confronti del popolo palestinese. Secondo alcuni dati raccolti dalle organizzazioni non governative palestinesi, successivamente pubblicate dai media panarabi come Al Jazeera, ad oggi si contano più di 9.500 prigionieri politici detenuti nelle carceri israeliane; inoltre, più di 3.500 sono i detenuti amministrativi – coloro che vengono incarcerai senza un’accusa o un giusto processo e 500 persone che attualmente devono scontare l’ergastolo.
In totale, si contano poco più di 13.000 detenuti palestinesi dal solo 7 ottobre: le cifre si sono infatti triplicate, in seguito ad arbitrari e totalmente ingiusti arresti dopo l’attacco di Hamas. Secondo il rapporto di Addameer del 2017, negli ultimi 50 anni ci sono stati più di 80.0000 arresti nei confronti dei palestinesi e che almeno il 40% degli abitanti siano stati, una volta nella vita, privati della loro libertà.
La giornata dei detenuti palestinesi è stata istituita nel 1974, quando già era presente il sistema di colonialismo e apartheid dello Stato di Israele. La scelta di questo giorno è avvenuta in ricordo a Mahmoud Bakr Hijazi, detenuto palestinese che Israele rilasciò a seguito di accordi. Come ogni anno, anche questo la giornata sarà un’occasione in più per lottare e chiedere le fine delle detenzioni amministrative, la fine della reclusione in isolamento, l’appello ai diritti umani e la denuncia al sistema carcerario stesso.
La solidarietà dell’Italia nella resistenza palestinese
Uno dei più importanti presidi in Italia, organizzato per la giornata dei detenuti palestinesi, è a Roma, davanti al carcere di Regina Coeli. Le realtà dal basso solidali con la liberazione dei territori occupati in Palestina vogliono portare nelle piazze un filo rosso, un punto d’incontro, tra le detenzioni nella Palestina occupata e in Italia.
Nel Belpaese infatti, ci sono molti detenuti palestinesi, che vivono in condizioni disumane. Si fa riferimento infatti al recente caso di Anan Yaeesh, un palestinese detenuto nel carcere di Terni su cui pende la richiesta di Israele di estradizione. La Corte d’Appello dell’Aquila, lo scorso marzo, ha negato l’estradizione in quanto un procedimento giudiziario che porterebbe a “trattamenti crudeli, disumani e degradanti”.
Rimane comunque tangibile la persecuzione che lo Stato di Israele compie nei confronti del popolo palestinese, cercando di imporre il suo piano di genocidio anche al di fuori della stessa occupazione. Il carcere è infatti usato come primo strumento di repressione e punizione: interrogatori, torture, percosse sono tutti gli strumenti che il sistema di apartheid opera sui corpi dei palestinesi. Nelle terre occupate, l’IDF organizza blitz nei campi profughi in cui, ogni arresto precede una tortura o, in molti altri casi, gli omicidi.
La giornata dei prigionieri palestinesi per ricordare una società che si nutre di carcere
La giornata dei prigionieri palestinesi insegna anche come nel mondo Occidentale il carcere sia una delle priorità nell’agenda politica dei governi. Ogni stato liberal-democratico occidentale vive del carcere e, nonostante si narri del carcere come strumento educativo e riabilitativo, quello che ogni volta rimane sono omicidi, suicidi, torture e abusi delle divise.
La Palestina, ancora una volta, insegna perfettamente quanto il carcere sia parte integrante di un sistema punitivo e di annientamento: il primo e grande tassello verso la pulizia etnica. Ogni prigioniero è politico, quindi incarcerato per situazioni legate ad un credo politico e non ad un’azione legale; nella Palestina occupata infatti, è sempre stata consuetudine essere incarcerati in seguito a critiche nei confronti dell’apartheid.
Ancora da prima del 7 ottobre, ogni anno la giornata dei prigionieri palestinesi si è proposta di sollevare aspre critiche non soltanto alla ratio primaria del carcere – quindi il suo fondamento oppressivo e omicida – ma anche ai più particolari funzionamenti. I trattamenti duri nei confronti dei detenuti palestinesi sono illegali in quanto hanno sempre violato le leggi internazionali e in particolare la IV Convenzione di Ginevra, firmata anche da Israele.
Nel nome dei diritti umani quindi, il popolo palestinese si è sempre appellato anche ad una garanzia di sicurezza nelle carceri israeliane. In particolare, la fine di abusi sessuali, ispezioni personali e attacchi fisici e psicologici mirati, un’assistenza medica sufficiente e più garantita, la possibilità delle visite dei familiari. Queste sono, ormai da tanti anni, le richieste dei detenuti e delle loro famiglie ma che ovviamente non sono state mai ascoltate.
Contro la complicità al genocidio in Palestina
Le lotte che gran parte del mondo sta portando avanti contro il genocidio in Palestina sono tutte intrecciate tra di loro: manifestazioni, boicottaggi, presidi, lotte nelle carceri. Sono tutte azioni che mostrano solidarietà, sopratutto nella giornata dei prigionieri palestinesi: con tutti i mezzi e i corpi necessari, l’obiettivo è quello di creare una rete sempre più fitta per porre fine ad ogni complicità con il totalitarismo sionista d’Israele.
Lucrezia Agliani